ALLA BREMBO SPALANCANO LE PORTE, FANNO VADEMECUM... MA NON SCRIVONO COME SI CONCILIA DIFESA DA CONTAGIO CON I RITMI E LA PRODUTTIVITÀ.
ALLE CONDIZIONI DEI PADRONI NON CI PUÒ ESSERE SICUREZZA
Brembo spa, dischi e sistemi frenanti, multinazionale presente con importanti impianti anche in Cina. Una delle aziende che ha preso atto direttamente sul campo degli effetti del coronavirus in Cina all’inizio della pandemia, ma che ha continuato a produrre in Italia senza protezioni fino a metà marzo.
Questo lo ricordiamo agli operai ammaliati dalle strisce per terra nuove di zecca, dagli opuscoli informativi, dalle mascherine apparentemente in abbondanza dall’anticipo per la Cigo. Nessuna fiducia.
Oggi anche Brembo spinge per riaprire, vademecum aziendale, comunicati della direzione e delle Rsu confederali, che vorrebbero essere convincenti, su mascherine, gel, distanziamento, ecc., ma nessun opuscolo, nessun accordo spiega agli operai, una volta che sono entrati in fila indiana, che hanno disciplinatamente preso posto al lavoro, come sia possibile conciliare le misure di sicurezza con i ritmi di produzione, con la fatica, con il caldo dei reparti, con la polvere e fumi comunque presenti in fabbrica.
Lavarsi le mani ogni volta che si starnutisce, ben venga. Ma sulle linee di montaggio Brembo ogni secondo è codificato. Ogni pausa ha una causale e un tempo di fermo macchina, giustificato o sanzionato.
Quanto è valutato il ‘fermo per lavaggio mani, fermo per sostituzione mascherina bagnata dal sudore, tempo di attesa al bagno per l’accesso senza assembramento…’. Nei vademecum aziendali leggiamo che l’accesso al bagno è invece contingentato!!
Nei vademecum, negli accordi sindacali scritti per aprire le porte della fabbrica, non si legge che la produzione deve essere ridotta del 10, 20, 30, 40%... per tenere conto delle difficoltà lavorative derivanti dal rispetto delle misure di sicurezza, sempre.
Quello che non hanno scritto è che in queste condizioni l’operaio si dovrà abituare, dovrà convivere con il disagio dei mezzi di protezione, ovvero produrre e non andare troppo per il sottile, perché le buone norme, servono per entrare e uscire dalla fabbrica. La produttività sulle macchine è un’altra cosa.
Gli operai devono partecipare direttamente alla definizione delle norme di sicurezza.
Serve organizzare nei reparti delegazioni liberamente decise per trattare i tempi, le condizioni di rientro, le condizioni di lavoro con il coronavirus...
SENZA LOTTA E ORGANIZZAZIONE NON C’È SICUREZZA
ALLA TENARIS DALMINE - LE TV VENGONO ALLE FABBRICHE MA POI CENSURANO LE VOCI DEGLI OPERAI CHE DICONO LA REALTA': LA PRODUZIONE "ALTERNATIVA" UNA SPERIMENTAZIONE PER ALZARE LA PRODUTTIVITA' E IN FUNZIONE ANTISCIOPERO
Nella trasmissione di domenica 26 aprile, ‘mezz’ora in più’ di Lucia Annunziata, si è parlato della riapertura delle fabbriche... Ma in Tv può parlare Bonomi che denuncia ‘un forte sentimento antiindustriali’, i sindacati confederali che garantiscono e cogestiscono il rientro, mentre non vengono fatte passare le voci degli operai che dicono:
‘in fabbrica non ci si sente sicuri perché non ci sono ancora i test sierologici e i tamponi e chi sta bene oggi domani potrebbe stare male’...
Così come è stata completamente censurata un’intervista di più di 10 minuti al delegato Slai Cobas sc di Tenaris Dalmine che aveva detto:
"la produzione delle bombole di ossigeno (5000 in un mese) è finita, è stata da un lato la foglia di fico per Tenaris per continuare anche in altri reparti con i volontari le produzioni non essenziali dei tubi per il petrolio, dall’altro una sperimentazione per produrre alzando la produttività, usando turni a organici ridotti (utile anche in funzione antisciopero), invece che produrre sfruttando tutta la potenzialità dell’impianto a tre turni e produrre in metà tempo 10.000 bombole, COME L’EMERGENZA SANITARIA RICHIEDEVA.
Situazione che oggi nella ripartenza si è estesa ad altri reparti, non produzione sociale ma peggioramento delle condizioni di lavoro con saturazione dei tempi e massimo rendimento degli impianti.
Questo è in contrasto con una reale sicurezza che non ci può essere senza modificare l’organizzazione del lavoro, senza ridurre i ritmi.
A maggior ragione oggi ai tempi del virus, dove da un lato l’assenza di contagio non si può garantire con una formale mascherina, in alcune lavorazioni dopo poche ore sono già da buttare... I DPI devono essere adeguati alle condizioni di lavoro che in una siderurgia vedono reparti con polveri e fumi, fatica, dove già non si respira, per questo in tempo di emergenza non si può pretendere di produrre come prima e peggio di prima (produttività -rendimento)...
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