lunedì 13 dicembre 2021

Editoriale - COSTRUIRE L'ORGANIZZAZIONE DEL PROLETARIATO - Partito comunista, sindacato di classe, organismi di massa - Dall'Introduzione del Convegno del 4 dicembre a Milano


Il nostro lavoro è volto a costruire quadri che siano dei rivoluzionari professionali in grado di dare una guida sistematica alla lotta dei lavoratori e dei movimenti in generale e indirizzarli verso l’obiettivo, che è il rovesciamento non solo di un governo ma dell’intero sistema. I governi passano e chi concentra tutta la sua attività contro l’ultimo governo è un ciarlatano, diceva Marx, perché illude i lavoratori che cambiando questo governo cambierebbe la loro situazione.

Negli ultimi anni siamo passati dal governo Renzi al governo che noi abbiamo definito fascio populista dei 5 Stelle e della Lega di Salvini, a un secondo governo Conte senza Salvini, e all’attuale governo Draghi che raccoglie tutti i partiti. Quattro governi che non hanno prodotto nessun reale cambiamento, che hanno amministrato l’esistente. E l’esistente è caratterizzato dal potere dei padroni, dal sistema capitalista e imperialista e ora anche dalla più grave emergenza sanitaria della storia degli ultimi 100 causata dalla pandemia di covid19.

Rispetto alle grandi questioni che hanno tormentano la vita dei lavoratori e

delle masse popolari i governi hanno tutelato gli interessi dei padroni, dei ricchi. Hanno tutelato le grandi banche, le grandi finanze. Hanno cercato di tutelare il settore del commercio e turistico, però anche qui salvaguardando essenzialmente i grandi proprietari, non certo chi vi lavora. 

Abbiamo avuto capi di governo diversi, quello attuale è un uomo importante rispetto ai recedenti che erano davvero poco importanti: Renzi, un oscuro burocrate, avventuriero politico allevato nei laboratori delle sezioni dell’ex PC, oggi organicamente simile ai partiti dei padroni; poi Conte, un oscuro avvocato di provincia promosso tutto ad un tratto primo ministro; e con loro un entourage di ministri provenienti fondamentalmente dalla piccola/media borghesia che non vedeva l’ora di mettersi a servizio dei grandi padroni e delle grandi ricchezze per la loro ascesa sociale e personale. Personaggi oscuri che hanno gestito la cosa pubblica nei limiti e nell’orizzonte degli interessi forti e della loro miseria politica, sociale e umana.

Rispetto a questi, Draghi ha rappresentato per i padroni una soluzione migliore, perché è il rappresentante dei banchieri europei, della finanza, un uomo inserito nell’Europa imperialista, tra i poteri che contano, coltivato attraverso un lungo percorso, dai Gesuiti fino alla BCE. È  evidentemente un uomo maggiormente in grado di affrontare le emergenze che ci sono. Intorno a quest’uomo si è costruita l’alleanza di tutti i partiti, sottomettendo gli interessi dei singoli partiti e delle fazioni sociali e politiche che rappresentano all’interesse generale, che in un sistema capitalista è sempre l’interesse dei capitalisti che hanno l’effettivo potere politico, economico e sociale in un paese come il nostro, così come in tutti gli altri paesi capitalisti.

Certo il governo Draghi è qualcosa di meglio e di più dei governi che l’anno preceduto, ma siamo sempre nel sistema politico in cui i governi sono frutto delle varie caste politiche che trovano accordi per tutelare i loro interessi o delle frazioni del capitale o dei settori della società che rappresentano. Sempre governi frutto di continue mediazioni interne volte a tutelare l’interesse di uno o dell’altro, in cui singoli partiti agiscono come ricattatori della politica generale. Un governo di questa natura apparentemente è più forte ma in realtà è un gigante dai piedi d’argilla: basta che uno dei partiti gli tolga la fiducia e può cadere.

