Da giorni stiamo seguendo, anche se non l’approfondimento che merita, ciò che accade nel Mali e nel Sahel in generale.
Abbiamo emesso nelle scorse settimane un comunicato/dichiarazione pubblicato da questo blog, e siamo sempre da settimane lavorando perché ci sia una dichiarazione congiunta con i compagni francesi impegnati contro l’intervento imperialista francese, così come noi denunciamo e siamo impegnati contro il crescente intervento militare italiano.
Nello stesso tempo va considerato che la questione Sahel è al centro dell’attenzione in Germania e quindi in tutta Europa. Il 6 luglio Nils Schmid, deputata e portavoce della SpD per le questioni internazionali al Bundestang, ha dichiarato: “Spetta alla Francia e alla Germania evitare che riemerga lo scenario afghano, una lunga lotta anti terrorista senza un vero sbocco politico. Contrariamente alle operazioni anti jihadista in Afghanistan e in Iraq, dirette dagli Stati Uniti, la Francia e alla Germania portano la responsabilità principale di ciò che accade nel Sahel. Noi non possiamo… ritirare le nostre truppe come se niente fosse”.
Questa dichiarazione, quindi, richiama l’Afghanistan e l’Iraq e rende evidente quello che è e può diventare la polveriera Mali.
Per quello che succede all’interno, l’ultima notizia è quella delle dimissioni di Karim Keita, figlio del
presidente… “noto per il suo stile di vita lussuoso e il coinvolgimento in diversi scandali di corruzione, Keita è stato uno dei bersagli principali delle proteste in corso nel paese”. Proteste represse nel sangue, proteste di carattere popolare su cui, si dice, sia forte l’influenza delle formazioni islamiche armate. Presenza islamica che è il pretesto dell’intervento imperialista francese, della creazione della task force “Takuba” che raccoglie intorno all’imperialismo francese gli eserciti governativi di Sahel, Burkina Faso, Ciad, Niger, Mali e Mauritania. E’ questo raggruppamento che vedrà la partecipazione dell’Italia in azioni definite di “assistenza militare e capacity building”.
Quindi, l’Italia va ad inserirsi in questa nuova guerra, come se non bastasse il pantano Libia in cui gioca un ruolo di prima fila, a perdere finora.
Ma la “lotta al terrorismo e al traffico di droga” è una foglia di fico. E’ un lungo articolo, apparso su Sole 24 ore del 12 luglio, a chiarire che c’è ben altro in discussione. In sintesi, questa zona è diventata ricca di materie prime: gas, miniere d’oro, cobalto, diamanti. E l’imperialismo osa parlare di “risorse naturali entrate nel mirino dei fondamentalisti islamici che non mirano solo al controllo delle ricchezze, ma che sono lì per fare proselitismo”? Quale ignobile ipocrisia!
Loro che rapinano da sempre queste terre creando miserie e guerre, che controllano e fanno e disfanno governi loro servi, in un neo colonialismo infinito, creando le condizioni della gigantesca ondata di migrazione che si riversa nei lager e nei porti libici, osano parlare di “lotta al terrorismo”, quando è noto che i veri terroristi e affamatori dei popoli sono loro.
Per questo è importante lottare a fondo all’interno dei nostri paesi contro l’intervento imperialista e in primo luogo contro il nostro intervento imperialista, sapendo bene che tutti i partiti di governo e di opposizione su questo sono dalla stessa parte.
Ma internazionalismo è essere solidali con chi in questi paesi combatte con le armi le truppe imperialiste, ed essere solidali e accoglienti verso i migranti che da questi paesi provengono, della cui condizione, vita, morte presente e futura sono i nostri governi, i nostri Stati, i nostri padroni i responsabili.
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