1a parte
Domanda fatta
DA UN OPERAIO DELLA DALMINE DI BERGAMO
Sulla trasformazione del denaro in capitale. Chiedo
chiarimenti sulla parte finale dove dice che: “La trasformazione del denaro in
capitale deve essere spiegata sulla base di leggi immanenti allo scambio di
merci, cosicché come punto di partenza valga lo scambio di equivalenti. Il
nostro possessore di denaro, che ancora esiste soltanto come bruco di
capitalista, deve comperare le merci al loro valore, le deve vendere al loro
valore, eppure alla fine del processo deve trarne più valore di quanto ve ne
abbia immesso. Il suo evolversi in farfalla deve avvenire entro la sfera della
circolazione e non deve avvenire entro la sfera della circolazione. Queste sono
le condizioni del problema.”Questo in riferimento alla introduzione della
seconda parte dove emerge chiaramente invece che esiste all'interno della sfera
della circolazione, cioè sul mercato, una merce particolare che si chiama forza
lavoro, il cui valore d'uso stesso possiede la peculiare qualità di essere
fonte di valore, tale dunque che il suo consumo reale fosse, esso stesso,
oggettivazione di lavoro, e quindi creazione di valore... Ossia lo sfruttamento
dell'operaio?
Risposta
DEL PROF. GIUSEPPE ANTONIO DI MARCO
Non c’è contraddizione tra le due cose nel discorso di Marx.
La contraddizione sta dentro il processo stesso che egli descrive, vale a dire
sta nel processo capitalistico di produzione e di circolazione dunque di
riproduzione, processo che è caratterizzato dalla lotta inconciliabile tra
capitale e lavoro salariato. Quindi la parola ”invece”, che il lavoratore della
Dalmine usa, coglie correttamente il punto reale, cioè la contraddizione che
c’è nello scambio tra lavoro salariato e capitale, il quale appare una
compravendita normale, uno scambio pacifico, è in realtà è “invece”
conflittuale, anzi è una vera e propria guerra civile tra i due, come scrive
Marx più avanti nel Libro primo del Capitale a proposito della lotta dei
lavoratori per ottenere una giornata lavorativa normale. E l’esposizione di
Marx è a sua volta anche essa corretta, perché dà conto appunto di
quell’”invece”, di cui parla il lavoratore della Dalmine, ossia della presenza
di due cose antagonistiche, capitale e lavoro salariato, ovvero borghesi e proletari, le due classi
della società moderna, presenza che caratterizza tutto il processo.
Il punto, dunque, è: la forza lavoro viene venduta al suo
valore, non c’è trucco, non c’è inganno. Eppure, concluso lo scambio e usata la
merce comprata al suo “giusto prezzo”, il capitalista si trova con in mano più
valore di quanto ne ha sborsato per acquistare quella forza-lavoro, senza che
il lavoratore che gliela ha ceduta per un certo periodo di tempo pattuito,
possa recriminare quanto alla correttezza della compravendita. Ma intanto,
concluso correttamente l’affare e procedendo la cosa coerentemente alla logica
interna dell’affare, quella dello scambio di merci, di equivalenti, il
capitalista ha succhiato come un vampiro al lavoratore un tempo infinitamente
superiore di lavoro a quello che sarebbe bastato a farlo sopravvivere. Tanto è
vero, che a un certo punto i lavoratori si uniscono e devono ricorrere alla
forza per mitigare questo massacro di muscoli, nervi e cervello umani. Come
Marx scrive nei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica
1857-1858, «“il capitale non solo, come ritiene Adam Smith, è un comando
sul lavoro altrui, nel senso in cui lo è ogni valore di scambio, perché dà un
potere di acquisto a colui che lo possiede; ma che esso è il potere di
appropriarsi del lavoro altrui senza scambio, senza equivalenti, ma con
l’apparenza dello scambio». Quando si parla di "apparenza" non si
tratta di una semplice illusione ma di un modo di presentarsi delle cose
derivante dalla natura stessa del modo di produzione capitalistico. Infatti,
questa contraddittoria situazione – ossia lo scambio, quindi un rapporto uguale
e formalmente egualitario dal punto di vista della legge della circolazione
delle merci, alla fine della fiera risulta diseguale, quindi un non-scambio -
dipende dal fatto che la circolazione delle merci riguarda qui merci prodotte
in modo capitalistico, cioè non riguarda merci prodotte da proprietari privati
di mezzi di produzione individuali, ma riguarda merci prodotte con mezzi di
produzione sociali e cooperativi, che però sono in mano a dei proprietari
privati. Cioè la natura capitalistica del processo di produzione,
che da un lato presuppone la circolazione semplice delle merci, ma che dall’altro
lato simultaneamente è il presupposto della circolazione ovvero delle merci che
circolano, perché appunto sono prodotte da capitalisti ovvero da lavoratori a
loro sottomessi e ostili, fa sì che la trasformazione del denaro in capitale,
la trasformazione del nostro capitalista da bruco in farfalla, avvenga, come
dice Marx, nella circolazione e non avvenga nella circolazione.
