Cagliari, 7 e 8 aprile 2018
Dell’attuale
occupazione militare della Sardegna, che forse sarebbe più corretto
definire comparto militare, la RWM è sicuramente la componente più
attiva e dinamica.
Questo
dinamismo si può riscontrare su quasi tutti i fronti: aumento dei
profitti, ingrandimento dell’azienda, potenziamento e allargamento della
produzione, interessamento istituzionale alle vicende, prese di
posizione dei lavoratori e della popolazione. Purtroppo a questo elenco
non si può aggiungere la dinamicità da parte di chi sogna di vedere
chiusa e distrutta la RWM.
Se
anche altre aziende private come la Vitrociset investono nuovi capitali
(ma promettono tagli da qui al 2020), enti pubblico/privati come il
DASS fanno grandi progetti e i sempre presenti militari continuano a
esercitarsi ogni giorno, in questo momento la RWM detiene
saldamente lo scettro dell’efficienza produttiva all’interno del comparto bellico sardo.
saldamente lo scettro dell’efficienza produttiva all’interno del comparto bellico sardo.
Gli aspetti che creano e rafforzano questo primato sono vari.
Sicuramente non il più importante, ma quello che negli ultimi dodici mesi è spiccato di più, riguarda l’attenzione mediatica
che viene riservata ad ogni novità che interessa lo stabilimento
domusnovese (recentemente addirittura il NYT ha fatto sentire la sua
voce in merito ai traffici di bombe nostrani).
Un
aspetto particolare delle attenzioni che i vari media dedicano
all’operato della RWM è che questo spesso viene messo in seria
discussione e a volte anche duramente criticato, caso unico tra le
attività militari sarde, che di solito vengono incensate come
necessarie, efficienti, rispettose di leggi, ambiente e popolazione.
La
RWM si tiene stretto il “merito” di sfamare qualche decina di famiglie
sulcitane e così la polemica, almeno sui giornali, infuria e non dà
nessuna impressione di volersi placare (ultimi a parteciparvi sono stati
i sindacati e la Confindustria sarda, nonché il mondo cattolico).
I
giornali sono stati spesso tirati per la giacca da importanti figure
isituzionali che si sono interessate alla vicenda dei traffici di bombe:
ricordiamo la ministra Pinotti, i senatori Pili e Cotti, ma anche il
sindaco di Iglesias e specialmente quello di Domusnovas. Tutto questo
polverone assolutamente inutile ai fini di una reale contrapposizione
alla fabbrica, ha almeno avuto il merito di far prendere posizioni
chiare riguardo alla produzione di bombe alle amministrazioni locali, ai
residenti e specialmente agli operai.
Ora, a differenza di due anni fa, la disposizione delle pedine nello scacchiere della partita contro la RWM è chiara.
Ovviamente un aspetto fondamentale di tutta la situazione è l’importanza a livello internazionale della produzione della RWM. Lo
dicono i numeri (il fatturato è aumentato del 50% negli ultimi due
anni, facendola balzare da 19ª a 3ª azienda italiana nel settore della
difesa), i progetti di ampliamento – su tutti il Campo prove 140 –,
l’ampliamento già avvenuto con i depositi di Iglesias e Musei.
Le bombe MK sono evidentemente un piatto appetitoso e necessario per gli Stati, belligeranti e non.
A
un aumento della richiesta e del profitto coincide un aumento delle
assunzioni, che va così a rafforzare il già solidissimo radicamento
economico che la RWM ha nel Sulcis.
Questo radicamento così forte, e per adesso apparentemente inscalfibile, è il vero fiore all’occhiello della fabbrica.
Precisa
e generosa negli stipendi (rispetto alla media sarda), rassicurante nei
contratti e nelle intenzioni (alla notizia di un possibile
trasferimento della produzione in Arabia Saudita, l’amministratore
delegato si è precipitato nella sede dell’Unione Sarda per smentire
tutto), eccellente nell’aggirare leggi, critiche e sanzioni, di
un’imbarazzante sincerità riguardo alla vocazione guerrafondaia dei
propri profitti, la RWM nonostante le critiche non perde terreno, anzi.
Una
prova del radicamento acquisito nel territorio sono le sempre puntuali
dichiarazioni del sindaco di Domusnovas Massimiliano Ventura,
praticamente un ultras della RWM:
“Te lo dico subito, io sto dalla parte dei posti di lavoro e su questa cosa sono pronto a fare le barricate”.“Parliamoci chiaro, lo sappiamo tutti cosa produce la Rwm e nessuno è contento di quello che succede nello Yemen, ma alla riconversione non ci credo”.
“I miei cittadini, non sono contrari alla fabbrica di bombe perché per noi rappresenta una risorsa economica”.
La
RWM infine riesce a fare la sua parte anche coltivando una formidabile
capacità di tenere nascoste tutte le notizie riguardanti i trasporti
delle bombe dallo stabilimento al porto, punto identificato come il più
vulnerabile di tutta la produzione.
Sembrerebbe il caso di gettare la spugna, ma così non è, non può essere.
La
fabbrica è lì, in località Matt’e Conti, è fatta di reti, muri e
mattoni, vi lavorano uomini e donne, vi collaborano decine di ditte di
ogni settore. L’unica cosa che realmente interessa loro è il profitto.
Nel momento in cui questo dovesse essere messo anche solo in
discussione, tutti quegli aspetti che ora la rendono così forte
potrebbero modificarsi o venire a mancare.
Qualsiasi
discorso sulla riconversione risulta quindi uno specchietto per le
allodole, non solo irrealistico da un punto di vista economico, ma
assolutamente fuorviante nella prospettiva di un effettivo danno alla
fabbrica.
Il
lavoro di questi due anni di vari gruppi antimilitaristi ha avuto il
merito di portare alla ribalta mediatica una realtà enorme e terribile
prima celata. Non è però stato in grado di arrecare un disturbo o un
danno reale alla fabbrica o alla produzione. Le pratiche proposte finora
sono probabilmente da rivedere nel loro svolgersi o nella loro
frequenza.
Consci
che non si debba partire da zero, vorremmo discutere e confrontarci con
chi è interessato a costruire un’opposizione il più efficace possibile,
volta ad arrecare un danno economico e di immagine a questa fabbrica di
morte.
Per questo proponiamo due giorni di confronti e dibattiti per rilanciare la lotta per la chiusura della RWM.
Sabato
7 aprile le due assemble in programma vorrebbero tracciare una
panoramica sulla guerra e l’industria di armi oggi. Domenica 8, invece,
l’assemblea sarà incentrata sulla RWM. Tenendo conto delle esperienze
passate e del contesto attuale, vorremmo prendere spunto dai
ragionamenti e dalle proposte di ognuno per delineare insieme nuovi
orizzonti di lotta.
NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA!
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