Lamorgese ha parlato per prima del rischio di tensioni sociali in autunno, perché: “a settembre, ottobre vedremo gli esiti di questo periodo di grave crisi economica”.
Se le proroghe della cassintegrazione/Fis e il blocco dei licenziamenti sono sembrate misure volte ad attenuare nelle fila operaie e proletarie la tensione sociale, la verità è che la cassintegrazione risulta tuttora non pagata per oltre 100mila lavoratori e lavoratrici e il blocco dei licenziamenti sembra essere una generica “foglia di fico” di aziende grandi, medie e piccole che comunque programmano licenziamenti e non intendono rispettare il blocco.
Ma i dati effettivi che preoccupano padroni e Ministero degli Interni sono quelli di un terzo delle imprese che potrebbero chiudere i battenti e di 10,5 milioni di lavoratori che hanno i contratti nazionali scaduti. Tra essi vi è quello di un milione e mezzo di metalmeccanici, un contratto su cui è calato il silenzio ma che sotto traccia parte da due posizioni ancora lontane tra padroni e sindacati. La richiesta di 153 euro lordi – questa sì poco più di un quinto di quello che realmente i lavoratori hanno perso in salari ordinari – viene ritenuta insostenibile dai padroni; e si parla di lavoratori regolarmente contrattualizzati, ma sappiamo bene che ci sono centinaia di migliaia di lavoratori precari e non contrattualizzati.
E per finire, la cassintegrazione Covid è quasi un dimezzamento del salario effettivo dei lavoratori.
Se questo quadro rende chiaro perché è prevedibile, e da noi auspicato, un autunno caldo, va respinto nettamente che sia il Ministro degli Interni ad occuparsene. Perchè questo vorrebbe dire una chiara
volontà di padroni e governo di usare i divieti, la repressione, le intimidazioni contro le legittime lotte dei lavoratori e la volontà di trasformare le lotte sociali in problemi principalmente di ordine pubblico.
Proprio per questo la richiesta di Conte di rinnovare lo stato d’emergenza per 6 mesi – poi si sta parlando di fine ottobre e altri parlano di ulteriore delimitazione – appare più legata alle dichiarazioni del Ministero degli Interni piuttosto che all’esigenza di fronteggiare l’attuale stadio della pandemia o un suo ritorno di fiamma proprio in autunno.
Chiaramente nel denunciare questo è necessario che i comunisti, il movimento di lotta dei proletari e i settori progressisti sappiano ben distinguere la sfrenata posizione della destra e dell’estrema destra che nega la pandemia, alla maniera di Trump e Bolsonaro e vuole cavalcare la tigre dello scontento di massa per far cadere il governo e imporne un altro con i pieni poteri all’asse Salvini/Meloni e loro alleati espliciti Berlusconi o impliciti Renzi e parte dei 5stelle, a cui guarda con interesse la Confindustria di Bonomi e Bonometti fascista dichiarato.
La pandemia dilaga nel mondo e quindi attraverso il suo circuito già è ben presente e può riaccendersi anche nei luoghi in cui è stata ridimensionata, come l’Italia. Nel nostro paese vi sono ben 636 focolai attivi e alcuni di grande pericolosità, come quelli in atto tra i lavoratori della logistica – Bartolini, Tnt e la grave situazione dei macelli di Mantova – e, su questo, noi siamo per misure sanitarie rigide, e non condividiamo, da questo punto di vista, l’attenuazione delle decisioni governative in diversi campi. L’emergenza sanitaria per noi permane, siamo contro gli scienziati attenuatori per conto di padroni e politicanti reazionari; siamo perché le misure per potenziare la sanità pubblica in tutti i suoi aspetti, a partire da massicce assunzioni, vengano attuate con lo stile dell’emergenza; così come non venga abbassata la guardia, senza aspettare contagi, nella lotta dei lavoratori in fabbrica, nei posti di lavoro sul fronte salute e lavoro in sicurezza.