È insomma importantissimo capire qui la base capitalistica
della circolazione di merci di cui in questo quarto capitolo del Primo libro
del Capitale si parla e la differenza con la circolazione semplice di cui Marx
ha parlato nei capitoli precedenti. La circolazione semplice delle merci
presuppone la semplice produzione di merci ed è il presupposto logico e storico
della produzione capitalistica di merci, quindi la seconda non può esistere
senza la prima. Ma vi può essere produzione di merci senza che vi sia
produzione capitalistica di merci.
Per chiarire meglio il tutto, propongo di seguire le pagine
con cui Marx inizia il Secondo libro del Capitale, dedicato al processo
di circolazione del capitale, qui specificamente a proposito del ciclo che
percorre il capitale monetario. Poiché in queste pagine Marx fa, a mio parere,
una sintesi molto efficace di tutta la questioni che ha posto il lavoratore
della Dalmine, seguiamo queste pagine e commentiamo. Dovrebbe risultare forse
più chiaro
Si parte dalla circolazione. Sul mercato
c’è un possessore un capitale monetario, D, che converte il denaro in merce M,
dunque D-M. La merce consiste da un lato in mezzi di lavoro e materiale di
lavoro - Marx li indica con Pm e li chiama «fattori oggettivi» - e dall’altro
in forza-lavoro - Marx la indica con L, «fattore soggettivo». I due generi di
merci vengono acquistate su due mercati diversi, quello delle merci e quello
del lavoro. Scrive Marx: «Oltre a questa scissione qualitativa della somma di
merci, nella quale D viene convertito, D-M < L Pm rappresenta
però anche un rapporto quantitativo sommamente caratteristico». Infatti il
possessore di denaro in quanto capitalista cerca sul mercato quella merce, la
forza-lavoro, L, il cui valore d’uso consiste nel produrre non solo valore
(perché sennò la comprerebbe solo perché il lavoratore riproduca l’equivalente dei
suoi mezzi di sussistenza e così il capitalista avrebbe investito "per il
re di Prussia", scrive Marx nei Lineamenti fondamentali), ma anche
più valore di quanto ne possegga essa stessa. Di conseguenza, l’atto di
compravendita D-M < L Pm esprime non solo un
rapporto qualitativo, cioè la differenza tra fattori oggettivi (mezzi e
materiali di lavoro) e fattori soggettivi (forza-lavoro, capacità lavorativa
umana), che sono gli ingredienti di ogni produzione che gli uomini
fanno dacché sono e fino a quado saranno sulla faccia della terra, ma esprime
anche, scrive Marx, «un rapporto quantitativo tra le due quote del denaro
investite in forza-lavoro L e in mezzi di produzione Pm, un rapporto in
precedenza determinato dalla somma del pluslavoro eccedente da erogarsi da
parte di un determinato numero di operai. Se dunque, ad esempio, il salario
settimanale di 50 operai di una filanda ammonta a 50 Lst. (lire sterline), si
devono spendere in mezzi di produzione 372 lire sterline ponendo che sia tale
il valore dei mezzi di produzione che il lavoro settimanale di 3000 ore, di cui
1500 ore di pluslavoro trasforma in filo».
