CSA Magazzino47 – Associazione Diritti per tutti – Kollettivo Studenti In Lotta – Barrio Campagnola – CSA DORDONI – MovimentoPavia – ControTendenza Piacenza
Ripercorriamo cronologicamente alcuni degli avvenimenti che hanno interessato le nostre zone, in particolare #Bergamo, #Lodi, #Brescia, #Piacenza, nel periodo compreso tra febbraio e aprile, durante il dilagare della pandemia. Si tratta di avvenimenti che rappresentano drammaticamente una gestione del tutto inadeguata dell’emergenza sanitaria da parte delle istituzioni di tutto il nord Italia e che mettono in mostra i rischi che tuttora corriamo:
20
febbraio l’ospedale di Codogno (Lodi) è stato chiuso al pubblico dopo
che a un trentottenne è stato diagnosticato il Coronavirus.
21
febbraio: Codogno diventa immediatamente zona rossa e lo resterà fino
all’8 marzo, il sindaco ha
chiuso scuole ed esercizi commerciali.
chiuso scuole ed esercizi commerciali.
22
febbraio: all’ospedale di Alzano Lombardo (Bergamo) vengono fatti i
primi due tamponi, ma più pazienti con polmoniti interstiziali erano nei
reparti già dal 10 febbraio segnalano fonti interne. Le vittime e i
parenti sono a contatto senza che venga presa alcuna precauzione. A
nessuno dei parenti dei contagiati viene suggerito di mettersi in
quarantena. Il contagio dilagherà inarrestabile nei giorni successivi.
23
febbraio: il Pronto soccorso di Alzano Lombardo chiude per poche ore
nel pomeriggio, poi viene sorprendentemente riaperto, si continua a
lavorare senza percorsi differenziati e la sanificazione del Pronto
Soccorso viene descritta come inadeguata dagli stessi lavoratori
dell’ospedale, i quali devono anche fare turni massacranti nella totale
scarsità di dispositivi di protezione individuale. Moltissimi tra
medici, infermieri e personale degli ospedali contraggono il virus.
Il 24 febbraio una paziente minorenne ricoverata in Psichiatria a Alzano risulta positiva al tampone.
Il 24 febbraio una paziente minorenne ricoverata in Psichiatria a Alzano risulta positiva al tampone.
Il
25 febbraio il Direttore sanitario Marzulli scrive “in queste
condizioni il Pronto soccorso di Alzano Lombardo non può restare aperto”
, ma questo non servirà a far cambiare idea all’Assessorato al Welfare
della Regione Lombardia.
La sottovalutazione di ciò che sta succedendo nella bergamasca fa sì che nessuno ancora valuti l’istituzione della zona rossa che invece è già entrata in vigore a Codogno e nei Comuni limitrofi e a Vò Euganeo in Veneto.
In Consiglio regionale il Presidente Fontana invita a non drammatizzare: “il virus è poco più di una normale influenza”. Le voci istituzionali si uniscono al coro delle leghe padronali che portano avanti il più ottuso negazionismo, mentre le vittime e i contagi aumentano di giorno in giorno.
28
febbraio: Confindustria diffonde il video #Bergamoisrunning e in
contemporanea Confcommercio produce un altro video #BergamoNonSiFerma,
accolto dal plauso del sindaco di Bergamo Gori, che offre, al prezzo di
una sola corsa, trasporti gratuiti per affollare il centro città. Lo
stesso atteggiamento è condiviso da altri personaggi in vista, come il
sindaco di Milano Giuseppe Sala. Anche in altre città, come per esempio
Piacenza, le istituzioni girano il video #PiacenzaNonSiFerma. Diventa
sempre più chiara la responsabilità di enti locali e imprese nella
diffusione incontrollata del virus.
Salvini grida che bisogna riaprire tutto e Zingaretti va a farsi un aperitivo a Milano (risulterà in seguito positivo al Coronavirus… Per lui il tampone era a disposizione).
Salvini grida che bisogna riaprire tutto e Zingaretti va a farsi un aperitivo a Milano (risulterà in seguito positivo al Coronavirus… Per lui il tampone era a disposizione).
2
marzo: Il numero dei contagiati nella Val Seriana (provincia di
Bergamo) è talmente alto che, con enorme ritardo, una relazione
dell’Istituto Superiore di sanità suggerisce di istituire una zona
rossa. Nella stessa relazione dell’Iss è contenuta l’indicazione di
istituire una zona rossa anche nel paese di Orzinuovi (provincia di
Brescia), dove la diffusione dei contagi è altrettanto preoccupante.
