Spagna: twittare messaggi
“rivoluzionari” sarà reato
- Giovedì, 26 Settembre 2013
09:34
- Scritto da Marco Santopadre
“La
distribuzione o diffusione pubblica, per mezzo di qualungo strumento, di
messaggi o slogan che incitino a commettere reati di alterazione dell’ordine
pubblico (...) o che servano a rafforzare la motivazione per portarli a
termine, verrà punita con una multa o con il carcere da tre mesi fino ad un
anno”.
Siamo in
Turchia? No, a Madrid. Così recita infatti il nuovo articolo introdotto dal
governo di destra spagnolo nel Progetto di Riforma del Codice Penale approvato
venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri, e che ha buone possibilità di
passare l’esame delle Cortes dove il PP di Rajoy ha la maggioranza assoluta.
Naturalmente gli strumenti contemplati dalla nuova legge repressiva includono i
social network come Twitter e Facebook, e qualsiasi altra rete sociale o
blog o sito accessibile per mezzo di Internet, strumento che ha avuto una
funzione importante nelle mobilitazioni dei mesi e degli anni scorsi contro
l’esecutivo e l’austerità targata troika.
Naturalmente
dal Ministero della giustizia si nega la volontà di punire la libera manifestazione
delle idee e delle opinioni politiche, ma che ‘esagera’ finirà nei tribunali. E
c’è da giurare che i social network stessi aumentino a monte il grado di
censura nei confronti dei tweet o dei post ritenuti passibili di incorrere nel
nuovo dispositivo liberticida. Incitare a partecipare a una manifestazione non
autorizzata dalle autorità o a realizzare un blocco stradale, ad esempio, sarà
considerato delitto di ‘alterazione dell’ordine pubblico’.
Tanto che a
preoccuparsi sono anche alcuni magistrati, soprattutto quelli aderenti
all’associazione progressista ‘Giudici per la democrazia’, secondo i quali
l’ulteriore giro di vite potrebbe giustificare maxi operazioni repressive come
quelle già condotte dalle correnti più reazionarie della ‘giustizia’ spagnola
contro i promotori delle manifestazioni del 25 settembre dell’anno scorso, che
semplicemente invitavano ad assediare o ad occupare - simbolicamente, ovvio -
il Parlamento spagnolo. A decine sono finiti in tribunale per un delitto di
opinione, prima che un giudice archiviasse le denunce nei loro confronti. Un
‘contrattempo’, l'archiviazione, che la nuova legge eviterebbe. Prevedendo fino
a sei anni di carcere per i delitti gravi di “alterazione” del cosiddetto
ordine pubblico, quelli durante i quali qualcuno esibisca armi giocattolo o
strumenti ritenuti pericolosi o lanci oggetti contundenti, o utilizzi liquidi
infiammabili o quasiasi tipo di esplosivi. Ugualmente grave, e passibile della
stessa condanna, viene ritenuto il disturbo dell’ordine pubblico condotto
“durante una manifestazione o riunione numerosa” (della serie, ‘devastazione e
saccheggio’).
Una legge
‘speciale’ già da tempo applicata contro l’insorgenza basca e che a questo
punto della crisi economica e politica che investe lo Stato Spagnolo il Partito
Popolare vuole estendere a tutto il paese.
Ma il vero
obiettivo del governo è evidente: equiparare a reati punibili con il carcere
alcune delle pratiche tipiche della disobbedienza civile finora attuate da una
parte del cosiddetto movimento degli ‘indignados’. Ad esempio prevedendo
esplicitamente la punizione con il carcere di cittadini ed attivisti che
partecipino alle occupazioni di banche, protesta contro gli sfratti sempre più
diffusa nel paese. Recita la nuova legge: “coloro che, in gruppo o
individualmente (...) invadano o occupino senza il consenso del titolare, il
domicilio di una persona giuridica pubblica o privata, un ufficio, uno
stabilimento o un locale, anche se aperto al pubblico, e causino una
interruzione della sua normale attività, verrà punito con una pena detentiva
dai tre ai sei mesi o con una multa dai sei ai dodici mesi”.
La Spezia: invoca la
rivoluzione, rischia il carcere
- Mercoledì, 25 Settembre 2013
11:58
- Scritto da Luca Fiore
Ha
dell’incredibile la vicenda che coinvolge un ragazzo che ha ‘osato’ invocare la
rivoluzione al passaggio del capo della Polizia. Ma è assai rivelatrice del
clima di vero e proprio terrore che una classe dirigente screditata e
subalterna ai diktat dell’UE sta imponendo al paese, in particolare a chi
esprime anche solo opinioni critiche prima ancora che forme di conflitto.
Il ragazzo
in questione, che venerdì scorso ha gridato ‘Ci vuole una rivoluzione’ mentre
era in corso una visita in questura del capo della Polizia, Alessandro Pansa, è
stato addirittura denunciato per un reato che ai più è sicuramente sconosciuto:
“grida sediziose”. Un reato esplicitamente di opinione che però prevede fino ad
un anno di galera e la cui applicazione in questo specifico caso dimostra,
oltre alla tracotanza di chi gestisce le istituzioni, anche la giustezza e la
fondatezza del messaggio che il ragazzo denunciato ha indirizzato alle
‘autorità’. Si, ci vorrebbe proprio una rivoluzione.
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