L’erogazione di un pluslavoro, quindi lo sfruttamento, è
dunque già prevista nella ripartizione quantitativa di Pm e L, mezzi di
produzione e forza lavoro, quindi nella circolazione è già in potenza presente
quello che avverrà nella produzione, ossia lo sfruttamento, la «conciatura»
della pelle dell’operaio, come Marx si esprime alla fine del capitolo quarto
del Primo libro del Capitale a cui il lavoratore della Dalmine fa
riferimento.
Una volta realizzata questa duplice compravendita, ecco che
il capitale monetario, di cui il capitalista dispone all’inizio del ciclo,
mettendo in relazione le due parti materiali, L e Pm, può trasformare il suo
capitale monetario in capitale produttivo: «Non appena si è compiuto D- M
< L Pm il compratore dispone non soltanto dei
mezzi di produzione e della forza-lavoro necessari a produrre un articolo
utile. Possiede una maggiore disponibilità di forza-lavoro, ossia di una
quantità di lavoro maggiore di quella necessaria per sostituire il valore della
forza-lavoro e dispone contemporaneamente dei mezzi di produzione richiesti per
la realizzazione o oggettivazione di questa somma di lavoro; dispone dunque dei
fattori necessari alla produzione di articoli che hanno un valore maggiore di
quello dei loro elementi di produzione, ossia di una massa di merci contenente
plusvalore. Il valore da lui anticipato […] si trova ora nello stato o nella
forma di capitale produttivo, che ha la capacità di avere una funzione
creativa di valore e di plusvalore»
Adesso, però, attenzione al punto seguente. In questo
movimento del capitale monetario, D, del capitalista, questo capitale non
funziona come capitale, ma solo come denaro, perché l’acquisto di Pm e di L
avviene nella forma di uno scambio semplice: M-D dalla parte del venditore
ovvero Pm-D dalla parte del capitalista commerciale che gli vende i mezzi di
produzione, e L-D dalla parte del lavoratore che gli vende la fora lavoro; e D-M
dalla parte del compratore, cioè del capitalista il cui capitale monetario non
si comporta diversamente che come denaro. Scrive Marx: «Come capitale monetario
esso si trova in uno stato nel quale può compiere funzioni di denaro. Come, nel
caso presente, le funzioni di mezzo generale d’acquisto e di mezzo generale di
pagamento. (Quest’ultimo, in quanto la forza-lavoro è bensì già acquistata, ma
viene pagata solo dopo che ha operato. Ove i mezzi di produzione non siano
bell’e pronti sul mercato, ma debbano essere ordinati, il denaro in D-Pm agisce
parimenti come mezzo di pagamento). Questa capacità non scaturisce dal fatto
che il capitale monetario è capitale, ma dal fatto che esso è denaro». Infatti
i mezzi di lavoro, Pm, vengono acquisitati al loro valore di 372 sterline, e se
serviranno per mettere in movimento anche un pluslavoro di 1500 ore su 3000,
non ha importanza nello scambio; e l’acquisto della forza-lavoro avviene anche
questa nella forma di uno scambio semplice perché essa si suppone pagata al suo
valore, cioè al valore dei mezzi di sussistenza (cibo, vestiti, casa istruzione
ecc. a seconda del grado si sviluppo della società) atti a riprodurla. Se poi
la forza-lavoro venisse pagata al di sotto o al di sopra del suo valore, il
movimento dello scambio ristabilisce, come in qualsiasi altra merce, il prezzo
di produzione della forza lavoro ovvero il tempo di lavoro sociale medio che si
esprime in quel prezzo. Scrive ancora Marx: “Per il denaro è affatto
indifferente il tipo di merce in cui esso viene trasformato. Esso è la forma
generale di equivalente di tutte le merci, le quali nei loro prezzi indicano
già che esse rappresentano idealmente una determinata somma di denaro,
attendono di trasformarsi in denaro e solo attraverso il loro scambio di posto
con il denaro ottengono quella forma nella quale sono convertibili in valori
d’uso per i loro possessori». Quindi si tratta della circolazione semplice che
credo abbiate già studiato nei capitoli precedenti: come in tutte le merci
esse, prima dello scambio effettivo col denaro, rappresentano idealmente, ossia
in potenza, una determinata quantità di denaro che si realizza con cambiamento
di posto M-D, D-M. Continua quindi Marx: « Se la forza-lavoro si trova dunque
sul mercato come merce del suo possessore, la cui vendita avviene nella forma
di pagamento per il lavoro, in figura di salario» – cioè in forma mistificata,
perché nella parola salario, “costo del lavoro”, è contenuta una quantità di
lavoro non pagato perché il costo reale è della forza-lavoro - «la sua
compra-vendita non rappresenta nulla di più straordinario della compra-vendita
di ogni altra merce. Il fatto caratteristico non è già che la merce
forza-lavoro sia acquistabile, bensì che la forza-lavoro compaia come merce».
