"Avrei impiegato meno tempo a scrivere questo pezzo se non fossi stato
così impegnato a ridere. Non è carino farlo, lo ammetto, però, insomma,
pensateci un attimo: avreste mai immaginato di vedere una rivoluzione
colorata anche negli Usa? Perché è questo che succede, anche se non ve
lo dicono. In molte grandi città americane come Portland (nell’Oregon),
Los Angeles e Oakland (California), Philadelphia (Pennsylvania), Denver
(Colorado), Dallas (Texas), Baltimora (Maryland) e naturalmente New
York, da giorni migliaia di persone protestano contro l’arrivo alla Casa
Bianca di Donald Trump.
Popolo sdegnato, cittadini in ansia per le sorti del Paese, movimento
spontaneo di gente perbene? Qualcuno così ci sarà pure, per carità. Ma
la realtà è quella che è rapidamente saltata fuori: file e file di
pullman noleggiati per spostare i manifestanti da un posto all’altro,
paga oraria tra 15 e 20 dollari l’ora per gridare «Not my president»
contro Trump, panini e bibite gratis. All’inizio tutto è filato liscio,
peace and love per tutti. Poi sono comparsi i primi ragazzotti
mascherati, sono cominciate a volare le bottiglie e a finire in frantumi
le vetrine. Sono arrivati i corpo a corpo tra manifestanti e poliziotti
e a Portland sono partiti i primi colpi di pistola. Ferito ma non in
pericolo di vita un dimostrante, arrestato lo sparatore, un diciottenne
saltato fuori da un’automobile.
Non ricorda nulla, tipo Ucraina 2014, Georgia 2003 o Siria 2011?
Assegnati ormai quasi tutti i nomi dei fiori, come lo intitoliamo questo
esperimento di esportazione della democrazia proprio negli Usa, il
Paese che dal 1989 esporta democrazia nel resto del mondo? La
Rivoluzione dei cetrioli in omaggio al Midwest? La Rivoluzione degli hot
dog per amore di New York? La Rivoluzione delle arance per la grande
California?...
* Vicedirettore di Famiglia Cristiana
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