proletari comunisti comunicato N°2
Alla Fiat si lavora sotto traccia per disinnescare il No operaio e portare a casa l'obiettivo.
Marchionne va in Polonia, dove a Tichy per opposte ragioni non tira buona aria, gli operai che hanno paura del trasferimento a Pomigliano della Panda, e gli operai che sono stanchi anche lì di sfruttamento e ricatti; ma gli sherpa di Marchionne al governo e nei sindacati lavorano ad una soluzione. Una formula giornalistica che la definisce è il “Tavolo anti sabotaggio”, cioè ottenere innanzitutto dalla Cgil, Fiom e poi, grazie al loro aiuto, dagli operai il “taci e lavora” della nuova Pomigliano. Certo qualche cosa bisogna pur darla e i giornali ne parlano, crediamo su ispirazione Fiat, per verificare l'effetto che fa.
Un protocollo aggiuntivo che espliciti meglio le parti più controverse dell'intesa, per ottenere la firma di Cgil-Fiom con un impegno Fiat esplicito sul progetto Panda. Gli sherpa credono di poter portare a casa il risultato.
Noi diciamo agli operai che il risultato sarebbe peggiore del male perchè blinderebbe ancora di più la fabbrica, spezzerebbe il fronte dell'opposizione, dividerebbe gli operai. E quindi è meglio come stiamo adesso. Siamo nella fase dell'equilibrio strategico, le forze dell'offensiva non ci sono ancora. E' importante che duri questo equilibrio e non si diano segni di disponibilità. La tattica ci danneggia perchè il coltello dalla parte del manico ce l'ha il padrone.
Non crediamo a Marchionne quando dice che se ne va in Polonia. Ma veramente, operai, pensate che simili scelte i padroni le fanno da un giorno all'altro. Se hanno scelto Pomigliano, Pomigliano è, il punto è che vogliono piegare gli operai.
Non fidatevi della Fiom, non fidatevi di chi sta sempre con “un piede in due staffe”. L'assemblea nazionale del 1° luglio è per “vendere la pelle dell'orso”, rivendicare una vittoria come carta per trattare e trasformare una vittoria in sconfitta. La Fiom è specialista in sconfitte. Anche ai tempi di Sabbatini, poi di Rinaldini, figuriamoci ora che c'è Landini.
La Repubblica – non nelle pagine sindacali ma in quelle di affari e finanze – ha dedicato a Landini un paginone piuttosto elogiativo e ne costruisce con il suo aiuto un ritratto che dovrebbe preoccupare gli operai e anche gli iscritti della Fiom.
Landini è figlio di partigiani e comunisti, ma lui non è né l'uno e né l'altro. Lui nasce in fabbrica come attivista ma è un pollo di laboratorio.
Si vanta di non aver letto i testi sacri del marxismo (ce ne siamo accorti), il suo problema è far funzionare meglio le aziende, dare la produttività e l'efficienza che meritano, conciliandole con il consenso attivo e partecipato.
Questa trincea della Fiom è quella che porta con scivolamenti progressivi all'accettazione di fatto del piano Fiat.
Gli operai dovrebbero pretendere fatti anche da coloro che riconoscono come loro attuali dirigenti sindacali, quei fatti che pretendono i padroni. E' questo è il punto su cui c'è la vera scelta, la Fiom e soprattutto la Cgil hanno già dato la loro adesione al “Tavolo anti sabotaggio”, mentre il padrone vuole avere garanzie sull'attuazione del piano ma non ne dà sull'esito del piano stesso: c'è la crisi internazionale, il mercato, ecc. ecc.
Per questo ora nessuna concessione è l'unica linea che mantiene uniti gli operai del No.
30.6.10
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