venerdì 30 giugno 2017

pc 30 giugno - UN IMPORTANTE COMMENTO ALLA FORMAZIONE OPERAIA SU GRAMSCI: "riappropriazione interna e restituzione esterna"

In un periodo di sbandamento ideologico internazionale a seguito della caduta della Cina socialista (1976) in questi ultimi 40 anni alcuni eventi hanno rappresentato una controtendenza e in particolare: l’inizio della GP in Perù (1980) la fondazione del RIM (1984) l’inizio della GP in Nepal (1996) la ripresa della bandiera del maoismo nel vecchio continente affermando la necessità del PCI (m) in Italia (2000) e negli anni successivi in Francia con i successivi Meeting Internazionali sulla rivolta delle banlieues, sul moderno fascismo, sulle rivolte arabe ecc. tutti eventi che hanno fissato i punti di importanti questioni ideologiche, politiche e organizzative, la fondazione del Partito Comunista dell’India (maoista) nel 2004 che ha dato maggior slancio a quella GP supportata anche dall’internazionalismo proletario di cui il CISGPI ne è l’organizzatore principale (con la storica Riunione di Amburgo) e la persistenza da ormai 50 anni della GP delle Filippine.

In questo quadro internazionale, presentato qui velocemente e senza approfondire per questioni di tempo, si inscrive la riappropriazione “interna” (per i comunisti conseguenti che si vogliono organizzare in partito per fare la rivoluzione) e restituzione “esterna” (alle masse popolari e ai proletari) del grande marxista-leninista Antonio Gramsci.

Gramsci a partire dagli anni ‘50 fino ai giorni nostri è stato oggetto di “interpretazioni” e stravolgimenti ad opera e a servizio della borghesia intellettuale (il cosiddetto mondo della cultura e dell’università) e della piccola borghesia e del revisionismo, cio’ è ben delineato sul blog ed è inutile spendere ulteriori parole. Recentemente anche in Tunisia il preside di una facoltà di economia del
paese ha utilizzato Gramsci per interpretare gli eventi della Rivolta Popolare del 2010-2011 in quel paese prendendo degli abbagli su cui in parte abbiamo già detto ma su cui torneremo con la critica puntuale del libro.

Quello che invece tengo a sottolineare in quanto spunti derivanti dalla lettura delle prime “puntate” di questo ciclo di FO (quelle del 4; 11 e 18 maggio) è che Gramsci è il prodotto storico della classe operaia italiana del suo tempo: il capo comunista che comprende il movimento storico della lotta di classe italiana e mondiale lo interpreta con le lenti del marxismo-leninismo e lo restituisce alle masse, in particolare italiane come arma per raggiungere l’obiettivo della dittatura del proletariato in Italia, passando (tappa necessaria) per la fondazione del partito comunista che avviene a Livorno nel Gennaio 1921 e con la sua “seconda fondazione” che avviene con il Congresso di Lione in cui vengono approvate le Tesi di Lione che sanciscono la sconfitta ideologica, teorica, pratico-organizzativa e politica di Bordiga all’interno del partito. Il partito che ne esce fuori è totalmente diverso, diventerà il partito della Resistenza Antifascista prima esperienza di Guerra Popolare in un paese imperialista, vittoriosa contro il regime fascista e l’occupazione nazista. Più o meno nello stesso periodo la Guerra Popolare in Cina riusciva a sconfiggere l’occupazione giapponese e il regime fascista di Chank kai Chek riuscendo anche nella vittoria totale contro la borghesia compradora cinese instaurando la Repubblica Popolare Cinese, cosa che in Italia non avverrà morto Gramsci e con la svolta revisionista di Togliatti. Sarà anche il partito pienamente integrato nella Terza Internazionale.

Tutto cio’ è possibile con uno stretto legame con la Rivoluzione Proletaria Mondiale da un lato e in particolare con la prima esperienza vittoriosa (se si esclude la breve parentesi della Comune di Parigi) della rivoluzione bolscevica in Russia e con il suo capo, Lenin.
Dall’altro, in opposizione a Bordiga, Gramsci concepisce la costruzione del partito come una continua dialettica avanguardia-masse (in questo senso un partito leninista) in cui il partito nasce cresce e si rafforza grazie alla sua partecipazione e guida delle lotte delle masse come in occasione della biennio rosso e della rivolta di Torino del 1918-1920.
In questo senso il nostro partito è pienamente gramsciano quando afferma che il partito si costruisce “nel fuoco della lotta di classe e in stretto legame con le masse” alla luce dell’esperienza storica della lotta di classe italiana di quel periodo e ovviamente anche alla luce degli insegnamenti del maoismo e in particolare da quello sintetizzato dalla frase “dalle masse alle masse” che, oltre a sottolineare il concetto generale di stare sempre tra le masse, ascoltarne i bisogni, gli umori le idee e imparare da essi, rielaborandoli in “soluzioni” pratiche per risolverne i problemi, va interpretato anche nel senso più alto che la lotta di classe condotta sempre e a prescindere dalle masse oppresse dalla classe dominante, è la migliore “scuola” per la costruzione di quello strumento, il partito, che insieme agli altri, puo’ permettere alle masse di vincerla questa lotta di classe.