L’emergenza a cui noi pensiamo, quindi, non coincide affatto con quella a cui pensa il governo – e anche qui non ci sono scienziati che tengano perché i poteri, questi sì pieni, sono nelle mani dello Stato, dei suoi apparati repressivi.
Ci pensa a chiarire ulteriormente il senso della cosa un’intervista apparsa sul Messaggero al presidente del Cobasir. Questo organismo, occulto ai più, è il vero agente pratico dell’uso dei piani di emergenza ai fini della repressione e dell’applicazione della dittatura poliziesca e giudiziaria della borghesia. Basti pensare che è stato il Cobasir a definire in piena pandemia quali erano le industrie da considerarsi strategiche e che per nessun motivo erano da chiudere perché altrimenti sarebbe stata minata la sicurezza nazionale. Esiste, quindi, un legame diretto tra padroni e i gestori delle grandi industrie belliche – Leonardo, Finmeccanica, ecc. - e Cobasir.
Raffaele Volpi che ne è il presidente è della Lega di Salvini, quindi, il Cobasir risponde agli interessi di un governo ombra di fatto che va bel al di là dell’attuale governo. E Volpi interpreta bene in questa intervista questa sua doppia figura. Da un lato, come leghista, sembra essere critico verso la proroga dello stato d’emergenza, ma dall’altro, definisce subito l’emergenza reale a cui bisognerà opporsi: “E’ chiaro che questo è un momento particolare e vi possono essere reazioni eversive. Un conto è la protesta, un altro le contestazioni che possono sfociare in violenze”. E perché non ci siano equivoci aggiunge: “Io il ‘77 l’ho vissuto. Ci vuole poco perché le contestazioni riportino a quel clima legato alle Brigate rosse”, poi, alla domanda se ci sono allarmi particolari, prima parla degli anarco-insurrezionalisti per giustificare i recenti arresti, ma subito dopo parla delle situazioni esistenti nelle grandi città, del mancato sostegno al reddito per tante categorie, della mancanza di lavoro”. Lui “auspica” che si sia uno “sfogo democratico”, con il parlamento che, secondo lui, va rafforzato proprio come “sfogo democratico”. Ma chiaramente in questo quadro le dichiarazioni del Cobasir fanno il paio con quelle della Lamorgese.
Dal punto di vista di proletari comunisti è evidente che anche a noi tocca affrontare su due piani la questione.
Riconoscere l’emergenza sanitaria che permane significa dire NO ad ogni proroga dello stato di emergenza, dire SI alla revoca dei decreti sicurezza, rivendicare il NO dell’intervento della polizia in occasioni di scioperi, manifestazioni operaie e proletarie, riprendersi il diritto di sciopero e di manifestazione contro ogni divieto e limite.
Ma nello stesso tempo mettere sotto il mirino politico-sociale lo Stato borghese, i suoi apparati, i suoi uomini; denunciare la loro funzione effettiva come forma della dittatura borghese e dell’avanzata del moderno fascismo. Le dichiarazioni del Cobasir dimostrano che c’è un legame, ad esempio, tra la repressione contro gli anarchici e lo scopo in cui essa è inserita da parte dello Stato borghese. Questo spiega per noi la funzione specifica che assumono strumenti come Soccorso rosso proletario, l’importanza del fatto che il legame lotta/repressione sia contenuto in varie forme nella piattaforma del Patto d’azione; così come che ci sia stata una buona mobilitazione nazionale solidale in occasione dell’intervento delle forze dell’ordine contro gli operai della Tnt in lotta, che è stata una vera e propria operazione di carattere militare.
Dobbiamo essere in grado di dire, senza che risulti una minaccia vuota, che la repressione non ferma ma alimenta la ribellione.
Seminate vento, raccoglierete tempesta!
proletari comunisti - PCm Italia
15 luglio 2020
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