La Tenaris Dalmine, una fabbrica del comparto siderurgico, dove stiamo intervenendo, dove si concentrano anche qui varie contraddizioni, è parte di una multinazionale tra il più importante del settore energia, della produzione di tubi per i gasdotti, e quindi ben all'interno del contesto generale di guerra del sistema imperialista mondiale.
Dove c'è la Tenaris c'è l'ENI, non produciamo armi ma siamo all'interno delle contraddizioni di questo sistema basta ricordare che il padrone di questo gruppo dei fratelli Rocca tifa Trump compreso la sua politica di dazi in grado, come dicono loro, di modificare i parametri del sistema industriale mondiale che oggi è completamente sbilanciato verso la Cina, secondo il loro punto di vista.
La competizione attuale che noi ci troviamo nella fabbrica non è una novità, perché Dalmine non è altro che un reparto di una fabbrica mondiale. La Tenaris Dalmine in questi anni sta andando a gonfie vele anche grazie a quello che accadendo in Medio Oriente. Davanti a Gaza, davanti alla Palestina ci sono i tubi della Tenaris Dalmine perché è una delle due o tre aziende che decidono che se vuoi i tubi e vuoi tutto il prodotto completo bisogna liberare questa zona.
Uno degli elementi del nostro lavoro è quello di portare una visione internazionale agli operai, perché tanti operai, anche tra quelli che lottano con la Fiom, dicono: ma noi dobbiamo vedere il nostro orticello. E non comprendono invece l'immensa forza che avrebbe un gruppo come la Tenaris Dalmine
se gli operai fossero uniti, tramite i loro sindacati mondiali. Ma alla Tenaris Dalmine, come in tante fabbriche, l'unico ruolo che fa il sindacato è quello di venire nei reparti a mettere gli ordini di servizio (domani sono 13 turni, questi due lavoratori precari sono a casa, ecc.).Per questo gli operai stanno in queste condizioni. Quando gli operai si lamentano dei peggioramenti, noi diciamo: di cosa ti lamenti? Bisogna rispondere a questi peggioramenti, perché partendo da lì si può ricostruire una vera forza di fabbrica.
Gli operai producono tutta la ricchezza, gli operai hanno una forza, le fabbriche potrebbero fare la loro parte direttamente contro la guerra, il genocidio, la complicità dei padroni e del governo.
L'altro elemento su cui noi lavoriamo è la rivolta operaia, ma quella vera.
Anche se ora alla Tenaris non c’è minaccia di licenziamenti, né cassintegrazione, anche se in passato ci sono stati eccome, sono sempre presenti le leggi del sistema dei padroni che come si lavora in fabbrica lo decidono a livello mondiale.
La rivolta operaia è frutto di una lotta tra sindacati che stanno con l'azienda e anche gruppi di operai privilegiati, e la maggioranza di operai che devono rompere e cominciare a mettere al centro la difesa dei loro interessi, anche a partire dalle condizioni dei reparti ovviamente ma con la visione di creare una forza che sia parte di un “esercito internazionale” dei lavoratori.
Questo è un elemento che è apparso nello scontro sul contratto dei metalmeccanici dove c’è stata la dimostrazione che quando gli operai costringono i sindacati ad unire tutte le fabbriche mettono in campo una forza - il blocco dell'autostrada a Bologna durante l’ultimo sciopero dei metalmeccanici ha fatto sì che si riaprisse la trattativa.
Ma questo chiaramente non basta se poi nelle fabbriche non si prende coscienza di questa forza, di questa potenzialità che si ha. Ma la forza può pesare solo con la lotta e l'unità degli operai.
Altro aspetto del nostro lavoro alle fabbriche è sul terreno della guerra, contro il riarmo del nostro paese, a fianco dei popoli, della Palestina. Questo lavoro è iniziato con la mozione operaia che ha permesso di discutere, chiarire, schierarsi. Nelle fabbriche c'è una divisione tra chi ti dice “lavoro non guerra” e chi dice “lavoro è guerra”.
Ma anche questo mostra la necessità del sindacato di classe e la sua attuale mancanza che pesa soprattutto nelle grandi fabbriche dove è il cuore del problema.
Ci sono tutte le condizioni perché riprenda la lotta di classe, ma occorre elevare la coscienza soggettiva degli operai attraverso le mobilitazioni, la lotta, le rotture, le prese di posizioni.

Nessun commento:
Posta un commento