“Le istituzioni nascondono la verità sulla fine di Davide”
Borgomanero, la moglie dell’ingegnere
sparito nel 1990. “L’avvocatura dello Stato ha chiesto l’archiviazione”
È da quel 12 settembre 1990 che parenti e amici
di Davide Cervia si battono per scoprire cosa gli è successo In questi giorni
stanno organizzando un evento in occasione del 25° anniversario della
scomparsa
«Abbiamo denunciato il Ministero della Difesa e quello della Giustizia perché
in questi anni hanno fatto di tutto per ostacolare l’accertamento della verità:
ora l’Avvocatura dello Stato ha chiesto che tutto venga archiviato per
prescrizione dei termini. Questo significa che ancora una volta lo Stato,
anziché cercare la verità, in tutte le maniere punta a nasconderla. Ma noi non
ci stanchiamo e non abbiamo paura, andremo avanti, non ci fermeranno».
«Usato come un’arma»
Così Marisa Gentile, la moglie di Davide Cervia, l’esperto di guerre elettroniche rapito sotto casa il 12 settembre del 1990, a 25 anni di distanza continua la sua battaglia. «Servizi e poteri deviati, poteri occulti o forse neppure tanto nascosti, in 25 anni hanno puntualmente, sistematicamente cercato di bloccarci - rimarca Marisa Gentile - di allontanarci dalla soluzione di questo caso. E le cosiddette istituzioni non hanno mosso un dito per fare luce su questa terribile vicenda».
Marisa Gentile è convinta che 25 anni fa a Velletri, sia avvenuto uno dei misteri più oscuri della storia repubblicana, con responsabilità a livelli altissimi. «Ho decine di episodi incredibili accaduti in questi anni - a cominciare dalla negazione sistematica da parte del Ministero della Difesa della vera qualifica di mio marito. Abbiamo dovuto occupare 9 ore il Ministero della Difesa per ottenere il foglio matricolare autentico di Davide: prima ne avevamo ricevuti cinque fasulli». La moglie di Cervia ha una idea chiara sulle motivazioni del rapimento del marito: «È stato usato come un’arma, come merce di scambio: era uno dei massimi esperti di armamenti elettronici, e tre mesi dopo la sua scomparsa è iniziata la Guerra del Golfo. La soluzione è legata a questo fatto. In certi ambienti, se non ti possono comprare o corrompere, ti eliminano o ti rapiscono. Lui serviva, faceva comodo, lo hanno preso».
La storia di Davide Cervia sembra un film di spionaggio, con minacce alla famiglia, l’offerta di un miliardo di lire perché la smetta con le indagini, un attentato con l’esplosivo all’abitazione. Dopo 25 anni la figlia Erika è decisa, come la madre, ad andare in fondo. Il pomeriggio del 12 settembre 1990 Erika stava aspettando il papà per fargli vedere che aveva imparato ad andare in bicicletta. Ora è la promotrice del comitato spontaneo creato per fare luce sulla vicenda: anche lei accusa «uno sporco potere deviato che da quel giorno ha deciso di lasciare sospese le vite di tutti noi. Stavamo preparando un evento in occasione del 25° anniversario della scomparsa di mio padre, ma un intoppo organizzativo lo ha rimandato. Noi, non demordiamo».
Così Marisa Gentile, la moglie di Davide Cervia, l’esperto di guerre elettroniche rapito sotto casa il 12 settembre del 1990, a 25 anni di distanza continua la sua battaglia. «Servizi e poteri deviati, poteri occulti o forse neppure tanto nascosti, in 25 anni hanno puntualmente, sistematicamente cercato di bloccarci - rimarca Marisa Gentile - di allontanarci dalla soluzione di questo caso. E le cosiddette istituzioni non hanno mosso un dito per fare luce su questa terribile vicenda».
Marisa Gentile è convinta che 25 anni fa a Velletri, sia avvenuto uno dei misteri più oscuri della storia repubblicana, con responsabilità a livelli altissimi. «Ho decine di episodi incredibili accaduti in questi anni - a cominciare dalla negazione sistematica da parte del Ministero della Difesa della vera qualifica di mio marito. Abbiamo dovuto occupare 9 ore il Ministero della Difesa per ottenere il foglio matricolare autentico di Davide: prima ne avevamo ricevuti cinque fasulli». La moglie di Cervia ha una idea chiara sulle motivazioni del rapimento del marito: «È stato usato come un’arma, come merce di scambio: era uno dei massimi esperti di armamenti elettronici, e tre mesi dopo la sua scomparsa è iniziata la Guerra del Golfo. La soluzione è legata a questo fatto. In certi ambienti, se non ti possono comprare o corrompere, ti eliminano o ti rapiscono. Lui serviva, faceva comodo, lo hanno preso».
La storia di Davide Cervia sembra un film di spionaggio, con minacce alla famiglia, l’offerta di un miliardo di lire perché la smetta con le indagini, un attentato con l’esplosivo all’abitazione. Dopo 25 anni la figlia Erika è decisa, come la madre, ad andare in fondo. Il pomeriggio del 12 settembre 1990 Erika stava aspettando il papà per fargli vedere che aveva imparato ad andare in bicicletta. Ora è la promotrice del comitato spontaneo creato per fare luce sulla vicenda: anche lei accusa «uno sporco potere deviato che da quel giorno ha deciso di lasciare sospese le vite di tutti noi. Stavamo preparando un evento in occasione del 25° anniversario della scomparsa di mio padre, ma un intoppo organizzativo lo ha rimandato. Noi, non demordiamo».
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