La poliziotta del G8 e lo scandalo albanese
La promozione era arrivata a processo in corso, la riconferma dopo la condanna. Nei giorni bui del G8 del 2001 in cui la caserma di Bolzaneto si trasformò in un centro di tortura, Anna Poggi, dirigente di polizia genovese, era la responsabile dell’ufficio trattazione atti della struttura, in cui vennero arrestati illegalmente, umiliati e seviziati decine di manifestanti noglobal.
Come per tanti altri poliziotti perseguiti per le violenze durante il vertice, la condanna a 2 anni e 4 mesi (confermata in Cassazione ma prescritta) non le ha impedito gratificazioni e
avanzamenti di carriera. Nonostante i guai con la giustizia l’Italia la promuove a rappresentante investigativo e diplomatico in Albania: un incarico delicatissimo, poiché guida un coordinamento interforze legato all’Interpol, in prima linea nella lotta al narcotraffico mondiale a cui l’Italia presta un occhio di riguardo, essendo a pochi chilometri dalle sue coste. L’ufficio oggi è lambito da uno scandalo che, dopo aver investito il ministro degli Interni Saimir Tahiri, accusato dall’ex capo dell’Antidroga di Valona di essere legato a una gang di narcos, rischia di far cadere il governo di Tirana. E Poggi è stata, misteriosamente, rimossa dal Viminale.
Una spy story
internazionale
Per capire meglio questa storia,
si può iniziare dall’epilogo, nell’agosto scorso. In un anonimo ufficio delle
autorità svizzere si presenta un uomo che chiede asilo politico. Ha paura, si
sente braccato, ha lasciato in incognito l’Albania, il suo paese, perché teme
per la propria sicurezza e quella della famiglia. Un tempo era una figura
importante, è stato capo della polizia di frontiera di Valona e poi responsabile
della lotta al narcotraffico. Si chiama Dritan Zagani. Nell’ultimo anno ha
subito un’onta: l’arresto con l’accusa, come nelle più classiche delle trame
noir, di essere passato dall’altra parte. Si sarebbe fatto prendere la mano da
operazioni illegali, avrebbe smerciato droga e venduto informazioni a
investigatori italiani della Guardia di Finanza.
Della stessa vicenda lui racconta tutta un’altra versione: i suoi problemi,
dice, sono cominciati quando ha scoperto una nuova rotta dei narcos, che invece
di attraversare le acque avevano iniziato a far volare aerei pieni zeppi di
droga diretti in Italia. L’indagine lo porta a una banda di cui farebbero parte
anche i cugini del ministro dell’Interno albanese e che avrebbe utilizzato auto
di Stato per nascondere i carichi. Lo scenario che descrive, in un’intervista
resa pubblica dal giornalista d’inchiesta Basir Collaku, è apocalittica. E dal
crimine organizzato porta ai gangli dello Stato. Il caso diventa subito un
terremoto. Chi è davvero Zagani, un funzionario corrotto, come dice il premier
di Tirana, o un Serpico che ha toccato interessi troppo forti? E soprattutto:
che implicazioni ha per l’Italia tutto questo?
L’imbarazzo diplomatico
A giugno il polverone è già in
corso. E dopo molti anni Anna Poggi viene rimossa e sostituita dal sostituto
commissario Michele Grillo. Fonti del Viminale lo definiscono un avvicendamento
di routine. Ma è un fatto che la situazione non è facile all’interno degli
uffici investigativi italiani. Da un lato ci sono le contestazioni dei
detrattori di Zagani, che lo descrivono come un uomo che avrebbe passato
informazioni alle Fiamme Gialle (in modo infedele). Dall’altro c’è la versione
alternativa dello stesso Zagani, raggiunto ieri al telefono dal Secolo XIX nel luogo
segreto in cui è rifugiato: tra le prove contro di lui, sostiene, ci sarebbe
anche una lettera firmata dai vertici dell’ufficio investigativo italiano. Una
missiva che avrebbe adombrato irregolarità sulla sua attività. Uno scenario che,
aldilà di quanto verrà accertato, porta alla luce una situazione esplosiva che
rischia di investire anche l’Italia. Mentre, sostiene il poliziotto in fuga, con
la Finanza conduceva delicatissime inchieste antinarcos, autorizzate e
conosciute da entrambi gli Stati.
Questi veleni hanno a che fare
con il cambiamento del vertice dell’ufficio investigativo italiano a Tirana?
Anna Poggi è intanto finita a Lubiana, in Slovenia. E Il Secolo XIX ha provato a
contattarla attraverso vie legali. Senza successo, ma con lo spiraglio che una
replica possa arrivare nei prossimi giorni. Da tempo il ministero dell’Interno
(per la dirigente genovese come per gli altri colleghi prescritti ma
responsabili civili) si è invece accollato l’onere del risarcimenti delle
vittime di Bolzaneto. Prima delle condanne definitive, altre promozioni illustri
avevano riguardato superpoliziotti condannati per i fatti di 14 anni fa,
irruzione alla scuola Diaz in particolare: Vincenzo Canterini (da capo dei
celerini a capo Interpol in Romania), Francesco Gratteri (ex numero tre della
polizia), Giovanni Luperi (ex capo analista dei servizi segreti), Gilberto
Caldarozzi (ex capo dello Sco, l’Fbi italiano).
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