CHI PREDICA BENE E RAZZOLA MALE: L'INCHIESTA TERRA ROSSA E IL CASO "DI BARI".
Il senso comune non sempre è uno strumento ottimale per analizzare la realtà, ma ci sono alcune occasioni in cui riesce, invece, a coglierne l’essenza con poche semplici parole.
È il caso del proverbio “predicare bene e razzolare male”. Applicato alla vicenda dell’ormai ex capo dipartimento immigrazione del Viminale Michele di Bari, dimessosi a seguito dell’inchiesta “Terra Rossa” che ha visto coinvolta la moglie, Rosalba Livrerio Bisceglia, con accuse di caporalato, spiega, infatti, molto se non tutto.
Michele Di Bari ha un curriculum da uomo forte (con i deboli), di tutto rispetto: ex prefetto di Reggio Calabria con chiare simpatie fasciste, dispensatore di fogli di via e repressione varia, amico intimo di Salvini, che al ruolo da poco abbandonato (da cui, in assoluta continuità, i governi successivi si sono ben guardati dal rimuoverlo) lo aveva nominato nel 2019, è originario di Mattinata, comune del Gargano di cui è stato sindaco ed è tutt’ora eminenza grigia; è, si dice, finanziatore di Forza Nuova, di cui, da Prefetto di Modena, autorizzò un corteo, ribaltando la decisione del sindaco di vietarlo. D’altronde il fil rouge che lega la repubblica al ventennio (anche in termini di razzismo) è bello lì da vedere, se uno ha gli occhi.
Insomma uno dei fautori del regime concentrazionario, sempre più inaspritosi in questi anni, con cui si sono voluti gestire i flussi migratori nel nostro paese. Da una parte, dall’altra, come un Giano bifronte, fautore di quel sistema dell’accoglienza che, da dietro il paravento una retorica pietista da libro cuore, in questi anni ha lucrato in ogni modo sulle vite degli e delle immigrat. Politicamente, insomma, uno dei maggiori responsabili di tutti gli sgomberi e delle altre innumerevoli tragedie che i lavorator migranti hanno subito negli ultimi anni.
Ma, a quanto pare, gli immigrati a questa gente fanno schifo solo quando c’è da fare campagna elettorale, perchè poi quando si tratta di sfruttarli nelle proprie aziende vanno benissimo.
Il circolo che lega Di Bari e Bisceglia allo sfruttamento dei lavoratori è, infatti, oltre il vizioso. Basti pensare che fra le accuse dell’inchiesta c’è anche quella di aver fornito ai lavoratori, sempre a mezzo dei caporali intermediari, istruzioni su come eludere i controlli di polizia (manco Di Bari lavorasse al Viminale...ops!) e che questi lavoratori fossero reclutati fra quelli residenti nell’ex pista di Borgo Mezzanone, insediamento che si trova proprio nel comune di Manfredonia, come, anche questo sarà un caso, quella Mattinata di cui, come dicevamo, Di Bari è stato sindaco ed eminenza grigia (o nera?). A quanto pare, però, da Mattinata Borgo Mezzanone diventava visibile solo quando c’era da buttare giù case al grido di "Sgombero!".
In ultimo, ricordiamo che proprio la retorica giustizialista e poliziesca si riempie da sempre la bocca di “caporali” e “lotta al caporalato”. Se, da un lato, va sempre rimarcato come i caporali siano solo un aspetto marginale del problema dello sfruttamento dei lavoratori immigrati, è bello (no, non è vero, fa schifo) notare come proprio chi più di tutti l’ha promossa poi non si facesse scrupoli a farne uso.
Insomma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la vicenda dell’inchiesta “Terra Rossa” ha di nuovo sollevato il velo dell’ipocrisia e delle bugie che le istituzioni tutte (ma proprio tutte eh, nonostante oggi, solerte, Mimmo Lucano ci ricordi quanto, prima dell’arrivo di Di Bari, lui lavorasse in corrispondenza di amorosi sensi con la prefettura di Reggio) ogni giorno raccontano sullo sfruttamento dei braccianti, sui ghetti e sulla gestione delle politiche migratorie.
Predicare bene (ma quanto, poi?) e razzolare male è, per loro, una consuetudine.
Solo chi lotta, invece, fa tutto bene, perché solo la lotta paga!
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