Il 7 ottobre a Roma si è tenuta la presentazione
del libro "Il programma minimo".
Si tratta di
un testo già pubblicato dalla casa editrice "Laboratorio politico"
nel '96 e oggi è curato sempre da Gianfranco Pala assieme a Enzo Gamba e col
sottotitolo "per la classe e i comunisti in una fase non
rivoluzionaria" e fa parte di una nuova iniziativa culturale del
collettivo La Contraddizione che prevede l'uscita di 4 pubblicazioni all'anno
di cui "Perla critica" è stato l'inizio. In appendice vengono
riportate: la Critica al programma di Gotha, il Programma di Erfurt, e considerazioni
preliminari per il programma minimo del partito operaio francese.
Nell'introdurre il libro si è parlato della
necessità di comprendere la fase storica in cui ci troviamo e di come impostare
i criteri per un programma minimo a cui i comunisti dovranno dare una
soluzione.
Carla Filosa ha ripreso la "Critica al
programma di Gotha" per ristabilire l'unità dialettica tra strategia e
tattica perchè la sconfitta che abbiamo di fronte è il frutto dell'abbandono
della strategia, e della necessità di una acculturazione, di impadronirci della
teoria del meccanismo del Capitale, per contrastare le politiche e la visione
del mondo di una borghesia che vuole imbonirci e farci accettare i soprusi
quotidiani, per delimitare il campo per una coscienza di classe capace di
restituire identità al proletariato.
L'editore Manes de "La città del Sole" di Napoli ha rilevato l'approccio di metodo su
cosa significa oggi fare politica, dell'editoria come strumento per il recupero
dell'identità comunista e della sua capacità di incidere, una battaglia
difficile per il monopolio borghese e tenuta in piedi dall'impegno di alcuni
compagni, della necessità di padroneggiare la teoria marxista.
Un lavoro, questo del libro, che dimostra
la grande attenzione che c'è oggi nell'area dei comunisti verso la teoria
marxista, verso la formazione e l'autoformazione, un'attenzione che
generalmente si rivolge ai comunisti senza partito e agli studenti e che allo
stesso tempo dimostra ancora una volta il carattere fortemente ideologico e
distintivo del nostro lavoro di proletari comunisti sulla formazione operaia che è rivolto ai
proletari, alla classe, ai lavoratori, ai giovani organizzati nella nostra organizzazione, per
dare strumenti di alfabetizzazione alle energie che vengono dalle lotte vere; un lavoro, quello di proletari comunisti-PCm, che è riuscito a conquistare anche alcuni intellettuali.
La questione della "fase non
rivoluzionaria" rischia però di indebolire la ripresa teorica
ricacciandola nella difensiva, enfatizzando le sconfitte, mettendola al
servizio di un "programma minimo", una tattica nel quadro di
accumulazione di forze al servizio di un programma "massimo".
Indubbiamente dal punto di vista oggettivo e soggettivo la definizione è
corretta, ma in un sistema imperialista quand'è la fase rivoluzionaria? In
particolare la fase oggi è la tendenza al moderno fascismo che perseguono sul
piano interno le varie borghesie dimenandosi nella loro crisi strutturale: è
compito dei comunisti inserirlo nell'elaborazione di un programma minimo,
oppure no? Quanti comunisti leggono la fase in questi termini e indicano alla
classe il percorso già praticato e vincente nella realtà storica del nostro
paese, cioè la resistenza antifascista? Elezioni o il loro boicottaggio: chi fa
parte del programma minimo? Le condizioni favorevoli alla rivoluzione esistono
molto raramente, ma è il percorso individuale e collettivo dei comunisti che
deve essere attraversato con l'autocritica: qual'è stato e qual'è il lavoro di
massa, il lavoro per un sindacato di classe, tanto per cominciare. Chi vuole la
rivoluzione dovrà organizzare la prima tappa, il Partito. Su quali basi teoriche
costruirlo? Partito di quadri o Partito di massa? Bisogna che i comunisti lo dicano
apertamente. Non è più il momento di chiedere a che punto è la notte, compagni? Ma lavorare per unire i comunisti oggi.
Nessun commento:
Posta un commento