Il bersaglio delle nostre lotte quindi non è un singolo governo con l’idea di avere un cambio di governo all’interno di questo sistema. di questo Stato, ma ogni singolo il governo, per accumulare la forza, l’esperienza necessaria, il programma, perché si metta in discussione non un governo ma l’intero sistema sociale in cui viviamo che ha il suo centro nell’apparato statale, che organizza la funzione di governo sia dal lato della gestione, sia dal lato, più fondamentale e in ultima analisi più determinante, della repressione delle lotte sociali, dell’opposizione politica fuori dal recinto dei partiti di governo, delle turbolenze, delle ribellioni che una società come la nostra produce continuamente, e quando non si ha possibilità di dare alle masse le briciole delle ricchezze accumulate si usa sempre e solo l’arma della repressione.

Ci interessa che vada via Draghi se ciò è frutto della lotta di massa che ponga con forza l’alternativa di un governo che rappresenti le masse e non più i padroni. Altrimenti al posto di Draghi verrà un altro, prodotto dai partiti legati maggiormente alle estrema destra, che sappiamo bene essere dei nemici irriducibili non solo dei lavoratori, delle masse popolari, ma in generale della democrazia, della pace, delle idee progressiste, di tutto ciò che c’è di buono che comunque questa società e le masse producono, per portarci nelle oscure tenebre della dittature reazionarie di cui il nostro paese è purtroppo stato teatro con il fascismo.

È nel nostro paese che è stato “inventato” il fascismo come dittatura aperta del grande capitale e dell’alleanza intorno al grande capitale di tutti i settori antiproletari. È stato inventato in Italia e si è generalizzato in altri paesi, secondo condizioni date in quei paesi e assumendo denominazioni diverse, dalla dittatura più truce, il nazismo, al franchismo. 

Il fascismo nel nostro paese non è mai una sorpresa, una novità, qualcosa che viene dall’esterno, è una cosa interna alla storia dell’Italia. Ogni volta che, a fronte di grandi crisi, il governo delle contraddizioni non può essere gestito con le normali regole della democrazia borghese, il grande capitale ricorrere all’arma del fascismo per imporre la sua dittatura esclusiva e oppressiva delle masse. Quindi il fascismo è sempre un pericolo in paesi come il nostro e soprattutto nei periodi di crisi. Dalla crisi l’imperialismo esce con la guerra, la reazione, e guerra e reazione richiedono un potere centralizzato, dittatoriale. una dittatura globale che la storia ci ha insegnato a chiamare fascismo. 

Certo il fascismo oggi non è quello degli anni 30, è il moderno fascismo, si veste di panni moderni, cavalca tigri e linguaggi che non sono esattamente quelli del passato – anche se una parte delle forze nel nostro paese pensa invece di riproporre in forma aggiornata una dittatura simile a quella del passato. Il moderno fascismo non è un’invenzione nuova, non è una cospirazione, è l’esito politico-sociale di una crisi che l’imperialismo e il grande capitale non sono grado di risolvere con altri mezzi ed è chiaro che l’avanzare del moderno fascismo rende più difficili le lotte sociali e politiche. La democrazia borghese resta un terreno migliore per le lotte, anche se nella democrazia borghese il potere del capitale riesce comunque, con una dittatura coperta, a mantenere il suo sistema.

Quindi il rovesciamento del governo Draghi non deve portare al potere i fascisti. 

Noi siamo solidali con tutti quei lavoratori che scendono in lotta contro Draghi, ma sappiamo bene che bisogna chiedere e avere di più per potere non solo mettere in discussione questo governo ma avere la forza materiale perché non sia possibile un governo ancora peggiore e, nello stesso tempo, accumulare forze tali da mettere in discussione ogni governo dei padroni e il loro sistema.

Perciò, quando parliamo di organizzazione politica, organizzazione sindacale, di organizzazioni delle donne proprietarie, femministe, rivoluzionarie, dobbiamo pensare a organizzazioni che lottano e finalizzano il loro lavoro verso questo obiettivo.

