domenica 7 agosto 2011

pc 7 agosto - la lotta dei no tav non si ferma

Presidio Gravela di Chiomonte, 4 agosto 2011. Nicola e Stefano si incatenano al cancello che serra la strada dell’Avanà. Nicola non mangia da 13 giorni, Stefano e Turi hanno appena iniziato. Nicola ha deciso di fare anche il digiuno dell’acqua.
I tre No Tav lottano contro la militarizzazione e i fogli di via imposti dalla questura torinese ad alcuni attivisti.
La polizia minaccia una carica, poi decide di desistere.
Nel pomeriggio Turi si intrufola oltre il cancello, salta la recinzione e rapidissimo si arrampica su un altissimo pino secco nell’area della centrale.
Arrivano i pompieri, la polizia si agita.
Turi ha deciso di attuare una protesta clamorosa e non violenta contro l’occupazione militare. Vuole che si rompa il silenzio sul digiuno No Tav, ma soprattutto vuole che la forza delle armi ceda il passo alle ragioni del dialogo. Difficile immaginare che chi basa il proprio potere sul monopolio legale della violenza possa cedere alla forza morale. Una scommessa tanto difficile quanto affascinante. Probabilmente un’utopia, che tuttavia si nutre della forza immaginifica di un uomo in pantaloncini, scalzo e inerme che sfida, mettendo in gioco la vita, l’apparato militare dello Stato.
Solo la forza collettiva del movimento, solo la capacità di contaminare sempre più gente con le proprie ragioni, può dare corpo all’idea che Turi suggerisce con la propria azione. Sì è tanto più radicali quanto più si è radicati. Il gesto del singolo che viola i divieti e salta la rete diventa fecondo se diviene stimolo per l’azione di tutti. Ciascuno come sa, come può e come vuole. Tutti decisi a mettersi di mezzo.

Turi canta, invita i militari a tornare a casa loro, ad abbandonare la divisa.
L’assemblea quotidiana del presidio si sposta sul ponte. Nicola, provato dal digiuno, interviene sostenendo con forza che vorrebbe che la sua scelta fosse di stimolo alla lotta, al moltiplicarsi di iniziative e blocchi.
Turi chiede – tramite una compagna entrata su sua richiesta nel recinto – il parere dell’assemblea. Alcuni, preoccupati per la sua incolumità, vorrebbero che scendesse. Turi chiede una coperta e decide di resistere.

Condove, ore 20,15. Circa trecento No Tav armati di bandiere si ritrovano nella piazza del mercato. Una breve assemblea e poi tutti alla stazione.
Passa rallentando un treno locale: la gente saluta dai finestrini, il macchinista suona ritmicamente la sirena. In Val Susa tutti amano i treni: tanti li prendono ogni giorno per andare a lavorare o a studiare. Treni spesso sovraffollati, sporchi, in ritardo. Non un euro viene speso per migliorare il trasporto dei pendolari. Eppure ne basterebbero ben meno di quelli che vogliono sprecare per il Tav o per finanziare le missione degli assassini in divisa in Afganistan e in Libia.
I No Tav allungano le bandiere e le ferrovie decidono di fermare il TGV.
La sigla TGV, per chi non lo sapesse, sta per Train Aute Vitesse, treno ad alta velocità, Tav. Il Tav tra Torino e Lyon, anche se il governo e gran parte dell’opposizione fingono di non saperlo, c’è già.
Il giorno successivo i giornali, veri megafoni della questura, dicono che chi ha partecipato verrà denunciato per interruzione di servizio. Non solo. Pare vogliano segnalare al tribunale dei minori chi è venuto alla stazione con i figli. Ogni giorno la polizia inventa nuove minacce sperando di fiaccare la resistenza dei No Tav. Non ci riusciranno.
Il blocco va avanti sino alle 23,30.

Presidio Gravela di Chiomonte, ore 21,30.
La serata sulla militarizzazione viene spostata in strada, davanti al cancello. Marco Rossi per oltre un’ora ricostruisce l’avventura di guerra dei militari italiani in Afganistan. La contabilità dei morti, gli interessi in gioco, la dicono lunga su una guerra feroce, in cui le prime vittime sono i civili.
Turi chiede senza ottenerli una corda di canapa e abiti caldi per affrontare la notte: la funzionaria responsabile della piazza nega tutto nella speranza che Turi ceda.Un compagno tenta una sortita, cercando di salire sull’albero, ma viene intercettato e rudemente bloccato dalla polizia. Arrivano gli avvocati, la gente si assembra al cancello, batte e intona slogan.
La funzionaria indossa la fascia tricolore, arriva l’idrante, si schiera l’antisommossa.
Una compagna entra e riesce a convincere la funzionaria a far avere gli abiti a Turi. Al compagno che aveva tentato di raggiungere Turi viene permesso di salire sul cestello della scala mobile. Turi scende un po’ più in basso, prende le sue cose e comunica la sua intenzione di non mollare.
Resterà su tutta la notte.
La mattina successiva riesce finalmente ad avere una corda per legarsi.
Inizia il digiuno della parola.

La solidarietà è un’arma. Chi può passi dal presidio “Gravela” di Chiomonte.

Per info:
notavautogestione@yahoo.it
338 6594361

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