Ecco allora il punto. La forza-lavoro, ossia la capacità di
spendere nel lavoro i propri muscoli, nervi, cervello ecc., è perfettamente
vendibile e comprabile come qualsiasi altra merce, e il suo “giusto prezzo” è
dato dall’equivalente dei mezzi di riproduzione di queste attitudini a seconda
del grado di sviluppo della società, ossia della sua capacità produttiva e dei
suoi bisogni. Il punto della questione è che la forza-lavoro come tale debba
comparire come merce, e quindi debba essere vendibile “liberamente” dal suo
possessore come qualsiasi altra merce, cosa che non avviene nel caso della
schiavitù, dove la persona dello schiavo è incorporato nei mezzi di produzione,
nel “capitale fisso” come lo considerava il suo proprietario, quindi lo schiavo
non è libero di vendere la sua forza-lavoro. Il punto è qui, nel modo di
produzione capitalistico, che la forza lavoro sia cercata come merce dal
compratore che dispone di un capitale monetario, che qui svolge solo la
funzione di denaro come equivalente generale e basta. E questa forza-lavoro
viene cercata dal capitalista perché essa serve a produrre non solo valore,
cioè oggettivazione di lavoro vivente in articoli determinati, ma più valore
quanto ne possegga. Per questo, cioè perché ha la proprietà di produrre più
valore del suo equivalente, quindi perché produce plusvalore, il compratore la
cerca, esattamente come io posso cercare un tablet perché ha come
caratteristica quello di mettermi in rete, fare foto, guardare film caricare
libri ecc. ed essere trasportabile. E come io pago il tablet al suo valore,
senza trucco o inganno, e questo mi dà le funzioni per cui l’ho comprato, così
il capitalista paga la forza lavoro al suo valore cioè a quello dei mezzi atti
a riprodurla, e questa eroga la funzione per cui il capitalista allo stato di
bruco l’ha comprata, cioè produrre non solo valore, ma anche plusvalore. “Non
c’è trucco, non c’è inganno”, finora. E fin qui, NELLA CIRCOLAZIONE, il
capitale monetario del capitalista allo stato di bruco funziona come denaro.
Ma il fatto che la forza lavoro compaia come merce, non
dipende dalla circolazione, bensì da una serie di fenomeni che si svolgono
prima e fuori e che al tempo stesso caratterizzano specificamente la
circolazione capitalistica del merci, ed è da qui che deriva al denaro la sua
funzione di capitale, e non dal fatto che con questo capitale monetario compra
forza lavoro e mezzi di lavoro in quantità tale da costringere il lavoratore a
sgobbare più di quanto egli lavorerebbe per riprodurre i mezzi della sua
sussistenza (in totale, nell’ esempio di Marx fatto sopra, per 50 operai e
quindi adesso su uno solo, 60 ore settimanali, di cui 30 di pluslavoro) -
perché in questa forma il capitale monetario è denaro e come tale può comprare
qualsiasi merce. Vediamo in che senso.