Questo non è facile. Ancor più in un paese che ha subito una profonda crisi di quello che era il partito d’opposizione prodotto dalla storia della lotta di classe nel nostro paese, il partito comunista, che ha come sua figura più rappresentativa nella storia Antonio Gramsci, dirigente comunista che ha contribuito a edificare il pensiero giusto per costruire un partito comunista e fare la rivoluzione in un paese come il nostro, e a cui qualsiasi organizzazione comunista che nasca nel nostro paese non può che riferirsi.

Abbiamo avuto un partito comunista che negli anni dai Resistenza è riuscito a rovesciare il fascismo. Quando c’è il fascismo, occorre rovesciarlo e il rovesciamento del fascismo non è facile, è ancora più difficile che lottare sotto la democrazia borghese. Sotto il fascismo sono vietate le organizzazioni politiche comuniste, sono perseguiti i comunisti, sono vietate le organizzazioni sindacali di classe, sono accettate solo quelle compatibili con la strutturazione dello Stato neo-corporativo del fascismo, e i diritti delle donne sono calpestati secondo un’ideologia una cultura e una prassi che afferma il più feroce patriarcalismo e la riduzione delle donne ad “angeli del focolare”, private dei loro diritti elementari come persone, per non dire come genere.

Noi dobbiamo costruire un’organizzazione politica, un sindacato di classe, un fronte unito, un movimento delle donne che abbiano per finalità la rivoluzione, che abbiano una prassi conseguente a questa prospettiva storica. Questo è il punto del lavoro che oggi facciamo, ma anche del lavoro che abbiamo provato a fare negli anni passati e che proveremo a fare negli anni futuri.

È giusto usare la parola “provarci”, perché la rivoluzione non sta scritta sui libri, non basta applicare un manuale per fare le rivoluzioni. Non è mai stato così e certo non può esserlo oggi. La rivoluzione passa attraverso ripetute prove, tentativi, esperienze e sconfitte, sconfitte che permettono di trovare la strada giusta. La rivoluzione ha lo scopo di percorrere un sentiero luminoso che cambi radicalmente la società da cima a fondo ma la via di questo sentiero luminoso è tortuosa, è piena di avanzamenti e arretramenti, di esperienze negative e positive.

La rivoluzione è sempre una prova, non è mai una cosa certa, scritta in un documento di un partito, enunciata dalla voce di un profeta. Non è mai stato così. Noi dobbiamo avere la passione di provarci, di percorrere la strada e, nell’avere questa ambizione, dobbiamo metterci a servizio del popolo, perché servire il popolo con tutto il cuore è l’unico motivo per cui uno si possa dire comunista. Non esistono i comunisti della penna, anche se gli scritti servono, o i comunisti della cattedra, anche se serve la formazione che deve essere alta e non volgare, involgarita, bassa, che cavalca solo le parole d’ordine che più facilmente possono essere comprese dalle masse, considerate plebe senza testa.

Abbiamo bisogno di intellettuali di alta formazione, abbiamo bisogno di chi scriva. perché è ciò che scriviamo che permette di formare sistematicamente la coscienza e gli argomenti della lotta di classe. Ma abbiamo bisogno soprattutto di chi si mette al servizio delle masse, della classe e del popolo in generale, che trovi in ciò la sua ragione di vita ma anche la sua gioia, la sua speranza, una vita che valga la pena di essere vissuta.

In questo senso i comunisti non possono assomigliare ai burocrati dei partiti, neppure di quelli che si definiscono comunisti che, in giacca e cravatta o anche quando sono scamiciati, hanno il culto di sé e non del popolo. Il culto di sé e non l’amore per le masse. Amore per le masse che non può che ispirare un odio senza confini, un odio di classe verso i nemici. Odio e amore sono due categorie che nelle mani del materialismo dialettico, della scienza proletaria, permettono di realizzare imprese impossibili che si chiamano rivoluzioni.

Le grandi rivoluzioni ci sono state: la Comune di Parigi, la Rivoluzione d’ottobre, la Rivoluzione cinese, la Grande rivoluzione culturale in Cina. i grandi moti dei fronti di liberazione nei paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, i tanti compagni che sono morti per questi obiettivi e che hanno comunque segnato una pagina storica non solo nel proprio paese ma nell’intero movimento operaio e comunista e dell’umanità in generale.

