Nell’arco di pochi giorni, prima la Repubblica degli Agnelli, e poi anche il Sole 24 Ore di Confindustria, sono intervenuti con articoli sulla legge delega con la quale il governo ha deciso di “riordinare” gli “incentivi alle imprese”. Un’operazione comunque prevista dal Pnrr e impostata dal governo Draghi, soprattutto in riferimento alle cosiddette transizioni: digitale e verde.
Queste “agevolazioni sono troppe, circa duemila” dice La Repubblica e vanno sfoltite, addirittura alcune tagliate, insomma “riordinate”.
Non può venire in testa a questi scribacchini al servizio dei padroni, e men che meno al governo, che invece vanno abolite!
Se il governo per attuare questo piano se la prende molto comoda, ben due anni di tempo, gli “industriali non ci stanno” e lo dicono subito con le parole di Bonomi, attuale capo di Confindustria: “… il timore – riporta il quotidiano degli Agnelli - è che il governo faccia da solo anche quando passerà in rassegna le 1.982 tipologie di incentivi, suddivise tra le 229 nazionali e le 1.753 regionali”. Bonomi,
come al solito, pretende il suo posto al tavolo delle decisioni e vuole sicuramente dare una mano al governo per districarsi dentro questi incentivi dove “c’è di tutto, dal credito d’imposta ricerca e sviluppo fino al patent box, ancora la nuova Sabatini per l’acquisto di macchinari e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese” insomma, “Una centrale di sostegno che nel 2021, ultimo anno censito, è arrivata a riservare agevolazioni alle imprese per 25 miliardi, un livello senza precedenti (+165% rispetto al 2020)”, certo, aggiunge, livello “gonfiato dagli aiuti Covid, la seconda voce (4,4 miliardi) dopo gli incentivi per l’efficienza energetica (oltre 10 miliardi).” Come se il “rigonfiamento” potesse essere una giustificazione per questa montagna di soldi messi sempre a disposizione dei padroni!Se a fronte di questi miliardi che vengono erogati ogni
anno a favore dei padroni sfruttatori e veri parassiti (e infatti Urso
rassicura sulla “pluriennalità e certezza dell’orizzonte temporale”), mettiamo
a confronto gli 8 miliardi messi in bilancio per il tanto vituperato “reddito
di cittadinanza”, che il governo si appresta ad eliminare, salta agli occhi tutta
la viscida propaganda intrisa di odio contro il reddito di cittadinanza, e di
fatto contro le masse popolari; propaganda che serve a sollevare polveroni per
tentare di nascondere proprio la massa di “incentivi” considerati invece normali!
E il ministro delle Imprese, chiamato così, senza
infingimenti, spiega pure la sua “idea” in proposito: «L’idea – spiega il
ministro per le Imprese Adolfo Urso – è adottare un Codice nazionale degli
incentivi attraverso una razionalizzazione di quelli esistenti, andando a
vedere quelli che non funzionano e magari riducendoli anche di numero».
“Razionalizzare” o “cancellare”, ma quelli che “non
funzionano”. È chiaro che il governo prende la palla al balzo per rivedere a
proprio vantaggio, tenendo d’occhio la propria “clientela”, la distribuzione
dei soldi pubblici, tolti alla spesa sociale. E a questo proposito il ministro
Urso dice che: “L’obbiettivo è semplificare e omogeneizzare. Le sfide
globali di oggi hanno bisogno di risposte mirate e coerenti con un sistema
degli incentivi compiuto e coordinato che possa rappresentare un corpus
organico di regole, riferimento sia per i decisori pubblici che per le imprese”.
La “semplificazione” delle procedure che piace ai padroni si riferisce al “rilascio
del documento unico di regolarità contributiva (Durc) e della documentazione
antimafia”!
Questa operazione di “riordino” si presenta un po’ più complicata
per quanto riguarda le regioni visto che le “1.982 tipologie di incentivi” sono
“suddivise tra le 229 nazionali e le 1.753 regionali”. E anche qui ritorna la “clientela”,
ma a livello regionale. E siccome “Alcune regioni potrebbero risultare
penalizzate, altre invece avvantaggiate.” Allora si pensa a “specifici accordi programmatici”.
Insomma, siamo davanti ad una enorme ristrutturazione degli
aiuti di stato, che a loro volta servono alla ristrutturazione della
produzione, che servono ad agevolare la concorrenza dei padroni italiani a
livello internazionale.
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