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Come già ampiamente previsto la gran parte della
produzione sarà dirottata negli USA e in America Latina, mentre in
Europa, specialmente in Italia, resteranno pochi modelli, per lo più di
alta gamma, per la cui produzione serviranno la metà degli operai che
lavorano attualmente. Ciò significa che nei prossimi mesi la ruspa, ma
non per finta, la userà Marchionne e la userà contro gli operai. Da
questopiano non se ne esce senza migliaia di licenziamenti.
Qui non ci sono i diktat europei, gli odiosi commissari europei per il
bilancio e i ministri tedeschi, c’è uno dei più grandi gruppi
industriali al mondo, che ha raddoppiato gli utili negli ultimi 6 mesi
con una crescita del 93%, che fattura 110 miliardi e vende 5 milioni di
auto all’anno, questo gruppo è italiano e incide sulla politica italiana
e sui governi italiani più di quanto facciano i commissari di
Bruxelles, anzi incide anche per il loro tramite, essendo quei
commissari i rappresentanti degli interessi dei capitalismi nazionali.
Se si guarda in modo bidimensionale allo scontro Europa/Italia non riusciamo a capire che quella europea, nell’ambito della concorrenza mondiale, è una proiezione necessaria dei grandi capitali nazionali come FCA, che senza un mercato allargato non potrebbero più accrescere i loro profitti: per ogni dinamica espansiva di mercato ne corrisponde una sul piano sovrastrutturale, quindi politico.
Tutto ciò non ci porta a mitigare le nostre posizioni contro l’unione europea, semplicemente a definire con precisione la portata del conflitto. Il primo nemico è in casa nostra, è la borghesia industriale e finanziaria del nostro paese, settima potenza industriale europea, che fa profitti in tutto il mondo.
Se siamo antieuropeisti senza essere anticapitalisti ci limiteremo ad osservare ciò che si muove sulla superfice, che altro non è che il riflesso dei processi materiali, e soprattutto rimarremo imprigionati per lustri nella falsa dicotomia europeismo/nazionalismo.
É anzitutto contro i loro diretti sfruttatori che gli operai devono affilare le armi, in tutti i paesi, e su questi basi costruire l’unità internazionalista della classe operaia.
dagli operai autorganizzati
Se si guarda in modo bidimensionale allo scontro Europa/Italia non riusciamo a capire che quella europea, nell’ambito della concorrenza mondiale, è una proiezione necessaria dei grandi capitali nazionali come FCA, che senza un mercato allargato non potrebbero più accrescere i loro profitti: per ogni dinamica espansiva di mercato ne corrisponde una sul piano sovrastrutturale, quindi politico.
Tutto ciò non ci porta a mitigare le nostre posizioni contro l’unione europea, semplicemente a definire con precisione la portata del conflitto. Il primo nemico è in casa nostra, è la borghesia industriale e finanziaria del nostro paese, settima potenza industriale europea, che fa profitti in tutto il mondo.
Se siamo antieuropeisti senza essere anticapitalisti ci limiteremo ad osservare ciò che si muove sulla superfice, che altro non è che il riflesso dei processi materiali, e soprattutto rimarremo imprigionati per lustri nella falsa dicotomia europeismo/nazionalismo.
É anzitutto contro i loro diretti sfruttatori che gli operai devono affilare le armi, in tutti i paesi, e su questi basi costruire l’unità internazionalista della classe operaia.
dagli operai autorganizzati
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