Considerando le cose dal parte del capitalista, questi deve
comprare i mezzi di lavoro e materiale di lavoro, Pm, prima di comprare la
forza-lavoro, L, e questi mezzi, Pm, devono essere in quantità tale che, uniti
con la forza-lavoro, diano un plusvalore, quindi devono fare lavorare 50 operai
per 3000 ore settimanali in cui sono incluse 1500 ore di lavoro gratis, pur
essendo i 50 operai pagati al loro valore, cioè al valore della loro
forza-lavoro che ciascuno ha venduto al possessore di denaro al “giusto
prezzo”. Insomma, la forza lavoro, appena, venduta dal lavoratore, passa in
potere del possessore di denaro, deve già trovare i mezzi di produzione pronti
perché possa erogare il pluslavoro oltre a riprodurre i suoi stessi mezzi di
sussistenza; insomma, deve già trovare i mezzi con cui essa stessa può
riprodurre la sua schiavitù, ovvero si possa essa stessa “conciare” la sua
pelle, se vuole sopravvivere.
Considerando ora la cosa dalla parte del lavoratore, ne
consegue che perché egli possa attivarsi produttivamente e quindi essere
sfruttato, deve trovare i mezzi di produzione in mano al capitalista già
predisposti per “conciarlo” ossia per sfruttarlo. Vale a dire la forza-lavoro
deve essere separata dai mezzi di produzione, cioè dalle condizioni oggettive
che le permetterebbero di attivizzarsi, e non deve essere impiegata per
produrre direttamente mezzi di sussistenza per il lavoratore stesso che
possiede questa forza-lavoro, né per produrre merci che il possessore di questa
forza lavoro potrebbe vendere e del cui ricavato potrebbe vivere. Solo nel
momento in cui la forza lavoro è venduta del suo possessore e messa in contatto
con gli strumenti di produzione che sono in mano al possessore di denaro,
allora questa forza lavoro, scrive Marx, «diventa parte costitutiva del capitele
produttivo del suo compratore tanto quanto i mezzi di produzione», quindi il possessore di forza lavoro diventa
lavoratore ossia è lavoratore o operaio in quanto parte costitutiva del
capitale che è ora diventato da capitale monetario capitale produttivo.
Allora, sotto questo riguardo, è vero che il possessore di
denaro e il possessore di forza lavoro stanno nella circolazione in un semplice
rapporto monetario di venditore e compratore e l’atto è D-L, quindi il capitale
monetario qui svolge la sua funzione non in quanto è capitale ma in quanto è
denaro. Però, ed ecco il punto, «fin dall’inizio» - scrive ancora Marx, e
sottolineo «fin dall’inizio» – «il compratore si presenta insieme come
possessore dei mezzi di produzione, i quali costituiscono le condizioni
oggettive per il dispendio produttivo della forza-lavoro da parte del suo
possessore. In altre parole: questi mezzi di produzione si contrappongono al
possessore della forza-lavoro come proprietà estranea. D’altro lato, il
venditore del lavoro sta di contro al compratore di esso come una forza-lavoro
estranea, che deve passare in suo potere, essere incorporata al suo capitale,
affinché questo agisca realmente come capitale produttivo».
Allora, se la forma della circolazione è quella di
una compravendita di mezzi di produzione e di forza lavoro secondo le leggi
dello scambio semplice, D-M per il capitalista, M (L) –D da parte del
lavoratore, quindi il capitale monetario qui agisce come denaro e non come
capitale, dal punto di vista della sostanza che è presupposta a questa
apparenza, compratore e venditore si presentano rispettivamente l’uno come
possessore dei mezzi di produzione separati dall’operaio, e l’altro come
separato dai mezzi di produzione. Appena conclusa la compravendita, il
possessore della forza lavoro ha dato al sua pelle al possessore di denaro per
un determinato tempo per farsela conciare cioè per farsi sfruttare e per
cacciare fuori, se non vuole morire di fame, più valore di quanto basti a
riprodurre la sua misere esistenza. E allora, scrive Marx, «il rapporto di
classe tra capitalista e operaio salariato è […] già presente, già presupposto
nel momento in cui entrambi si contrappongono nell’atto D-L (L-D da parte del
lavoratore). È compra-vendita, rapporto monetario, ma una compra-vendita nella
quale il compratore viene presupposto come capitalista e il venditore come
salariato, e questo rapporto è dato del fatto che le condizioni per la
realizzazione della forza-lavoro – mezzi di sussistenza e mezzi di produzione –
sono separate dal possessore della forza-lavoro come proprietà estranea».
