pc 13 febbraio - DIMISSIONI DI RATZINGER, NON SONO UN ATTO DI CORAGGIO.
Le dimissioni di Ratzinger non rappresentano
affatto un “atto di coraggio”.
Esse rappresentano la crisi, la
sconfitta di una Chiesa e della sua massima espressione, il Vaticano, sommerso
sia da scandali e lotte di potere interne, sia soprattutto dalla perdita di
egemonia politica, ideologica nel mondo. Ma esse testimoniano anche la
sconfitta personale di Ratzinger e del suo entourage, che alla crisi economica,
morale, politica della Chiesa ha cercato di rispondere con la conservazione,
con la reazione, con il ritorno all’indietro, fallendo miseramente.
Per questo le dimissioni (spontanee
o dovute) sono un fuggire, un abbandono, da parte di un “uomo ormai inutile” della
“barca” che sta affondando.
Ratzinger è stato eletto nel 2005
perché si voleva un papa, che continuando la battaglia di Wojtyla per una
Chiesa militante, rafforzasse e sviluppasse gli aspetti più integralisti, per
condurre una “guerra” teorica, ideologica, politica, contro tutte le
contraddizioni che mettevano in discussione l’egemonia della Chiesa e del
cristianesimo: dagli altri movimenti religiosi, islam, alle lotte di risveglio
e liberazione dei popoli, alle putrefazioni, scandali all’interno della Chiesa
sia finanziari che morali, alla perdita di fede e di seguaci tra i cristiani,
alla crisi della Famiglia e del ruolo della donna, alle libertà/diritti sessuali e della vita umana, all’emergere delle rivolte
giovanili, ecc.
Ma tutto questo non è riuscito,
per il livello ormai inestricabile inquinato delle contraddizioni interne e per
l’esplodere delle contraddizioni esterne.
Le dimissioni del papa sono anche
uno specchio della crisi/putrefazione dell’imperialismo, di cui il Vaticano, il
cristianesimo è un puntello in Occidente.
Come le elezioni di Ratzinger
erano parte del tentativo dell’imperialismo di rispondere alla sua crisi con la
marcia verso regimi di moderno fascismo (al di là di chi li rappresentasse); le
dimissioni sono interne alla difficoltà in questa marcia di gestire le gravi
contraddizioni economiche, politiche, tattiche e strategiche che l’imperialismo
stesso crea e in cui viene invischiato.
Non sarà facile per il sistema
borghese trovare ora un altro papa che sappia ridare egemonia al pensiero, ai
valori dell’imperialismo.
Ma questo non significherà
affatto una “ritirata”; la “Bestia” quando sta per morire diventa ancora più
feroce. Così dietro la crisi dell’imperialismo vi è il nuovo nazismo, più
guerre contro i popoli che mettano in discussione il suo dominio, più reazione
all’interno delle proprie cittadelle.
La "Bestia" imperialista non muore
da sé, ma può e deve essere uccisa dalla rivoluzione dei popoli e dei
proletari.
Infine, in Italia, le dimissioni
di Ratzinger sono espressione anche di un fallimento dell’egemonia della Chiesa
nella politica borghese italiana. L’imbastardimento dei partiti della
borghesia, le loro lotte intestine affaristiche e di potere, gli scandali del
sistema politico, istituzionale, hanno portato anche ad uno smembramento negli anni
di una forza politica compatta che potesse interloquire, servire il Vaticano, e
nello stesso tempo riceverne sostegno. I politici in legame con la Chiesa sono
dappertutto nel sistema dei partiti, ma è come dire che non sono da nessuna
parte in termini di forza organizzata.
Ma anche questo di per sè non
vuol dire una sconfitta/morte del sistema politico borghese nel nostro paese,
per cui per il movimento proletario e popolare basterebbe solo attendere;
perché questo sistema resiste e resiste imbarbarendosi sempre più, e ad esso si può
porre fine solo col rovesciamento rivoluzionario da parte dei proletari e delle
masse popolari.
MC
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