Dopo la notizia del
drastico calo delle immatricolazioni in meno di un decennio, è di
qualche giorno fa un’altra incredibile scoperta de La Repubblica e di
altri giornali e giornalisti che hanno letto la relazione del Consiglio
Universitario Nazionale: pare che, infatti, il 17% delle mancate
immatricolazioni è coperto quasi interamente da ragazzi e ragazze che
provengono da istituti tecnici e professionali, il che spesso
corrisponde ad appartenere ad una fascia sociale non propriamente
agiata.
Notizia “incredibile” per chi non si è mai soffermato a leggere oltre le righe
delle riforme che dagli inizi degli anni ’90 stanno trasformando in
maniera più o meno drastica l’intero sistema formativo italiano; per
chi non si è mai chiesto cosa si cela dietro il concetto di
“meritocrazia” e ha pure fatto l’elogio della competizione, della
società del merito e dei modelli esteri di istruzione, in
particolare quello tedesco che è fra i più selettivi d’Europa. E a
giudicare dalla piega e dalle dichiarazioni dei vari ministri (non solo
in materia di istruzione) è proprio al “modello tedesco” e britannico
che si guarda con ammirazione. E anche se l’approvazione del decreto è
stato rinviato di due settimane non crediamo che ci sarà un
miglioramento: anzi, saranno elaborate nuove strategie e politiche da
attuare per raggiungere lo stesso obiettivo ma chiamandolo in modo
diverso.
Siamo contenti che finalmente, dopo movimenti
studenteschi che hanno visto decine di migliaia di persone in piazza,
centinaia di scuole occupate, di studenti che hanno dovuto abbandonare
gli studi, borse di studio negate, test d’ingresso non superati si è capito perché eravamo così in tanti il 14 dicembre 2010. E perché eravamo arrabbiati. Tutti e 100mila.
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