Il fatto nuovo è proprio lo "Sciopero delle donne", l'arma che unisce la lotta contro gli stupri, le violenze, i femminicidi, alla condizione generale, sistemica di oppressione e doppio sfruttamento delle donne - come dicono le donne argentine: "non solo ci sono uomini violenti ma il sistema è violento". E' lo sciopero delle donne che fa protagoniste le donne lavoratrici, precarie, disoccupate, chi lotta ogni giorni, strappando dalle mani delle politiche, delle "addette ai lavori" la nostra lotta, che deve essere sempre più lotta generale contro tutto questo sistema borghese, lotta rivoluzionaria.
Anche in Italia, realtà femministe, comprese le organizzatrici della manifestazione del 26 ottobre, pur sostenendo e parlando della mobilitazione delle donne Argentine, è lo "sciopero delle donne" che mettono in ombra.
Noi, lo sciopero delle donne, lo abbiamo fatto nel nostro paese per due volte. Come dicono le donne argentine, non ha fermato i femminicidi, ma è stato una scintilla che può incendiare la prateria, è stata la dimostrazione che le donne, soprattutto le donne proletarie, possono essere una forza che "preoccupa", perchè può trasformare la denuncia, in forza materiale contro questo sistema dei padroni, dei governi al loro servizio, dello Stato moderno fascista e sessista, che ci fa ogni giorno violenza.
LA MANIFESTAZIONE DELLE LAVORATRICI, PRECARIE, ECC. DEL 25 NOVEMBRE A ROMA QUESTO RAPPRESENTA, E DA ESSA PARTIRA' UN NUOVO SCIOPERO DELLE DONNE NEL NOSTRO PAESE.
MFPR
Argentina. Sotto la pioggia noi donne abbiamo inondato le strade
Mercoledì 19 ottobre, un
giorno piovoso è spuntato nella Città di Buenos Aires e nei dintorni. Ma la
giornata dello Sciopero delle Donne, nuovo strumento per il movimento
femminista, si è fatta sentire di buon ora.
Centinaia di donne hanno
messo nelle reti sociali le loro foto nei luoghi di lavoro, nelle loro case, con
le loro amiche, vicine o compagne, con il motto#NosotrasParamos.
Altre donne, hanno deciso di vestire di nero con lo scopo di rendere visibile il
lutto di fronte a centinaia di femminicidi e alla costante violenza a cui le
donne sono sottoposte. Ogni donna, ogni gruppo, ha interpretato la parola
d’ordine e gli ha dato un
tocco personale. Un’altra volta la creatività ci ha
sorprese tutte. Così, sarà che ci sentiamo più forti, più accompagnate, più
unite nella nostra lotta quotidiana contro la violenza, contro il maschilismo,
che vedendo queste strade del centro di Buenos Aires straripare di gente non
faceva altro che emozionarci e spingerci a continuare la lunga
marcia.
Noi donne abbiamo
scioperato
Il collettivo “Ni Una
Menos” ha convocato uno Sciopero delle Donne in un momento politico e sociale
dove la parola sciopero
vola di bocca in bocca ma non ha finito con lo stabilirsi in coloro che dicono
di rappresentare le lavoratrici.
In mezzo all’aumento
della flessibilizzazione e ai licenziamenti, in un contesto dove la
disoccupazione giunge al 9,3%, arrivando al 10,5% nel caso delle donne (Cifre
INDEC) con una crescente inflazione, in mezzo alla perdita di potere d’acquisto
e al congelamento del consumo,
noi donne ci siamo riappropriate della parola sciopero come uno strumento
storico di lotta ma che, risignificandolo, lo usiamo noi doppiamente
oppresse per rifiutare questa oppressione. Scioperiamo
sia come classe e sia come donne, scioperiamo mentre i “ragazzi” della
CGT vanno di riunione in riunione, civettando con il governo e difendendo i loro
propri interessi, scioperiamo in mezzo a tagli, mancanze,
precarietà.
