“Il Fondo Monetario Internazionale – dice il Sole24Ore di
ieri - boccia sonoramente la
Trumponomics: nel suo rapporto annuale sull’economia statunitense, gli
analisti dell’organizzazione multilaterale hanno apostrofato come improbabili e irrealistici gli obiettivi di
una crescita sostenuta al 3% o più messi nero su bianco dalla Casa Bianca.
Non basta: per buona misura hanno anche
allungato la distanza che li separa dalla realtà.”
È interessante notare adesso con quale serietà parlano di percentuali
insignificanti!
“L’espansione americana, stando alle nuove previsioni del
Fondo, marcerà a scartamento ridotto quest’anno e l’anno prossimo. Il Pil
crescerà del 2,1% nel corso del 2017, una limatura di 0,2 punti percentuali
rispetto al precedente pronostico del 2,3 per cento. E procederà a passo
identico anche nel 2018, un taglio ancora maggiore dalle vecchie previsioni del
2,5 per cento. Per scivolare entro i
prossimi cinque anni a un modesto 1,7% che sembra condannare a una inesorabile
mediocrità il nazionalismo e populismo economico della Casa Bianca.”
La “radice” di questo passo indietro nelle previsioni di “crescita”,
o per meglio dire di disperata rincorsa
almeno alla situazione pre-crisi, viene attribuita “proprio la politica di
Trump. O meglio l’incertezza definita apertamente «insolita» nelle sue
strategie.”
Nella sostanza nemmeno le aspettative nate dalle promesse fatte
dal presidente “durante la sua
campagna elettorale e all’indomani della vittoria, a cominciare da riforme e riduzioni delle tasse e da investimenti nelle infrastrutture” sono servite, dice il quotidiano dei padroni.
campagna elettorale e all’indomani della vittoria, a cominciare da riforme e riduzioni delle tasse e da investimenti nelle infrastrutture” sono servite, dice il quotidiano dei padroni.
Insomma, il mondo corre così veloce che non può aspettare
nemmeno i “«piani ancora in evoluzione» da parte dell’Amministrazione
repubblicana.” cui si imputa pure la situazione che si è aggravata per le “tensioni”
mondiali.
Ma addirittura, continua il giornale di Confindustria: “L’Fmi
entra tuttavia anche a piedi uniti sulle ricette
soggettive prescritte da Trump e dai suoi consiglieri sul fronte fiscale:
la proposta di draconiani tagli nel budget federale viene giudicata
«antitetica» all’obiettivo di promuovere la «prosperità e la sicurezza» per
tutte le fasce della popolazione. Perché
l’austerità verrebbe concentrata soprattutto a danno dei ceti più deboli e
delle classi medie. Il Fondo prescrive al contrario una “medicina” di
risparmi più equilibrati e un rafforzamento dell’efficienza della rete di
protezione sociale.”
Queste contorsioni di Trump, del FMI o di altre “organizzazioni
economiche” in merito all’attuale crisi economica mondiale, che, come si vede,
è un fatto certo e sicuro a cominciare dal più grande paese imperialista, gli
USA, sono dovute alla natura stessa della crisi che diventa ogni giorno meno “gestibile”
con i mezzi storicamente sperimentati
dalla borghesia: da un lato il “protezionismo” e dall’altro la totale apertura
del commercio mondiale con l’abbattimento quanto più possibile esteso delle “barriere
doganali”, delle tariffe commerciali ecc... l’uno e l’altro mezzo hanno come
base comune la guerra infinita.
Le percentuali ridicole e altalenanti, quindi, su cui si
esercitano i vari governi con fiumi di chiacchiere tutte condite dalla parla “fiducia”,
rallegrandosi di volta in volta della “ripresa” o rammaricandosi della “frenata”
sono l’espressione delle tendenze e controtendenze insite nel sistema
imperialista stesso. È per questo che il “protezionismo” oggi è di fatto impossibile
tanto quanto una “globalizzazione” che non porti ad una ulteriore accelerazione
della crisi stessa e l’una e l’altra sono manovre necessarie in questa crisi “peggiore
di quella del ‘29”!
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