Si prepara un governo Renzi. Ma è
meglio chiamarlo: governo Renzi-Squinzi-banchieri-controllato dal
nuovo protagonismo di Berlusconi, e che fa l'occhiolino a Landini con
una apertura da parte di quest'ultimo al piano del lavoro, il
cosiddetto 'jobs act'.
Il padronato industriale e finanziario
si aspetta che l'attivismo del “matteorenzi” produca atti
immediati. Siamo sempre alle stesse “agende”, date a Monti e poi
a Letta, non ci sono granchè novità. Ma ora il problema è vedere
se quel “faccio tutto io e subito” di Renzi può produrre, almeno
all'inizio, passi concreti che vadano nel senso di “meno Stato
nell'economia, semplificazioni legislative e di regolamenti per le
aziende, di agevolazioni e credito alle imprese, tassazioni più
leggere per le imprese, una pubblica amministrazione efficiente e
moderna , mercati “sgessati”; ma soprattutto una riduzione del
costo del lavoro, “una riforma del mercato del lavoro che lo renda
davvero flessibile (cioè con meno vincoli allo sfruttamento
padronale), una scuola e formazione a misura della competitività
globale (cioè una scuola che sforni braccia e anche cervelli al
servizio del profitto capitalista), una decontribuzione per le
assunzioni di giovani; e infine tanta ricerca e innovazione (sempre
per le aziende)”.
Per questo il consiglio del
padronato – che va “a cazetta” con il superpersonalismo di
Renzi – è di governare attraverso un rapporto diretto con i
cittadini, “spiegando ai cittadini, prima ancora che ai politici,
cosa vuole fare... parlare chiaro, dire le cose come stanno,
usare il senso comune del Paese. Solamente così potrà
sopravvivere...” avere il sostegno dell'opinione pubblica...
(Sergio Fabbrini su Sole 24 Ore).
Ma chi è questa “opinione pubblica”? Non certo i lavoratori,
i giovani, le donne, quelli che non hanno da aspettarsi nulla di
buono dallo “scattante Renzi”.
Sono piuttosto gli elettori del partito di Berlusconi, con cui
“Renzi dovrà fare un patto per la riforma delle regole del gioco,
la riforma elettorale concordata con il pluricondannato leader
dell'attuale principale partito di opposizione. “Fu un errore del
governo Letta, e ancora di più del governo Monti – dice il
giornalista della Confindustria - lasciare l'iniziativa della riforma
elettorale al parlamento. La riforma elettorale dell'Italicum va
imposta dal governo attraverso un accordo dichiarato con Forza Italia
di Silvio Berlusconi. Quest'ultimo è abilitato dai milioni di
elettori che lo hanno votato e che continuano a sostenerlo... Con la
riforma elettorale approvata, i parlamentari del Pd e degli altri
partiti della coalizione non avranno più poteri di veto nei
confronti del governo Renzi..”.
Non solo, ma “Se quello di Renzi sarà un governo dell'opinione
pubblica (!?), allora non dovrà preoccuparsi di promuovere una
riforma del mercato del lavoro che metterà in discussione il potere
di veto dei sindacati... Il senso comune del Paese è chiaro: siamo
soffocati dalle rendite private e pubbliche, sindacali e corporative.
Un governo dell'opinione pubblica dovrà concentrarsi su pochi
problemi, senza mollare la presa fino a quando non sono risolti”.
Dove, chiaramente, per “Paese”, si intende solo il loro paese.
Ora, tenendo conto che il “matteorenzi” tutte queste idee e
programmi innovativi non pare averli – il jobs act è
sostanzialmente un piano sempre pronto nei cassetti dei vari Ichino;
come l'Italicum non fa che sostanzialmente spostare di poco in basso
o in alto alcune percentuali; ecc. - ciò che farà agire è in
effetti proprio questo metodo di “imposizione”, di decisionismo
“legittimato” dal “rapporto diretto coi cittadini” - una
sorta di “berlusconismo giovanile”, che parla pure tanto...
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