Se questi compagni avessero vinto, noi non avremmo avuto le crisi, non avremmo avuto la pandemia, perché la pandemia non è un accidente della storia, non è una casualità, è dentro questo sistema, è il prodotto perverso del sistema – pur se il sistema non vuole le pandemie, vuole tutt’altro perché le pandemie non devastano solo la vita delle persone, devastano l’economia, la società in generale, in qualche maniera riportano indietro la ruota della storia e neanche i grandi capitalisti vogliono che la ruota della storia torni indietro.

I comunisti al servizio del popolo non sono dei predicatori, incarnano la loro attività soprattutto nel dare strumenti agli operai, ai lavoratori, alle masse, per difendere i loro diritti, i loro interessi. Perché, se non c’è una lotta quotidiana per difendere dei loro diritti come puoi pensare di avere poi tutti i diritti, di conquistare addirittura un mondo diverso. Per questo il sindacato è un’organizzazione assolutamente indispensabile, non solo per la lotta dei lavoratori ma per la rivoluzione. Un sindacato che deve servire a costruire organizzazione e coscienza dei lavoratori. Non si può stare tutta una vita a difendere 10 lire di salario, a difendersi un posto di lavoro continuamente messo in discussione. 

Bisogna con la lotta costruire una condizione, una forza perché il lavoro salariato non sia mai più una condizione naturale per i lavoratori. I diritti il lavoro, la salute, la dignità, la libertà sono questioni indispensabili alla vita, sono l’aria che respiriamo e non possiamo considerarle delle concessioni del padrone che ci dobbiamo conquistare ogni giorno. Questo sistema ci costringe a questo ma il nostro scopo è di costruire un sistema in cui tutto ciò sia assicurato e sia possibile guardare in alto, guardare alla soluzione delle grandi problematiche che questo sistema ha creato: la distruzione ambientale, le pandemia; un sistema odioso per molti aspetti della vita quotidiana, sociale, dove ogni giorno dobbiamo assistere a brutture senza limiti, a barbarie perpetrate contro le masse e tra le stesse masse intossicate dall’ideologia borghese o deviate dalla loro aspirazione a non accettare l’esistente verso mentalità reazionarie che diventano poi fatti devastanti nelle stesse file delle masse.

In questo senso, il nostro lavoro non si può limitare alla lotta sindacale quotidiana, perché a ogni l’avanzamento degli operai corrisponde una contro-risposta dei padroni, mentre ad ogni avanzamento degli operai noi dobbiamo avere più forza, più coscienza per rispondere non solo al nuovi attacchi dei padroni ma per accumulare le armi ideologiche, politiche, organizzative per essere più forti, fino a diventare più forti dei padroni.

È un problema difficile. Uno slogan degli anni 70 diceva “Resistere un minuto più del padrone”. Non sembra un obiettivo difficile ma in realtà vediamo che molto difficilmente si riesce a resistere un minuto in più del padrone. Proprio nei giorni scorsi abbiamo letto della Whirlpool di Napoli, una fabbrica chiusa dalla multinazionale Whirlpool nel quadro delle delocalizzazioni che le grandi multinazionali fanno per trovare lavoratori ridotti sempre più a schiavi da sfruttare a costi sempre più bassi. Ebbene questa fabbrica per anni ha lottato contro la chiusura, ha lottato con tutti i mezzi necessari ma due giorni fa ha fatto un accordo per cui tutti hanno soldi, tutti tranne 4. Si sa che fra lavoratori, quando ci sono crisi occupazionali c’è qualcuno che si cerca un altro lavoro e che se gli offri una cifra se ne va. Ma qui tutti hanno accettato, si sono riuniti e hanno deciso di accettare i soldi e non continuare la lotta, in una fase in cui peraltro questa lotta aveva messo in moto tante energie che la sostenevano e  aveva trovato altre fabbriche che stanno seguendo, anche meglio, lo stesso percorso. Ma alla fine, accettando i soldi si riduce una grande lotta a una vicenda individuale, un’esplicita subordinazione alle leggi e capitale. Questa lotta, che pure era forte, non ha resistito un minuto più del padrone. 

