Tutti sono concentrati su Matteo
renzi, i suoi rapporti ambigui con Berlusconi, la litigate notturne con
Angelino Alfano, i suoi “pilastri” democristiani (Graziano Delrio e
Lorenzo Guerini), le “slinguazzate” dedicategli dai media...
Mentre Giavazzi e Alesina descrivono sul Corriere quel
che dovrà fare in campo economico (“tagliare la spesa”, adootare la
legge Ichino sul contratto unico a tute inesistenti”, “eliminare la
cassa integrazione”, ecc) e Peter Harz viene intervistato (stesso
giornale) per presentare il suo “piano per l'occupazione giovanile in
Europa”, che sarà oggetto di un apposito convegno continentale a
Saarbrucken, tra qualche mese.
Harz? Quello che ha inventato i
“mini-job” in Germania – al tempo di Schroeder – e condannato una
generazione di tedeschi (e le successive) a un futuro di precarietà
perenne pagata due soldi? L'ex dirigente della Volkswagen? Proprio lui.
Il suo “piano” sembra perfetto per mr.
Renzi: “la disoccupazione può essere ridotta riallocando temporaneamente
i giovani senza lavoro in un altro paese europeo che li ospiti per
l'addestramento e l'impiego”. Una bella deportazione “temporanea”,
insomma, è passa la paura. Anzi, come direbbe John Elkann, così imparano
a stare “furi di casa” e a nutrire qualche ambizione. Come quella di
sopravvivere, magari.
Questo piano vi ricorda qualcosa di già
visto nella storia?. Magari quelle infornate di “lavoro straniero” nella
Germania nazista? Beh, in effetti, decine di migliaia di “giovani”
lavoratori italiani (e altrettanti di altri paesi) si fecero le ossa in
quel modo, contribuendo all'esplosione industriale del Reich e quindi
alla preparazione della seconda guerra mondiale.
Anche guardando la cartina d'Europa che
il Corriere affianca all'intervista ad Harz restano pochi dubbi: tutti i
paesi del vecchio continente hanno una disoccupazione giovanile
paurosa. L'Italia, lo sappiamo, al 41,6%, la Spagna al 54,3, i francesi
non stanno benissimo (25,6), e anche Gran Bretagna (20%) o Svezia (22,6)
non sembrano aver molto posto per “ospitare” giovani disoccupati
altrui. La Germania, invece, con quel 7,4% appena di giovani “pigri”,
sembra davvero l'unica destinazione possibile.
Il “piano Harz” è insomma una piano di
deportazione di forza lavoro giovanile (“fresca”) in Germania, a prezzi
stracciatissimi e a tempo determinato, per alimentare un'economia a sua
volta “depressa” ormai dalle stesse politiche imposte al resto d'Europa.
Da sottolineare come lo stesso Harz
riconosca che il suo “piano” applicato in Germania ha potuto avere
successo solo grazie alla compresenza di tre fattori decisivi:
- la “cogestione”, ovvero quel meccanismo
– esistente solo in Germania – per cui i sindacati siedono nei consigli
di amministrazione delle aziende principali e concorrono alla
determinazione della scelte aziendali, accettando in cambio di
“moderare” le richieste salariali;
-
- le “riforme” (mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, ecc)
-
- una congiuntura economica favorevole.
- “Riforme” a parte, come si vede, ne mancano ovunque due su tre. Ma più interessante è il ragionamento sulla terza condizione: la “crescita economica”. Lungi infatti dall'essere un fattore che “spinge” la crescita, questa ultra-precarizzazione del lavoro a salario infimo può funzionare sole se la “congiuntura si rimette in moto”
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