E lo sciopero, difficile da misurare in numeri, si è
sentito: noi donne esploriamo
tutte le alternative possibili di visibilizzazione, usando le reti, usando le
foto, i cartelli e ci siamo anche unite al rumore applaudendo, facendo suonare i
clacson, gridando, vestendo di nero o semplicemente dibattendo al lavoro… perché
c’è una donna morta ogni 30 ore. Oggi, noi donne dimostriamo che siamo molto più
coscienti e, per questo, occupiamo le strade per mandare un messaggio chiaro:
non
siamo sole, siamo organizzate e daremo battaglia.
La pioggia non ha spento
la fiamma
La previsione sul clima
era pesante: settimana di pioggia. La notte precedente era stata segnata da
fulmini e lampi che cadevano dal cielo quasi presagendo quella che sarebbe stata
una giornata storica. Così, a partire dalle ore 17.00 le strade limitrofe
all’Obelisco si sono coperte di una marea nera, centinaia e centinaia di
ombrelli che giungevano da tutti i lati, emergevano dalla metropolitana, da ogni
lato. Rapidamente si è saputo: la
pioggia non ci ferma.
Nell’entusiasmo, ciascuna
ha cercato il proprio posto per sfilare verso Plaza de Mayo, straripando sia
sulla 9 de Julio, Av. de Mayo, Diagonale Norte come in altre strade che sboccano
ugualmente nella Piazza, la storica Piazza, quella delle Madri e delle Nonne,
quella dei/delle detenuti/e scomparsi/e, la nostra Piazza: la Piazza del
Popolo.
Fino a dopo le ore 20.00,
organizzazioni, partiti, persone normali, sindacati, tra gli altri, continuavano
a giungere, cercando di far sentire la propria protesta di rabbia e dolore
attraverso canti, rappresentazioni artistiche, murghe, cartelli, ecc., ecc. ed
ecc… Erano
centinaia di modi che ciascuna utilizzava per trasformare il proprio dolore in
lotta, per dire “Basta”.
Il mondo ha fatto eco del
#NIUNAMENOS
Nella misura in cui
avanzavamo verso Plaza de Mayo correva voce che la protesta veniva replicata in
decine di città. Le reti sociali hanno rotto le frontiere e hanno divulgato il
messaggio. Si diceva che le donne di altri paesi stavano mobilitandosi per le
proprie martiri, per le proprie Lucie, e che avevano deciso di unirsi allo
Sciopero e di convocare manifestazioni aggiungendo le proprie parole d’ordine
autoctone.
Rapidamente il
Latinoamerica era sul piede della lotta con noi: Brasile, Cile, Uruguay,
Bolivia, El Salvador, Messico, Guatemala, Honduras, tra gli altri paesi. Anche,
attraversando i mari, le donne di Spagna (come ad Alicante, Barcelona e Madrid),
Francia e altri paesi d’Europa hanno occupato le strade. Decine di donne,
inoltre, si sono autoconvocate nell’ambasciata Argentina di New York, e in altre
città del nordamericane, con cartelli e striscioni. La miccia è stata accesa e
ora bisogna mantenerla viva.
Continuiamo nelle
strade
La giornata del 19
ottobre sarà ricordata come “il
giorno in cui le donne hanno scioperato”, il giorno in cui abbiamo
smesso di essere isolate, il giorno in cui abbiamo smesso di pensare che la
violenza è qualcosa di individuale, personale o privato: Ci uniamo con la
medesima parola d’ordine perché sappiamo che il problema è politico, è sociale,
è economico, è di tutti e tutte. Noi donne nell’insieme subiamo i vari tipi di
violenza. Ciascuna di noi ha una storia da raccontare e questo
dimostra che non solo ci sono uomini violenti ma il sistema è
violento.
Questo sciopero non farà
finire i femminicidi. Non farà finire la violenza che esercitano su di noi, con
la discriminazione che subiamo nel lavoro, con la criminalizzazione di quelle di
noi che abortiscono, con la stigmatizzazione di quelle di noi che non sono
madri, né vogliono esserlo, o con la repressione che colpisce quelle di noi che
si organizzano contro il patriarcato.
Ma dopo questo 19 ottobre
staremo un po’ più insieme, un po’ più organizzate, saremo un po’ più coscienti…
Continueremo
a trasformare l’ingiustizia, la rabbia e il dolore in più
lotta.
20 ottobre
2016
Foto di
Manuel
Conca
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