mercoledì 10 settembre 2025

pc 10 settembre - Dalla strage sui posti di lavoro alle spese militari: denuncia, lotta operaia!

da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 9/09

La fase dopo l’estate è cominciata così come avevamo lasciato la fase pre-estiva.

Una strage continua sui posti di lavoro, quattro morti e tre feriti gravi nella sola giornata di ieri.

La prima vittima è un operaio di 69 anni che è precipitato con il cestello di una gru da oltre 12 metri a Torino. Un operaio immigrato, Joseph Gamal, egiziano, con moglie e tre figli in Egitto, a cui mandava lo stipendio, stava cambiando un cartellone pubblicitario quando il cestello della gru ha ceduto. Il suo compagno di lavoro si è sentito male. Nel 2021 ci fu in quella stessa zona, in via Genova, un incidente simile che fece tre morti.

A Catania, Salvatore Sorbello, un operaio metalmeccanico di 53 anni, è morto cadendo da 8 metri di altezza. Stava lavorando sul tetto di un capannone.

Mentre a Monza, nell'azienda metalmeccanica specializzata in lavorazioni industriali, Gusberti, è morto un operaio di 48 anni rimasto schiacciato sotto i macchinari con cui stava operando.

E lo stesso è avvenuto sulla banchina del Tevere, nei pressi di Trastevere, dove un operaio è stato schiacciato da un muletto.

E nello stesso tempo in altre fabbriche e posti di lavoro ci sono stati tre feriti gravi, a Desio, Monfalcone, Novara.

La strage sui posti di lavoro per ragioni di mancanza di sicurezza per i profitti, riguarda lavoratori immigrati, anziani perfino. In questi posti di lavoro dove si lavora normalmente gli operai perdono la vita, con ritmi che vanno sempre più clamorosamente crescendo.

Si è parlato del 2024 come anno nero, ma il 2025 è stato anche peggio.

607 morti sul lavoro quelli soltanto registrati dall'INAIL, con un aumento del 5,2%. A questo vanno aggiunti i 350.000 infortuni e la crescita delle malattie professionali del 9,9%.

Ebbene, governo, padroni, sindacati confederali non fanno nulla su tutto questo.

E parliamo di padroni, perché sono loro i responsabili, grandi, medi, piccoli, per la legge del profitto,

dello sfruttamento, anche quando si tratta di piccoli padroni, che con lo sfruttamento in condizioni inadeguate di sicurezza e anche di salari, possono sopravvivere. E non vuol dire che debbano sopravvivere.

Tutto il capitalismo, grande, medio e piccolo, uccide sui posti di lavoro. Non c'è bisogno di sollevare la questione ILVA per capire che la legge del profitto del sistema capitalista è quella che uccide, il Capitale è nocivo, non la fabbrica. Questo sia nella fabbrichetta, sia nella grande fabbrica diventata famosa per i processi di inquinamento.

Quindi è il sistema capitalista che bisogna aggredire, è il capitalismo che bisogna combattere, e il sistema dei padroni che ne beneficia, che ne è l'incarnazione.

Il governo ci fa schifo, ci hanno fatto schifo tutti i governi su questo piano che hanno sempre e comunque perseguito gli interessi dei padroni. Siamo ai tempi ancora di leggi antiche sulla sicurezza, le uniche che in altre stagioni avevano dato dei risultati o perlomeno avevano contenuto il fenomeno.

Ora, via libera, il governo ha trasformato il Ministero del Lavoro in un consulente dei padroni per permettere ai padroni di sfangarla quando ci sono le morti sul lavoro, per permettere di eludere i controlli degli ispettori, riducendone i poteri e permettendo ai padroni di trasformarli in una sorta di consiglieri. Ecco, il governo è responsabile, il governo dà mano libera dei padroni, è di stampo fascista, e sui posti di lavoro, sulla sicurezza, significa questo.

I sindacati confederali: non hanno fatto un solo sciopero. In Grecia un grande sciopero generale che ha paralizzato il paese è stato fatto, ed è stato fatto sui morti sul lavoro e basta, proprio per evidenziare come questo fosse non una generica piega sociale ma il cuore di una fase di sfruttamento intensivo dei lavoratori, col primato del profitto sulla vita dei lavoratori. I sindacati confederali, peraltro divisi tra di loro, sono sindacati culo e camicia col governo come la CISL e sindacati parolai come la CGL di Landini.

È una guerra, tutti dicono, “è una guerra di cui non frega un cazzo a nessuno”, scrive il manifesto.

Non è che non frega un cazzo a nessuno, frega parecchio agli operai e ai lavoratori che non hanno gli strumenti sindacali, politici, legislativi per combattere realmente il fenomeno e spesso non li hanno perché sottoposti al ricatto del lavoro, precario, da quattro soldi, per non pensare ai ricatti che subiscono i migranti, che pure costituiscono una larga parte della forza lavoro precaria nei cantieri, nelle situazioni in cui c'è il pericolo di vita, tant'è vero che non abbiamo i dati sottomano, ma è chiaro che sono parecchi gli operai immigrati, spesso in nero, che pagano con la vita il loro diritto a vivere.