Quindi mi sembra che qui il lavoratore della Dalmine abbia
ragione: già nella circolazione è presente lo sfruttamento ovvero
l'antagonismo, ma in potenza. Nel momento in cui la forza lavoro venduta entra
in possesso del possessore dei mezzi di produzione e viene unita ad essi, si
attivizza. «Come abbia origine questa separazione, qui non ci interessa».
Questo punto Marx lo ha affrontato nel capitolo ventiquattresimo del Primo
libro del Capitale, dedicato alla cosiddetta «accumulazione originaria», quando
ha parlato di come è nato il modo di produzione capitalistico nel secolo XVI in
Europa occidentale, in modo caratteristico in Inghilterra, attraverso l’espropriazione
violenta dei contadini, proprietari e lavoratori diretti della loro piccola
azienda agricola, e degli artigiani proprietari diretti dei loro mezzi di
lavoro che maneggiavano personalmente con abilità da maestri. Attraverso questo
processo, fatto nel modo più «infame» - Marx usa questo termine, parlando di
sangue, ferro e fuoco -, il lavoratore diretto si trasformò il proletario e i
mezzi di produzione loro espropriati e concentrati in poche mani, si
trasformarono in capitale. Quindi, prima deve essere istituito il modo di
produzione capitalistico e poi diviene «socialmente normativa» la compravendita
della forza lavoro come merce. Prima fu effettuata, cinque secoli fa nella
“bella” Europa, la separazione violenta tra lavoratore e mezzi di produzione
che gli appartenevano, e in seguito a ciò la forza-lavoro poté comparire come
merce. Allo stesso modo, ma con forme e conseguenze differenti, anche la
compravendita degli schiavi è compravendita di merci; ma prima doveva essere
istituita storicamente la schiavitù e poi il denaro poteva compiere la funzione
di mezzo di acquisto di schiavi.
Continuiamo a leggere fino alla fine il passo di Marx che
immediatamente sopra abbiamo iniziato a vedere: «Ciò che a noi qui interessa è:
se L-D compare come una funzione del capitale monetario, ossia il denaro
compare qui come forma di esistenza del capitale, ciò non è affatto perché il
denaro si presenta qui come mezzo di pagamento per un’attività umana che ha un
effetto utile, per un servizio; non è affatto, dunque, per la funzione del
denaro come mezzo di pagamento. Il denaro può essere speso in questa forma solo
perché la forza-lavoro si trova in uno stato di separazione dai suoi mezzi di
produzione (compresi i mezzi di sussistenza come mezzi di produzione della
stessa forza-lavoro); e perché tale separazione viene superata solo col fatto
che la forza-lavoro viene venduta al proprietario dei mezzi di produzione; che
quindi anche la mobilitazione della forza-lavoro, i cui limiti non coincidono
affatto con i limiti della massa di lavoro necessaria per la riproduzione del
suo stesso prezzo, appartiene al compratore. IL RAPPORTO CAPITALISTICO DURANTE
IL PROCESSO DI PRODUZIONE SI RIVELA SOLTANTO PERCHÉ ESSO IN SÉ ESISTE NELL’ATTO
DELLA CIRCOLAZIONE, NELLE DIFFERENTI CONDIZIONI FONDAMENTALI IN CUI SI
CONTRAPPONGONO COMPRATORI E VENDITORI, NEL LORO RAPPORTO DI CLASSE. Non è il
denaro a dare con la sua natura il rapporto; è piuttosto l’esistenza di questo
rapporto che può trasformare una semplice funzione di denaro in un funzione di
capitale”. Ho messo io la frase sopra in maiuscolo perché credo che in questo
modo va formulata la risposta alla questione posta dal lavoratore della
Dalmine.
