Sintesi del IX capitolo de "L'imperialismo"
da una pubblicazione mlm anni '70
"Gli opportunisti, agenti dell'imperialismo nel movimento operaio, sostengono:la libera concorrenza, la democrazia, la pace, le conferenze internazionali per il pacifico accordo tra imperialisti, il rispetto reciproco. Tutto questo costituisce la loro politica democratico-borghese, ma non fa altro che propagandare inganni e illusioni tra i lavoratori.
Dal momento che il capitalismo è diventato imperialismo, non è possibile contrapporre a questo nuovo stadio l'idea di un ritorno all'indietro.
All'imperialismo si può contrapporre solo il socialismo, la dittatura del proletariato, l'internazionalismo proletario. Solo la lotta contro tutta la base capitalista dell'imperialismo è una vera lotta antimperialista".
Intervento
"...l'imperialismo è soprattutto esportazione di capitale..." Ieri, come oggi.
Tornando all'ottavo
capitolo de l'Imperialismo di Lenin si approfondisce il concetto che
imperialismo non é solo aggressione militare tout court ma a questa
si accompagna (anche e soprattutto) un esportazione di capitale. I
sedicenti compagni che difendono la Cina dalle accuse di essere
diventato un paese imperialista dicendo "quali paesi stranieri
ha invaso la Cina? Quante guerre di aggressione?" non vogliono
vedere la natura degli investimenti cinesi nel Corno d'Africa e in
Africa in generale e nei paesi del sud-est asiatico. Inoltre va
aggiunto che con il rafforzarsi dell'asse Mosca-Pechino e con il
riavvicinamento recente tra Pechino e Manila, non é escluso che nel
prossimo futuro vedremo in azione i militari cinesi al di fuori dei
propri confini.
Un'invasione di capitale
(quelli che oggi si chiamano IDE, investimenti diretti esteri) che
provocano il debito estero che nei paesi oppressi diventa un cappio
al collo da rinegoziare continuamente con le grandi agenzie
internazionali come FMI e BM che per conto dell'imperialismo
gestiscono questi flussi enormi di denaro che dai paesi imperialisti
vanno ai paesi oppressi dall'imperialismo e che ritorna indietro
sotto forma di dividendi.
Nei paesi imperialisti
nasce quindi uno strato parassitario che si occupa di questa
"gestione" dei cui benefici ne godono anche uno strato
superiore della classe operaia, l'aristocrazia operaia, vera e
propria cinghia di trasmissione della corruzione borghese (sia
materiale che spirituale) e delle idee verso la classe operaia dei
paesi imperialisti che senza organizzazione di classe e senza la
propria organizzazione politica, si fa dirigere dal riformismo e
dall'opportunismo che sale sul carrozzone dell'imperialismo.
Potremmo dire utilizzando
Mao, che questo strato di rentiers e brokers ha come interlocutore
nei paesi oppressi la borghesia compradora con cui é legata a
doppiofilo da questo rapporto affaristico; inoltre il carattere di
parassitismo appartiene a entrambe.
Nei paesi imperialisti vi
é ormai una "simbiosi strutturale" tra borghesia
imperialista e aristocrazia operaia che fa si che la seconda non fa
più parte a nessun titolo del campo proletario e della rivoluzione.
Soprattutto quando le contraddizioni si acuiscono anzi l'aristocrazia
operaia e le sue organizzazioni diventano il primo ostacolo che il
proletariato organizzato deve rimuovere per poter colpire la
borghesia imperialista.
I sindacati confederali
ormai al servizio del patronato, i partiti di sinistra sempre pronti
a sostenere il sistema.
Anche nei paesi che non
sono propriamente imperialisti si notano alcuni di questi elementi,
in particolare nella Grecia di Tsipras questi nodi vengono al
pettine: "l'estrema sinistra" parlamentare al potere
attacca quotidianamente i diritti dei lavoratori e i migranti
confermando la propria "genetica" sciovinista da seconda
internazionale.
Anche nei paesi oppressi
si intravedono alcuni elementi simili.
Esempio Tunisia.
Il sindacato UGTT,
pressocché sindacato unico nel paese, non puo' certo essere
paragonato ai sindacati confederali italiani o a quelli nei paesi
imperialisti totalmente integranti e strumento del potere.
Data la natura della
Tunisia di paese oppresso la situazione non é analoga.
Tuttavia, considerando
anche il fatto che la Tunisia rispetto ad altri paesi oppressi é
maggiormente integrata nel sistema finanziario mondiale, ha un
settore industriale relativamente sviluppato per essere un paese
oppresso ( e anche per questo l'imperialismo ha interesse ad
aumentare i propri dividendi in Tunisia, non solo terreni agricoli
come si ricorda nella formazione operaia) i trasporti sono
relativamente sviluppati, i servizi e il terzo settore in generale é
il principale settore del paese, seguito dall'industria e non
dall'agricoltura anche se rappresenta un'importante "settore di
riserva" data la natura del paese (vedi esportazioni di olio
d'oliva, datteri ecc).
Tutto cio' ha fatto si
che l'UGTT abbia due anime, una di base compresi alcuni dirigenti
locali che utilizzano il sindacato come strumento a difesa dei
diritti dei lavoratori contrapponendosi anche alla linea nazionale
(caso eclatante rivolta delle miniere di Redeyef, Metlaoui e Gafsa
nel 2008). In un paese imperialista e più unico che raro trovare
dirigenti sindacali locali nei sindacati ufficiali avere la stessa
combattività.
Poi vi é l'UGTT con la
sua linea ufficiale e dei grandi dirigenti, sempre più sindacato
concertativo e anche di governo, subito dopo la rivolta in un governo
post Ben Ali era stato assegnato un ministero ma anche nel periodo
Bourguiba ex sindacalisti diventarono ministri, uno dei quattro
membri del quartetto a cui é stato conferito il nobel per la pace
per l'esito positivo (per gli imperialisti) della rivolta tunisina
ricondotta in carreggiata. Un aspetto interssante é come i soldi
"sporchi" dell'aristocrazia operaia dei paesi imperialisti
vada verso i riformisti e opportunisti si un paese oppresso come la
Tunisia per mezzo di ong, associazioni di vario tipo (ambientali, per
i diritti dell'uomo ecc) e dai sindacati stessi.
Una volta parlando con
uno dei massimi dirigenti del partito di sinistra riformista
parlamentare Watad (che si ritiene orgogliosamente più a sinistra
dell'ex Partito Comunista Operaio Tunisino di Hamma Hammami) disse
che il proprio partito aveva legami con la Cisl da cui erano stati
invitati a mandare una delegazione in Italia.
Ma nella Tunisia post Ben
Ali, con il fiorire di mille associazioni questo fenomeno é molto
evidente con associazioni europee partner che arrivano piene di soldi
e finanziamenti e organizzano piccoli e grandi eventi per la "società
civile" divisa in questi mille rivoli autoreferenziali e in
competizione reciproca distogliendo l'attivismo giovanile dal vero
obiettivo.
Queste riflessioni
iniziali potranno essere approfondite vedendo come si svilupperà il
pomposo "Piano Marshall Tunisino" come é stato definito il
prossimo piano quinquennale governativo che si coronerà nel 2020 e
in cui gli "aiuti" e investimenti esteri giocano un ruolo
di primo piano.
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