Sul congresso della Cgil nessun operaio, nessun lavoratore, se non la ricca e numerosa corte di aristocrazia operaia e burocrazia che gestisce questo sindacato, aveva alcuna fiducia che sarebbe servito a qualcosa, a rilanciare la lotta dei lavoratori per il salario, il lavoro, migliori condizioni di lavoro e sicurezza sui posti di lavoro, per porre un freno sul fronte sanità, scuola, casa ad una situazione sempre più intollerabile - e Landini in tutto questo periodo che ha preceduto il congresso lo aveva di fatto confermato: strilli acuti e pratica meschina, nessuna vertenza portata a casa, contratti al ribasso e trattative a Roma sempre più simili a raduni per prendersi il caffè e “triturare le palle” con dichiarazioni postume, che ogni lavoratore ha imparato a considerare “aria fritta”.
Quindi, i lavoratori non si aspettavano niente da questo congresso; come si dice in questi casi: “statevi fermi che fate meno danni”.
Ma questo congresso e la sua corte dei miracoli di funzionari e delegati prescelti, sotto la guida di un imbonitore di piazza, perché tale è ormai Landini, ha fatto di peggio. Lo ha trasformato in un teatro
dell’assurdo, del grottesco, in cui tutti i politici invitati dei moribondi partiti che hanno consegnato il paese ai fasci, ha potuto sentirsi a casa: “questa è la nostra casa, questa è la vostra casa…” - una casa d’appuntamenti, dove gli unici che non sono “a casa” sono i lavoratori, gli operai sfruttati, le masse povere.Chi tra quei delegati si è sentito a casa sua è perché da tempo campa alla greppia della “casa loro”.
Nessun rispetto per questa gente. Neanche nella loro variante patetica, piccolo borghese del gruppo di Eliana Como che più ridicolo non poteva essere. Anche per questi ogni credito, cambiale è scaduta.
E una recita sguaiata, tronfia e vuota ha costruito una platea per la fascista arrivata Meloni, che ha potuto intervenire con tutti gli ossequi di Landini, e poter dire in faccia anche a questa platea che “non c’è trippa per i gatti”; dove i gatti sono le masse povere innanzitutto che si possono tranquillamente insultare negando loro lo straccio del “reddito di cittadinanza” o anche la speranza di un “salario minimo”.
E su questo la Meloni è stata accolta in religioso silenzio, perché la gran massa di burocrati, aristocrazia operaia e galoppini di apparato - che normalmente tra permessi e accordi lavora la metà degli altri sui posti di lavoro, naturalmente insieme al ceto sindacale confederale di Cisl e Uil che fa anche peggio - condivide quello che la Meloni dice, lo dicono loro già tra i lavoratori che tutta la colpa è del “reddito di cittadinanza”. Così come in religioso silenzio è stato accolto il discorso più vecchio del capitalismo: il lavoro e la ricchezza la producono i padroni, più profitti dei padroni, più soldi ai padroni… ecco come si crea il lavoro.
E lì tutti ad ascoltare. Vergogna!
Finita questa recita, che offende anche la storia di questo sindacato, non solo quella gloriosa dei tempi che furono, ma anche quella stracciata degli ultimi decenni; finito l’intervento, la Meloni ha incontrato per 40 minuti Landini, ma quello che si sono detti non si può sapere. Alla faccia del congresso che dovrebbe essere l’organo decidente delle politiche di questo sindacato.
Meloni che parla al congresso della Cgil è un fatto. Tutto il congresso e le conclusioni di Landini “aria fritta”.
Però lasciateci dire che ci sono anche dei limiti in quello che si può dire e scrivere di questo congresso, senza essere complici dell’andazzo. Questo limite è superato dal Manifesto, il cui editorialista Massimo Franco scrive cose vergognose.
Dice che è stato giusto come il congresso ha accolto la Meloni, anzi, che è un atto di forza del congresso “Giorgia Meloni ha avuto gioco facile. Fosse stata fischiata avrebbe potuto fare la vittima. La gelida accoglienza dei 986 delegati Cgil invece le ha consentito di mostrare all’esterno il suo programma che cerca di convincere anche i ceti popolari della bontà della sua ricetta, ma ha mostrato come la stessa Cgil sia la sola capace di fare opposizione in questo disgraziato paese”.
Disgraziato sei tu, Massimo Franchi; anche di questo signore bisogna ricordarsi, per capire di che pasta è fatta la gente pure di un giornale che nella maggior parte dei casi è di opposizione ed è letto da tanti dell’opposizione reale.
Bene, un altro punto si è fatto chiaro, per combattere padroni e governo, anche quello più apertamente padronale e fascista come questo della Meloni, bisogna assolutamente liberarsi della verminosa palude costituita dalla Cgil e dal suo apparato.
Certo, chi lotta lo sa già bene e c’è chi lo sa da più di 50 anni, dall’autunno caldo.
Ma purtroppo questo non basta. Oggi comunisti e proletari devono invadere il campo, considerare ogni realtà lavorativa, le fabbriche innanzitutto, come una realtà da invadere per combattere i padroni, il governo e i loro servi.
Senza una guerra civile sui posti di lavoro non potremo combattere realmente padroni e governo.
Questo è il lavoro da fare adesso, organizzare la lotta anche piccola è indispensabile; ma senza considerarla parte della “guerra civile” nelle fila operaie non riusciremo a cambiare le cose, a creare la necessaria polarizzazione che sia all’altezza dei tempi.
In questo senso, pur condividendo lo spirito, condividiamo assai poco di quello che scrive il Si.Cobas che inneggia alla Francia. Fa bene a farlo, si tratta di uno scontro reale a pochi passi da noi, una lotta vera che mette in crisi il governo ed è ‘brodo di coltura’ dello scontro di classe sindacale e politico, e, al di là degli esiti che avrà, “Parigi val bene una messa”; nel nostro paese non c’è questa situazione, né ci può essere, i buoi sono già scappati dalla stalla, prima che la stalla venisse chiusa. La vittoria di un governo come quello della Meloni che non è come tutti gli altri, e chi lo dice è perlomeno superficiale, è già il risultato di un sindacato cancellato, non riattivabile, irreversibilmente legato a padroni, governo e Stato, tanto da esserne una cintura di protezione; e non ha in nessuna maniera le condizioni interne per trasformarsi in un giorno all’altro in un sindacato di opposizione alla francese.
Quindi quando i compagni del Si.Cobas invitano la massa dei lavoratori a stracciare le tessere della Cgil e ad unirsi a loro, fa un volenteroso ma impotente appello. Non è così che possono andare avanti le cose, né andranno. Tocca invadere il campo nelle fabbriche come altrove e condurre lo scontro la “guerra civile” tra i lavoratori, altro che tessere stracciate per farne altre. E questo è già molto di più che uno sciopero generale auto proclamato.
E’ quello che dobbiamo fare ora per arrivare a quello che diciamo da sempre: uscire da un lungo inverno per un nuovo autunno caldo.
Se siamo in tanti e uniti a farlo è meglio. Ma l’importante è fare questo.
proletari comunisti /PCm Italy
19 marzo 2023
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