Il cosiddetto voto operaio a TRUMP
Uno dei cavalli di
battaglia dei “cantori a sinistra” della vittoria di Trump è il
cosiddetto “voto operaio” a Trump.
La crisi economica che
anche negli Usa ha portato a fabbriche chiuse e impoverimento ha
senz'altro creato un forte divario tra le dichiarazioni
dell'amministrazione Obama e della sua continuità peggiorata, la
candidatura Clinton ,e la condizione dei settori colpiti dalla crisi
nel mondo operaio.
Ed è senz'altro vero che una parte di questo voto
è andato a Trump.
Ma innanzitutto nessun
numero dimostra che si tratti di una parte maggioritaria, anche
questa volta vi è stata una forte astensione operaia, anche negli stati dove
esiste questa situazione; poi, non è affatto vero che numericamente
Trump ha vinto, il sistema elettorale americano non è fatto perchè
vinca chi prende più voti. Quindi, è sicuramente una parte
minoritaria di questo settori operai e di chi ha perso il lavoro, si
è impoverita, che ha votato Trump.
Una parte di essa però non
aveva votato Obama neanche alle precedenti elezioni, per le stesse
ragioni per cui oggi ha votato Trump: perchè nelle sue fila
storicamente, e in questa congiuntura di crisi ancor più, sono ben
radicate il razzismo, l'odio antimmigrati e il rigetto delle
battaglie democratiche delle donne, dei giovani, ecc., a cui va legato il forte impatto del cosiddetto “problema delle
armi”.
Quindi è evidente che il
voto a Trump ha dato a quest'ala una
cristallizzazione, un punto di riferimento, esattamente come è
avvenuto nei paesi europei, col voto a Le Pen ecc.
Ma questo è il
tradizionale e rinnovato meccanismo del fascismo e del nazismo.
Quindi, questo dato conferma la forma fascista del voto a Trump.
A questo contribuisce il
sindacalismo collaborazionista, da sempre sostenitore del protezionismo e del
corporativismo, e questo ha costituito sempre un elemento della
debolezza storica del movimento operaio degli Usa, dell'essere da
sempre la cosiddetta “classe operaia bianca” una forma di
aristocrazia operaia nell'impero.
Come si può sostenere,
quindi, che il fatto che Trump avrebbe preso un rilevante numero di
voti delle “tute blu” in alcuni Stati importanti, come una
ragione per oscurare il segno, il cammino e il significato
dell'elezione a Trump?
La Rete dei comunisti è
arrivata a dare spazio ad un articolo di Famiglia cristiana in cui si
dice che le proteste delle giornate dopo il voto contro Trump,
sarebbero proteste finanziate da Soros e dai miliardari globalizzati, ai quali il neo protezionismo aggressivo della nuova amministrazione –
ammesso che ci sarà – può ostacolare i propri affari, e che
quindi certamente hanno una reazione immediata di contestazione a
Trump.
Nella sostanza i populisti
di sinistra sostengono che i proletari sono con Trump e i borghesi
con la Clinton. Esattamente come hanno fatto col voto Brexit,
esattamente come vanno facendo con la copertura a sinistra di Grillo,
i suoi sindaci, ecc.
Quindi, i comunisti si
trovano di fronte non ad uno ma a due problemi: quello di analizzare
con molta chiarezza la penetrazione e la cristallizzazione
reazionaria nelle fila operaie e popolari, che sicuramente è un
problema importante e che domanda una strenua difesa degli interessi
classisti che sindacati e forze democratiche all'americana o alla
falsa sinistra non fanno, e il problema di quelle componenti
dell'”estrema sinistra” che anche in nome di questa situazione
dipingono come proletario, popolare il voto a forze
reazionarie che nelle crisi dentro i paesi imperialisti si vanno
costruendo come forze moderno fasciste in ascesa.
Trump ha avuto un'estrema
minoranza del voto operaio. In questa minoranza una parte reazionaria
e fascista c'era, c'è sempre stata. Dentro i paesi imperialisti
esiste comunque un'aristocrazia operaia che è puntello
dell'imperialismo e quindi ne segue le sue evoluzioni.
Anche in
seno al movimento operaio è la 'guerra civile' il punto tra posizione
classista e organizzazione classista (sindacato di classe, partito) e la base per la conquista della maggioranza, per ridare un ruolo
centrale alla classe operaia nella lotta di classe, nella lotta
rivoluzionaria, nella lotta per il potere.
Negli Usa oggi la
presidenza Trump offre una nuova opportunità alle forze comuniste e
rivoluzionarie, che pure negli Usa esistono, di diventare un punto di
riferimento e il fulcro della nuova sinistra negli Usa, che
evidentemente non può trovare in questa fase la sua base di massa
principalmente nella classe operaia, bensì fondendosi con la dinamica
della lotta contro il fascio-imperialismo.
In questo senso, le
rivolte afroamericane sono un brodo di coltura.
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