Altra questione importante sono i 3 punti fondamentali delineati da Gramsci per la strategia della Rivoluzione Proletaria in Italia:

1) accettazione della dittatura del proletariato non solo a parole ma anche nei fatti.

Ovvero come già detto prima partecipare alla lotta di classe, costruire il partito che possa vincerla ovvero instaurare il dominio di classe del proletariato spazzando via ogni adagio e pacifismo del quieto vivere riformista che si traduceva nell’attendismo bordighista e nell’elettoralismo che poi verrà ripreso da Togliatti con la “via italiana al socialismo”.
Oggi per quanto ci riguarda, questa tendenza (l’attendismo) è ancora presente nelle nostre file e si traduce in alcuni quadri nel pacifismo organizzativo e ideologico.
Ovvero in una mentalità da lotta principalmente legale, dalla paura nel fare il salto ideologico di quello che potremmo definire con Gonzalo “il partito militarizzato” e la “militarizzazione delle masse” che vengono dirette dal partito stesso, dalla paura della repressione e cosi via.

2) i consigli di fabbrica (un’esperienza molto vicina ai soviet) quale forma di contropotere o potere embrionale della dittatura del proletariato in Italia.

3) e infine il partito su cui non ci dilunghiamo ulteriormente in questa sede.

Altra questione molto importante è la valenza che Gramsci da alla sconfitta del biennio-rosso, contro ogni critica e lettura disfattista/pessimista, Gramsci fa un elogio della sconfitta (come già fatto anche da Lenin per la rivoluzione russa del 1905) e in questo anticipa Mao quando quest’ultimo dice “Lottare, fallire, lottare ancora, fallire ancora, lottare ancora, e così fino alla vittoria – tale è la logica del popolo, e nemmeno il popolo andrà mai contro questa logica.

Infine per tornare a quanto scritto nella FO in particolare quella apparsa sul blog il 18 maggio 2017 quando si dice: “La fondazione del Partito Comunista d'Italia, pur avvenuta in pieno riflusso della classe operaia, rappresenta un momento di coesione nelle file proletarie ormai divise e sulla difensiva, un argine che non si ruppe contro la barbarie fascista, un punto di riferimento essenziale per tutto il movimento operaio “.

Potremmo dire che la fondazione del nostro partito avviene anche in un periodo di riflusso della classe operaia ma anche del movimento comunista internazionale che pian piano riprende la via grazie ai fari ideologici rappresentati dagli eventi citati in apertura. l’obiettivo del partito comunista di tipo nuovo deve proprio essere quello di diventare un punto di riferimento per tutto il movimento operaio (e su questo siamo in prima linea nel settore della logistica, sulla questione Ilva e Fiat per esempio) e tutto il movimento di opposizione (vedi anche ultimo G7). Come Gramsci ci ha mostrato è importante un’acuta lotta contro chi si posiziona sul terreno del partito e del comunismo, e su questo molto di più va fatto (es sempre all’ultimo G7 contro il partito di Rizzo che è una brutta copia della concezione di partito revisionista, “folklorista/stalinista” stile KKE greco).

E quando si dice: “Non c'è stato nessun dirigente dei partiti comunisti nei paesi imperialisti che diviene tale dopo essere stato capo riconosciuto del movimento operaio.
Gramsci è l'inventore della parola: facciamo come in Russia, occupiamo le fabbriche e gli operai lo fanno; Gramsci dice che gli operai devono studiare e gli operai lo ascoltano; Gramsci dice bisogna fare il giornale. Gramsci parla dello sport, di fare le squadre di calcio. Gramsci è una miniera.
Gramsci, nei fatti, anticipa la “parola d'ordine” (che diventerà carne e sangue centrale nella Rivoluzione culturale proletaria in Cina): la classe operaia deve decidere tutto, la fabbrica come l'università.
L'intreccio tra classe e partito fa sì che Gramsci sia l'unico erede effettivo di Lenin.

Qui abbiamo molto da prendere come spunto e in parte siamo già in questo film (vedi la FO stessa, la fabbrica come l’università insieme al prof. Di Marco). È necessario essere più “dinamici” nella guerra di classe (le squadre di calcio e lo sport per esempio cose che ci siamo riproposti da anni e mai riusciti a portare a termine). l’intreccio tra classe e partito meriterebbe un ulteriore approfondimento.

Em

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