4
marzo: arrivano militari e forze dell’ordine per gestire la chiusura
dei comuni di Alzano e Nembro, la voce della zona rossa rimbomba
ovunque. Ma la decisione ufficiale non arriva.
5
marzo: il sindaco di Alzano, Bertocchi (Lega), dichiara: “Creare una
zona rossa sarebbe un enorme dramma per il nostro tessuto economico”.
Forti pressioni vengono fatte dalle associazioni degli industriali più
forti sul territorio, Confindustria e Assolombarda in testa.
7
marzo: Il Presidente del Consiglio Conte annuncia una zona arancione
unica in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. In Val Seriana non viene
adottata nessuna misura particolare. Nella notte, prima che entri in
vigore il Decreto, dal nord partono in migliaia verso le altre Regioni
d’Italia.
8
marzo: una circolare della Regione Lombardia stabilisce che pazienti
Covid devono essere spostati nelle RSA, creando focolai con un altissimo
tasso di mortalità. Il Sistema Sanitario Nazionale è già al limite:
anni di tagli alla sanità pubblica si riversano ora sulle vite delle
persone.
9 marzo: le misure applicate al nord Italia vengono estese all’intero Paese.
10
marzo: Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana annuncia
il conferimento all’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso
dell’incarico di sovrintendere all’allestimento, all’interno dei locali
di Fiera Milano, di un polo ospedaliero completamente dedicato ai malati
di Covid. I posti letto previsti sono 400, i tempi di realizzazione una
settimana.
15
marzo: Bertocchi, Sindaco di Alzano Lombardo, dichiara: “Volevamo la
zona rossa, nessuno ci ha ascoltato”, contraddicendo le sue stesse
dichiarazioni della settimana precedente.
22
marzo: con un DPCM vengono sospese tutte le attività industriali e
commerciali non essenziali nell’ambito dell’emergenza. Oltre al
clamoroso ritardo dovuto alla continua mediazione con gli interessi di
Confindustria, occorre sottolineare come i settori classificati come
“non essenziali” sono stati meno di quelli che avrebbero dovuto essere:
su 23 milioni di lavoratori solo 8 milioni hanno visto una breve
sospensione dal lavoro. L’Italia, in realtà, non si è mai fermata.
Sempre in questi giorni, l’Italia supera la Cina per il numero di
vittime da Covid-19.
31
marzo: viene inaugurato, in pompa magna, con una conferenza stampa
affollata e noncurante delle distanze di sicurezza, l’ospedale Covid di
Milano Fiera. È costato 21 milioni di euro per ospitare appena 20
malati, contro le centinaia annunciate, per mancanza di personale medico
specializzato.
6
aprile: la Procura di Bergamo apre un’indagine per epidemia colposa e
sequestra cartelle e documenti all’interno dell’Ospedale Fenaroli di
Alzano Lombardo. Nelle settimane successive, anche la procura di Milano
inizierà a indagare sulla gestione dell’epidemia nelle RSA meneghine, a
partire dal caso del Pio Albergo Trivulzio.
7
aprile: Gallera in merito alle mancate zone rosse in provincia di
Bergamo e di Brescia dichiara:“Ho approfondito, effettivamente c’è una
legge che lo consente”. La credibilità delle autorità locali nella
gestione della crisi sanitaria crolla completamente.
Oggi
sui giornali, in televisione e nei discorsi dei politici si parla solo
di Fase 2 e ripartenza. Il presidente del Consiglio Conte ha anticipato i
contenuti del DPCM che sarà attivo dal 4 maggio 2020.
Bisogna
evitare che la discesa della curva si traduca in un tragico “dejà vu”
della tragedia che i nostri territori hanno vissuto nella fase
ascendente della pandemia. Perché, alle condizioni attuali, il riavvio
totale della produzione che abbiamo letto per mesi sulla carta stampata e
che ora è stato ufficializzato dal Governo suona come una minaccia
intollerabile. La #Lombardia ha già pagato un prezzo altissimo, dovrà
rivivere gli stessi errori una seconda volta? Continueremo a vedere la
continuità produttiva anteposta alla salute pubblica? Il governo della
Regione continuerà ad adottare questa disastrosa gestione
dell’emergenza? Il Governo Conte continuerà a sacrificare la salute
delle persone per garantire agli industriali e ai grandi imprenditori i
loro profitti? Urgono misure diverse, prima ancora dei comportamenti
individuali, il grande problema sono le masse di persone obbligate ad
andare a lavorare, molto spesso senza il rispetto delle condizioni di
sicurezza.”
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