FIAT E SACCONI
Il voto non è andato come la Fiat voleva. E' una partita che Marchionne aveva programmato come chiusa, una sorta di “guerra-lampo”(“e poi parto per l'America, che là sì che mi capiscono”), ma questa si è rivelata più difficile del previsto, sì da rendere necessario che la guerra continui.
Una guerra vera, quella di Marchionne, che non prevede prigionieri – vedi proposta della Newco, su cui torniamo a parte. Quindi inghiottita l'amara pillola dei dati reali del No, richiama tutti in servizio perchè la guerra continui. Per motivare forte le sue truppe, dichiara, andando anche qui fuori dalle righe, ma anche fuori dalle leggi dello Statuto dei Lavoratori, degli accordi sindacali, della Costituzione: “l'azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo, al fine di individuare, attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri”.
E giù qui a fare uscire notizie e illazioni su questi progetti futuri, sostanzialmente consistenti nel rispondere alla domanda: ma dove caspita si deve fare questa Panda?
Torniamo a farla in Polonia - ma lì si era già deciso di cambiare, di spostare lì la produzione di Termini Imerese. Allora la trasferiamo verso lo stabilimento turco di Bursa - ma a quanto pare le dimensioni dell'impianto sono piccole, la Bursa poi è in joint venture con la turca Koc; questo poi comporterebbe la necessità di rivedere drasticamente il piano di allocazione degli altri stabilimenti, le future Alfa Romeo che hanno preso la strada per gli Usa. Insomma, un altro casino.
Di conseguenza, ecc. ecc. l'ipotesi Newcon.
Bè diciamo che non è un gran modo di galvanizzare le truppe.
Il No operaio ha davvero assestato un duro colpo al piano Fiat. E quindi Marchionne è in difficoltà. E, allora, scendono in campo il governo e la Cgil.
Sacconi dichiara che il governo è pronto ad aiutare la baracca: “le tensioni tra il governo Berlusconi e la Fiat sono ormai alle nostre spalle. Il governo non può che guardare con favore a tutto ciò e quindi è pronto a fare la sua parte”.
Ma non si aspettasse soldi, Marchionne. E' sul lato operai e sindacato che Sacconi vuole continuare a tessere la trama del patto neo corporativo che rispecchia l'interesse moderno fascista di questo governo e che trova nel piano Fiat un modo per ottenerne una più decisa sponsorizzazione fuori dai cancelli della fabbrica.
Infatti, alla domanda precisa: “Che farete per aiutare la realizzazione dell'investimento?”, Sacconi risponde: “Con l'accordo che prevede turni di notte e straordinari un operaio di 3° livello finirà per prendere circa 3.200 euro lordi in più in media ogni anno. Il governo valuterà quale parte di questo salario aggiuntivo potrà essere oggetto di detassazione e decontribuzione”.
Naturalmente il ruolo principale Sacconi lo vuole svolgere verso il sindacato. In questo senso intende richiamare al tavolo le parti, effettivamente proporsi come mediazione, lavorare sulla Camusso. E qui procede con una sorta di intimazione-consiglio: “mi auguro che voglia e possa fare di più. Non entro nelle regole di un'organizzazione sindacale, ma osservo che leadership si misura sulla capacità di guidare e convincere proprio chi è più difficile da convincere”.
Ma la Camusso, in verità, è già convinta che il suo ruolo è quello. In un'intervista al Corriere della Sera dichiara: “All'azienda vorrei dire che abbiamo molto apprezzato il piano industriale e la scelta di confermare l'investimento dopo il risultato favorevole del referendum e che da qui a quando andrà a regime la produzione della Panda c'è tutto il tempo di riflettere e trovare una soluzione. Noi non poniamo mille problemi, ma due. Non è giusto penalizzare i malati veri se c'è assenteismo e non si deve intaccare il diritto di sciopero. La Fiat dice che non è sua intenzione? Lo espliciti”.
E per rendere ancor meglio il senso l'intervistatore dice: “sempre Sacconi dice che il voto a Pomigliano è come quello del '85 nel referendum sulla scala mobile. Lei nell'85 si schierò come gli altri socialisti della Cgil con Craxi?” “No – risponde la Camusso - pensavo e penso ancora che i governi sulle materie del lavoro non debbano avere una funzione imperativa ma favorire soluzioni avanzate”. Insiste il giornalista: “Quindi lei votò per l'abrogazione del decreto Craxi?”. La Camusso risponde, ma senza rispondere: “Le rispondo che quel referendum su materia del lavoro era sbagliato”.
La Camusso conclude rivolgendosi alla Fiat e chiedendo una soluzione condivisa, e quindi offrendo, come rileva sempre il Corriere della Sera di sabato 26 giugno, la gamba necessaria per la nuova mediazione del governo.
Naturalmente la Camusso sa che se con Sacconi si potrà raggiungere un punto di intesa, più difficile è raggiungerlo con gli operai. Nell'intervista a Il Manifesto del 25 giugno è proprio il ridimensionamento del No operaio che viene perseguito e lo fa mettendo sullo stesso piano i Si e i No. “Come giudichi il risultato del referendum imposto dalla Fiat a Pomigliano?”, “I Si e i No dicono che le persone che ci lavorano vogliono salvaguardare l'occupazione...”; “Dunque Pomigliano sarà centrale nella giornata di sciopero generale?”, “Pomigliano centra in quanto scioperiamo per il lavoro e contro una manovra iniqua” - con buona pace di tutti quegli operai che nella manifestazione di Napoli portavano uno striscione:”Siamo tutti operai di Pomigliano” (la Camusso meno...; “Ma sentite vostra la coraggiosa battaglia condotta dalla Fiom?”. Risposta “Non capisco la domanda”, “si è parlato di orientamenti in parte diversi tra Cgil e la Fiom sulla decisione di quest'ultima di non sottoscrivere il diktat Fiat...”, “E' importante la conferma dell'investimento a Pomigliano, ma è un errore continuare a perseguire la strada della divisione sindacale”.
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