Marx nota che, a questo proposito, si fa la confusione
(credo che si riferisca all’economia politica borghese) per cui dove il
capitale monetario con il quale il capitalista compare sul mercato delle merci
e del lavoro, assolve le funzioni solo di denaro in uno scambio semplice D-M
< L Pm, questa funzione viene fatta derivare dal
fatto che il capitale monetario è capitale. Invece, dove il denaro funziona
come capitale, in quanto la forza lavoro che acquisita è già stata, prima
dell’acquisto, posta come merce separata dai mezzi di lavoro e di sussistenza e
quindi, per poter tirare su il piatto a tavola, è costretta a vendere la sua
forza lavoro e darsi in sfruttamento, dato che essa ha come valore d’uso la
proprietà di produrre valore e più valore di quanto essa ne abbia, allora ecco
che questa funzione di capitale viene fatta derivare dal denaro. Ci si comporta
cioè in questo caso come se lo scambio della forza lavoro, che certo avviene
come semplice scambio di merce e denaro, presupponesse solo una società
produttrice di merci. E invece questa società dove la forza-lavoro compare come
merce, deve essere già stata posta, istituita violentemente all’inizio dell'età
moderna come società capitalistica. Sarebbe interessante a questo proposito
capire che funzione hanno le guerre umanitarie odierne della borghesia, dettate
non solo dalla rapina imperialistica delle materie prime, ma anche
dall’esigenza di completare nel resto del mondo e fino in fondo l’estensione
del modo di produzione capitalistico.
Questa idea secondo cui l’antagonismo di classe tra
capitalisti e lavoratori salariati esiste in potenza dall’inizio fin nella
circolazione, è quella che Engels e Marx avevano esposto anche nel Manifesto
del Partito comunista, quando affermano che «il proletariato passa
attraverso vari gradi di sviluppo. La sua lotta contro la borghesia comincia
con la sua esistenza». Infatti è la produzione stessa capitalistica che è
antitetica nella sua natura e perciò non riformabile.
Conclusa la compravendita D-M < L Pm e
messi in contatto, dal capitalista, mezzi di lavoro e forza lavoro, Pm e L,
comincia il consumo produttivo di questi valori d’uso del capitale. Quindi la
circolazione si interrompe e lo sfruttamento si svolge, passa dalla potenza
all’atto FUORI DALLA CIRCOLAZIONE. Il capitale produttivo ha il ciclo P….P’ (i
puntini sospensivi indicano appunto l’interruzione del processo di
circolazione). Da questo consumo produttivo di Pm e L, fuori dalla
circolazione, esce un capitale merce M’ (cioè M, equivalente dei mezzi di
sussistenza dell’operaio e un plusprodotto, m, che il capitalista si trova
gratis). M’ dovrà ora essere venduto, il suo prezzo realizzato affinché il
capitale monetario D, da cui eravamo partiti diventi realmente D’ sennò la
produzione successiva, quindi la riproduzione, non può ripartire. A questo
punto riprende la circolazione.
E così, il capitalista ha prima comprato le merci, Pm e L,
pagandole al loro valore e adesso vende al loro valore il capitale- merce M’
trovandosi D’. Non c'è trucco non c’è inganno eppure egli si trova gratis con
più denaro di quanto avesse anticipato….Fate voi… Chi ha fatto il “miracolo” di
farglielo trovare oltre anche a reintegrargli i mezzi consumati?
Dovrà poi essere scambiato con merci per il consumo del
capitalista, e con Pm ed M per reintegrare e aumentare i mezzi di produzione e
la forza lavoro. Riprende il ciclo. Ma poiché, come abbiamo visto, questo ciclo
è stato istituito violentemente con la separazione del lavoratore dai mezzi di
produzione, esso contiene in sé tutta una serie di urti e contraddizioni
violente che poi danno origine a quei fenomeni che si chiamano crisi e che
aprono le possibilità di rivoluzionare il modo di produzione capitalistico.
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