Anche queste battaglie ci insegnano che purtroppo l’attuale movimento sindacale, l’attuale società politica, non sono in grado di dare una sponda, forza ai lavoratori in modo che possano superare i limiti delle loro difficoltà soggettive e individuali. Il sindacato di classe che si deve costruire, che là dove siamo ci sforziamo di costruire, è una forma della lotta dei lavoratori fondamentale anche per la trasformazione sociale, per costruire quell’esercito invisibile che quando diventa forte diventa l’esercito visibile capace di rovesciare ogni potere.

Questo è già avvenuto nella storia: Il popolo unito non può essere battuto, le masse in lotta e anche armate non perdono mai; o, meglio, se perdono, insegnano agli altri la strada da percorrere, cosa che non avviene oggi nella normale quotidiana vicenda sindacale, se non in embrione.

Ci serve un sindacato di classe, ma questo sindacato di classe deve avere un indirizzo politico, non dei capi politici che lo comandano, ma con indirizzo politico che permetta ai lavoratori di fare tesoro della lotta e degli avanzamenti. 

Purtroppo, anche nell’universo del sindacalismo che non accetta il dominio dei sindacati confederali, è penoso vedere compagni che attivano sindacati di base e poi ne diventano i capetti, custodi di un feudo, e non praticano l’unità. I lavoratori hanno invece bisogno sempre di dignità e non di divisioni feudali travestite da sindacalisti di base.

La necessità di un’organizzazione politica della classe operaia, che noi dobbiamo continuare a chiamare Partito Comunista è una necessità storica che dobbiamo incarnare, in una strada che dobbiamo percorrere. Dobbiamo percorrerla come tutte le grandi rivoluzioni.

Non solo la rivoluzione sociale, anche tutte le rivoluzioni scientifiche, le rivoluzioni in tutti i campi, sono partite da un inizio, da un gruppo che sperimenta, prova, guidato dalla scienza, per trovare l’applicazione vincente. È la strada di un piccolo gruppo che si allarga e diventa un autentico partito. È la strada di un sindacato di classe che parte da alcune esperienze diventa un grande sindacato di classe. È la strada di un movimento delle donne che diventa un fattore permanente di lotta, contraddizione nella società, nella società politica, società civile e nella lotta di classe tale che il ruolo delle donne non possa mai più essere messo in discussione e diventi la forza poderosa della rivoluzione. Questo è è possibile ed è necessario.

Finalizzare la lotta al fine del rovesciamento non di un singolo governo ma dello Stato e del sistema è la ragione di quello che facciamo, Per noi non esiste una cosa detta che non si trasformi in fatti. Saremmo dei demagoghi, degli inganna-popolo se quello che diciamo non lo trasformassimo in fatti, in fatti collettivi ma anche personali. I comunisti non si possono nascondere dietro la condizione oggettiva e soggettiva, devono dare il proprio, devono metterci il loro, perché il comunismo non è una società omologata di sudditi, ma una nuova società in cui tutti coniughiamo la libertà individuale, la coscienza individuale con la coscienza sociale, che è il valore aggiunto della nostra libertà e coscienza individuale.

Ciò richiede non “soldatini” ma soldati della rivoluzione. di un “esercito della rivoluzione” che non è come un esercito borghese ma un esercito in grado non solo di rovesciare il sistema e le forze armate avversarie ma anche di essere l’ossatura del nuovo Stato proletario 

Una rivoluzione non è un’attesa di una ribellione né tanto meno un incitamento alla rivolta, è un piano che ha delle caratteristiche che permettono una verifica misurabile del lavoro che si fa.

È questa caratteristica di lavoro oggettivo e misurabile che ci permette di dire se stiamo avanzando, stiamo arretrando, stiamo crescendo o stiamo ancora allo stesso punto. 

Piani che verificano anche se le cose che diciamo hanno un senso e si incarnano nella pratica. Perchè è la pratica della trasformazione l’unica forza motrice di un processo che possiamo definire rivoluzionario

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