da Ore12/Controinformazione rossoperaia 8/9/2025
In questi giorni le tv, la stampa hanno celebrato la morte di Armani, un grande stilista, ma innanzitutto un grande stilista divenuto una vera e propria multinazionale della moda, un patrimonio di 13 miliardi accumulato che fa di Armani, del suo impero della moda - come lui stesso lo definisce - uno dei tasselli del sistema della ricchezza e del profitto, del sistema capitalistico.
La celebrazione di Armani è il sistema che
celebra sé stesso. Armani i suoi modelli, i suoi vestiti li ha fatti sempre ed
esclusivamente per i ricchi, per i signori del Capitale e della ricchezza e il
concetto di “bello” e di “bellezza” per Armani ha sempre coinciso col concetto
della ricchezza.
La morte di Armani è diventata un'occasione in cui si è potuta ostentare la ricchezza e in cui la classe dominante ha celebrato sé stessa. La celebrazione di Armani è quindi l'ostentazione della natura effettiva non solo di questo sistema ma dei suoi “valori” che attraversano ogni ambito del suo sistema. Lo hanno celebrato i padroni, lo hanno celebrato gli artisti del cinema, delle diverse componenti del sistema culturale.
Ma di questa ricchezza qual è la sua vera
origine se non lo sfruttamento dei proletari e dei popoli?
Non parliamo solo di Armani, tutte le grandi case di moda si reggono sul super sfruttamento schiavistico
- tante volte messo in luce - che avviene in tanti paesi del terzo mondo dove gli ingranaggi di questo sistema sono formati da donne e bambini super sfruttati. E quindi questa ricchezza così autocelebrata e sfavillante si basa sul carattere più osceno del dominio e dello sfruttamento del sistema imperialista.Anche in questi giorni, questa
celebrazione non fa pugni su ciò che succede nel mondo? con quello
che succede realmente nel nostro paese?
Mentre i signori del profitto e della
ricchezza celebrano sé stessi, nel mondo aumenta la miseria, lo sfruttamento e
questa miseria, questo sfruttamento dipendono dalle stesse leggi e ha come
responsabili le stesse persone che celebrano oggi Armani.
Questo mondo sfavillante non è altro che
l'altra faccia di un sistema che intanto, oltre che miseria e oppressione, produce guerre, genocidi, disastri ambientali che colpiscono miliardi
di persone, dato che la maggioranza nel mondo è pur sempre costituita da
lavoratori precari, disoccupati, donne, giovani che fanno fatica a vivere del
loro lavoro.
Eppure su questa maggioranza del mondo viene
scaricata la devastante crisi del sistema imperialista, su di essa viene
scaricato il carico grande che sta producendo la marcia sulla guerra e il
tallone di ferro da imporre ai popoli del mondo soprattutto se non vogliono
accettare questo sistema.
E' facile parlare di ciò che sta avvenendo in
Palestina: come non mettere a confronto la celebrazione della ricchezza
dell'impero della moda di Armani con la fame, la carestia, la morte quotidiana
di tante donne e bambini; signori del profitto che si riconoscono nello
stato sionista di Israele come cane da guardia dei loro interessi generali in
un'area così importante del mondo segnata dallo sfruttamento energetico, dal
petrolio, dal gas, dalle risorse naturali?
Quindi il sistema che celebra Armani è proprio
il sistema che noi vogliamo cancellare.
La “bellezza” che viene celebrata somiglia
proprio all'orrida “Grande bellezza” rappresentata nel caso di Roma dal film di
Sorrentino, ad esempio. Parlare di “Grande bellezza” oggi significa parlare
dell'orrore senza fine di un sistema che è putrido, decadente, e si riveste dei
segni di questa decadenza.
Da qui bisogna partire, dal vedere come tutto
è collegato, come due facce della stessa medaglia: ricchezza e povertà, guerra e pace, oppressione dei poveri e liberazione dei popoli, questioni elementari del salario, del lavoro, della sanità, della difesa della
salute e dell'ambiente. E' un sistema che ha messo il piede
sull'acceleratore e cammina verso il piano inclinato della devastante crisi
economica e climatica, della guerra imperialista, della nuova carneficina
mondiale, in qualche maniera annunciata dal genocidio in Palestina.
Contro tutto questo bisogna opporsi e ribellarsi ovunque e su ogni campo.


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