Su questo alla guerra bisogna rispondere con la guerra.

Ma per fare la guerra ci vogliono gli eserciti, ci vuole l'organizzazione del mondo del lavoro, della classe operaia, che sia in grado di condurre una guerra quotidiana nella prospettiva di una guerra generale, di classe e popolare che possa mettere fine alle stragi senza fine sul posto di lavoro.

I padroni però hanno tutt'altri problemi. Si sono riuniti a Cernobbio come ogni anno sotto la veste della Fondazione Ambrosetti dove si incontrano, si confrontano, chiamano i partiti, i governi e gli suggeriscono le soluzioni. E i partiti dell'opposizione corrono per andare al vertice di Cernobbio per dire: "noi vi difendiamo meglio". Perché tra governo e opposizione ci possono essere tante divergenze ma non quella centrale: sono tutti a servizio dell'economia nazionale che significa economia del Capitale, che significa economia dei padroni, che significa profitti dei padroni.

Ma a Cernobbio il discorso che merita più d'attenzione - perché il resto è stata la solita fiera delle promesse dei governi ai padroni che dicono: “noi vi difendiamo meglio degli altri, noi abbiamo le soluzioni”, fermo restante che i padroni non hanno bisogno di essi, sono loro che condizionano e stabiliscono e sanno che il governo in carica è il loro governo - il discorso che va evidenziato è quello di Giorgetti, Ministro delle Finanze, che da un lato dice che quest'anno la finanziaria non sarà lacrime e sangue - solita balla - quasi tutti gli anni lo dicono, e poi le lacrime e il sangue si sono viste - a meno che non siamo condizionati dalle spese militari.

L'hai detto tu Giorgetti! Siamo in un'economia di guerra in cui in nome delle spese militari si tagliano i servizi sociali, si taglia la scuola, la sanità, si modifica, si manomette il bilancio dello Stato per rientrare nei parametri accettati da questa “servetta” di Trump e della Nato che dice sì, 2%, avanti, al 5% ci arriviamo, giochiamo anche coi numeri, il ponte è militare, civile, non si capisce….

Proprio nei prossimi due giorni è l'aumento delle spese militari al centro del dibattito parlamentare, e già questo ci dovrebbe fare incazzare, non è il lavoro, la salute, la scuola, non sono i problemi quotidiani che ci stanno massacrando quotidianamente sui posti di lavoro, nei quartieri poveri, le case, i mutui, etc. Il Parlamento si occupa di spese militari e il teatrino parlamentare è volto soltanto a dire le parole con cui questo incremento delle spese militari si dovrà fare. Ne parleremo alla luce del dibattito parlamentare che è cominciato e dei provvedimenti che saranno accettati.

Guerra e sfruttamento, morti sul lavoro al servizio di un capitalismo che marcia verso la guerra.

Che dobbiamo dire di più? La denuncia, questo è il nostro compito, è una denuncia armata, vuole armare la rabbia, la coscienza dei lavoratori perché si oppongano al sistema delle morti sul lavoro, delle spese militari, dell'attacco alle condizioni di vita dei proletari e delle masse tutte, l'alternativa verso un altro sistema.

Infine, i lavoratori che sono nelle grandi fabbriche. Tutti nascondono queste cose, sanno che è questo il punto.

Lo sanno bene i padroni, lo sanno bene i governi, lo sanno bene le leggi del Capitale. E' proprio nelle grandi fabbriche che dovrebbe ripartire un conflitto vero che sia la vera risposta a tutto quello che sta succedendo. Quando è successo negli anni ’70 i lavoratori hanno fermato la mano dei padroni, hanno realizzato non la rivoluzione come sarebbe stato auspicabile, ma conquiste sociali importanti: il servizio sanitario nazionale, le leggi sullo statuto dei lavoratori, le leggi sulla sicurezza, gli RLS, i consigli di fabbrica, il potere - perlomeno in fabbrica - di contrastare i piani dei padroni, la democrazia operaia in cui gli operai contavano nella preparazione delle piattaforme e sulle decisioni.

E questo è avvenuto nelle grandi fabbriche.  Certo, le grandi fabbriche degli anni '70 non sono quelle di oggi ma restano il cuore del sistema industriale, anche quando sono concentrati in un solo posto o come fabbrica diffusa facendo capo a uno stesso gruppo industriale che è il gruppo delle grandi fabbriche, le due vertenze madri di tutte le vertenze sono la Stellantis, il gruppo auto, e l'ILVA, il gruppo della siderurgia con al centro le vicende di Taranto in primo luogo.

Senza la classe operaia, la lotta della classe operaia, il cambiamento, l'uscita dal lungo inverno, nessun autunno caldo ci sarà ma neanche “tiepido”, e almeno tiepido ci serve per fermare la mano che distrugge posti di lavoro, distrugge vite umane e riduce i salari.

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