martedì 15 novembre 2016

pc 15 novembre - ANTI/TRUMP - speciale 'proletari comunisti' - 1

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Stando alle prime dichiarazioni del neo presidente Usa, la 'tragedia americana', così giustamente definita da molti commentatori e naturalmente dall'ampia opposizione democratica americana, ha tutte le premesse per trasformarsi in farsa.
La prima intervista di Trump è infatti tragica nei toni ma ridicola nei fatti. 
La minaccia di espellere milioni di immigrati, di montare chilometri e chilometri di muri con il Messico, intanto si è molto ridimensionata: i famosi 11 milioni da cacciare sono diventati 6, poi 3, e con i criteri che lui stesso fissa: pregiudicati, trafficanti di droga... possono essere nei fatti molto meno.
Trump coniuga infatti uno stile da campagna elettorale permanente con una prassi da uomini d'affari.
Ma è evidente che anche sul fronte immigrazione che porta montagne di voti, tra il dire e il fare ci passa il mare; il mare della miseria generata dal dominio imperialista che rovescia all'interno di esso centinaia di milioni di migranti. 
Così il famoso muro, sembra più un opera edilizia che il “muro di Berlino” antimmigrati annunciato, Trump dichiara che lui stesso è in grado di costruirlo, dato che di costruzioni se ne intende. Poi in parte questo muro diventa una recinzione, che peraltro già c'è, e che la storia quotidiana dell'immigrazione dal Messico, raccontata anche da molti film, illustra. Figuriamoci poi se un muro può fermare l'immigrazione... Fermare l'immigrazione dal Messico è una "missione impossibile", e tutti sanno che significherebbe costruire ai confini degli USA un Messico in preda a a tensioni e convulsioni rivoluzionarie e a disastri.
E ben presto gli imperialisti yankee sarebbero costretti loro a scavalcare il muro per stabilire legge, ordine e dominio imperialista ai propri confini.

I demagoghi fascisti alla maniera di Trump possono vincere anche le elezioni miliardarie degli USA, ma non hanno nessuna chance di fondare sui propri desideri e sulle proprie avventurose parole, il dominio reale che resta innanzitutto economico e che ha il suo fondamento di tenuta nella forza militare.
Sotto questo punto di vista, Trump è una “tigre di carta”. 
E' importante cogliere questo dato, perchè non si crei nelle masse, che evidentemente si oppongono negli Usa e nel mondo, un senso di disperazione, di fine della storia.
Vanno colti i dati reali del significato della vittoria di Trump per opporsi ad esso.
La forza di Trump è la forza di tutti i presidenti americani, il dominio dell'apparato militare, sia quello dell'esercito imperialista che insanguina il mondo, sia quello interno, rappresentato dalla polizia assassina - abbiamo avuto anche la discesa in campo diretta dell'FBI per la sua vittoria, un ago della bilancia elettorale fortementente condizionato dall'inchiesta truccatata e pilotata dell'FBI delle ultime settimane.
A questa forza, in queste elezioni si sono aggiunte le truppe di complemento della società civile che negli Usa sono state sempre presenti – e non parliamo solo del Ku-Klux-Klan, ma di tutte le componenti paramilitari, le associazioni, lobby, organizzazioni, che negli Usa sono state sempre una sorta di “Stato nello Stato”, occulte sì, ma radicate in diverse porzioni degli Stati americani.
Questo esercito civile 'occulto' è stato scoperchiato dalla candidatura Trump come un uovo di serpente, è stato legittimato dalla sua campagna elettorale, e ora ha un saldo aggancio e postazione nei vertici massimi dello Stato imperialista.
La fusione tra lo Stato di polizia permanente dell'imperialismo Yankee con le truppe di complemento della società civile la novità delle elezioni di Trump, il fascismo americano, la feccia della popolazione di uno Stato imperialista, che ha una storia lunga in questo paese e che ha il suo cemento fondamentale nel razzismo ma anche nel culto della proprietà privata, della famiglia da difendere sopra tutto e delle armi 'proprie'.
In questo senso l'elezione di Trump è la peggiore della storia recente degli Usa. 
Siamo effettivamente oltre Reagan, siamo al compimento di quel filo nero di candidati, fascio imperialisti, che c'erano stati nelle altre elezioni ma che nella maggior parte dei casi, non avevano superato le primarie e in altri casi avevano fatto da terzo incomodo, o meglio da “terzo comodo” per le vittorie dei democratici. 
 
Il fascio imperialismo di Trump emerge come esito della crisi - effetto e non causa, è stato scritto giustamente, della profonda crisi economica, esito degli effetti delle guerre imperialiste che tornano a casa, delle pulsioni di ribellione che sono esplose nelle rivolte afroamericane.
Questi fattori hanno logorato il vasto cerchio magico delle elites dominanti intorno ad Obama e intorno alle famiglie alla Clinton.
Dentro la società americana Trump ha dato voce all'odio nei confronti di questo status dominante, un odio trasversale che non rientra nei canoni rappresentati dalle elites democratiche e dai loro cantori nel mondo: per loro le donne avrebbero votato la Clinton, gli afroamericani avrebbero votato la Clinton, le minoranze nazionali avrebbero votato la Clinton, i giovani..., il mondo della cultura e degli artisti, gli operai sindacalizzati, il bel mondo della finanza e degli affari... 
Secondo questa autorappresentazione dell'America che si è autocelebrata con Obama e la campagna elettorale della Clinton, per Trump non avrebbe votato nessuno. Ma la democrazia americana è democrazia imperialista. Gran parte delle masse povere non vota, non votava neanche prima, gran parte delle masse e ceti impoveriti che hanno perso colpi dentro la crisi dell'imperialismo Usa, si sono rese masse di manovra della demagogia fascio-imperialista. In Italia potremmo essere esperti di questo tipo di fenomeno.

Le elezioni di Trump quindi non possono essere prese sul serio per le roboanti parole che Trump dice, ma per il cristallizzarsi in forme inedite del fascio-imperialismo a 360°.
Il terrore reale che vena la società americana ora al potere con queste elezioni è la sfida da fronteggiare da parte di tutti coloro che vogliono costruire intanto una vera opposizione.

(continua)

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