martedì 6 marzo 2018

pc 6 marzo - Il fascio imperialista Bannon/Trump chiarisce quello che è avvenuto nel voto italiano dal punto di vista dell'imperialismo USA - con buona pace di filogrillini e riformisti - il quadro da combattere è chiaro



 
Steve Bannon, lo stratega che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca, è a Roma per «osservare» e «imparare» dalle elezioni italiane, prima di partire per Zurigo dove martedì sera parlerà delle «implicazioni globali della rivolta populista» in un incontro pubblico con Roger Köppel, direttore della rivista svizzera di destra Die Weltwoche. «Passerò molto tempo in Europa, qui c’è l’avanguardia del populismo», ci dice nella sua suite d’albergo. Ora Bannon sta lavorando (e cercando finanziatori) per costruire una sorta di Internazionale populista: «Una rete dal basso, un esercito per diffondere le idee del nazionalismo economico, innanzitutto in America ma anche a livello internazionale».
Perché è venuto in Italia?
«Ho lavorato per costruire un movimento populista nazionalista in America per dieci anni, sono entrato nella campagna di Trump quando rimanevano solo 85 giorni, stavano perdendo di brutto. Ma io sapevo che avrebbe vinto. Vedevo la risonanza tra la gente, mentre alle élite questo sfuggiva, e penso che lo stesso stia succedendo in Italia. Gli italiani si considerano spesso provinciali nella politica mondiale, ma non è così: siete sulla cresta dell’onda, un banco di prova fondamentale del potere della sovranità, di cosa significhi nell’era moderna, e questo è esemplificato dalla questione dei migranti, poiché tutti i problemi del Medio Oriente e dell’Africa sono stati scaricati dall’Ue sull’Italia e la gente ne ha avuto abbastanza, rivuole la propria sovranità. Questa elezione è cruciale per il movimento populista globale. Per me la cosa più importante è che, se sommi i sondaggi, siamo vicini al 65%, quasi due terzi del Paese, che in qualche modo appoggia il messaggio antisistema di gruppi populisti dal centro al centrodestra, dai Cinque Stelle alla Lega a Berlusconi e Fratelli d’Italia». 
C’è chi ha scritto che lei è qui per dare l’endorsement a Salvini.
«E’ stato un colpo di genio da parte di Salvini riorientare la Lega da partito del Nord a nazionale. Ma sono qui per osservare. Incontrerò delle persone sì, ma non per dare il mio endorsement. Gli italiani non hanno bisogno che un americano dica loro cosa fare, come non hanno bisogno che lo facciano da Bruxelles».
Ha mai incontrato i leader Cinque Stelle?
«Non ancora, ma mi sono organizzato».
Uno degli scenari postelettorali è una coalizione tra Cinque Stelle e Lega Nord. Cosa ne pensa?
«Sia Lega che Cinque Stelle (e lo stesso Berlusconi) si erano espressi a favore di Trump. Ho rispetto per entrambi i movimenti, con le loro differenze: uno più laico, l’altro espressione della società più tradizionale, uno più antisistema, l’altro forse più con un programma d’azione. Penso che si raggiungesse una coalizione tra tutti i populisti sarebbe fantastico, trafiggerebbe al cuore Bruxelles, a loro metterebbe una paura tremenda. Ma se non succede ora non significa che non possa accadere in futuro».

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