“Dal 2012, un'azienda in crisi, potrà licenziare in modo unilaterale con un indennizzo e senza reintegro. Viene cancellato così l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e irrigidito l'articolo 8 della manovra di agosto.
Scatteranno meccanismi per la mobilità degli statali, la cassa integrazione con riduzione del salario e "il superamento delle dotazioni organiche..”. (da La Repubblica 27/10/11).
Con le pensioni a 67 anni, ma di fatto con l'allungamento a quasi 70 anni, per chi ci arriva significa rischiare di lasciarci la vita sul lavoro, per le donne crepare prima per il doppio lavoro, per i giovani, per il “mare” dei precari vecchi e nuovi, semplicemente la pensione non ci sarà più.
Inoltre, via alle liberalizzazioni, che tradotto vuol dire che le aziende di servizi potranno fare ciò che vogliono in termini di orari, prezzi, e potranno accaparrarsi a saldo tutti i servizi pubblici primari, trasformando i cosiddetti “beni pubblici” in beni strettamente privati. Ti venderanno schifezze e se le faranno pagare a peso d'oro.: “...E' generalizzata la liberalizzazione degli orari dei negozi. Più concorrenza nel settore della distribuzione carburanti e della Rc auto. Le tariffe minime dei professionisti saranno "derogabili" e andranno "completamente liberalizzati" i servizi pubblici locali. Dall'acqua (nonostante il referendum) ai rifiuti, dai trasporti alle farmacie comunali...”.
Spudoratamente, quindi, le misure vanno nell'unica direzione che questo sistema capitalista vuole: i lavoratori, le lavoratrici, le masse popolari paghino la crisi; i padroni godano della crisi.
Alcuni di questi provvedimenti, in particolare i licenziamenti, lo dimostrano chiaramente. Essi neanche serviranno per fare “pronta cassa”, ma sono la risposta politica ai selvaggi piani del capitale di unire aumento sfruttamento, fine dei diritti, licenziamenti senza alcun limite.
Anche l'Europa pare sia soddisfatta: forse non entreranno sull'immediato liquidi significativi per il ”debito” ma per il futuro prossimo e venturo c'è finalmente un taglio alle obsolete garanzie per i lavoratori.
Questo era già evidente. “Le politiche poste in essere – scriveva poche settimane fa Le Monde - non consistono nel porre termine alla crisi economica e finanziaria ma nel raccoglierne i frutti, incredibilmente succulenti. Si tratta di una crisi che permette di sopprimere centinaia di migliaia di posti di lavoro, di tagliare i salari e peggiorare le condizioni di lavoro. Inoltre essa consente agli Stati di svendere settori di economia a vantaggio degli interessi privati, di rimettere in discussione il diritto al lavoro, di aumentare le tasse, le tariffe dei servizi pubblici, di aumentare le spese sanitarie, ecc, in altre parole di realizzare il sogno di una società di mercato.
Per i liberisti, in tempi normali la più piccola delle misure li avrebbe costretti ad una lotta incerta e spietata, ora tutto arriva immediatamente” (Da Le Monde).
Per tutti coloro, camuffati anche da “movimento”, dai Casarini ai “combattenti anti Europa del 'non paghiamo il debito', queste misure dimostrano, sempre più, che è il grande capitale, soprattutto industriale, la vera causa della crisi, e nello stesso tempo l'”utilizzatore finale”. Lo Stato, il governo ne sono i suoi agenti. Nel mezzo stanno le banche – i cui proprietari sono spesso gli stessi capitalisti industriali -che certo agiscono anche di vita autonoma, ma è voler ragionare con i piedi, continuare a guardare l'albero e non la foresta.
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