Berlusconi, Rotelli e Moratti
piano per salvare don Verzè
A Milano spunta una grande alleanza per evitare il crac del San Raffaele Don Luigi Verzè
"Pensavano di prendersi il San Raffaele con due lire". Invece, uno scatto d'orgoglio e gli amici giusti, e don Luigi Verzè, dinamico nonostante i 92 anni, ha fatto capire che in cima al cupolone della clinica milanese c'è ancora lui. Nel suo ufficio piazzato nel mezzo del giardino pensile della clinica San Raffaele, all'ombra della statua dell'arcangelo costata ben 2,5 milioni di euro, sono giorni di duro lavoro. La corsa è contro il tempo, l'ultima data disponibile per salvare l'ospedale dal crac è il consiglio di amministrazione del 27 giugno, dopo di che per la Fondazione azionista del San Raffaele si aprirà il baratro. I debiti hanno superato il miliardo, non ci sono più soldi in cassa e già pendono in Tribunale alcuni decreti ingiuntivi: il più consistente è quello della Farma factoring che da solo vale oltre 5 milioni di euro.
Messi in un angolo i superconsulenti suggeriti dalle banche creditrici, il pivot del salvataggio è diventato Bruno Ermolli e gli assi messi sul tavolo dall'eminenza grigia berlusconiana escono da quella fitta rete di relazioni che il Gianni Letta di Milano tesse da decenni. Ovviamente la famiglia Berlusconi, da sempre vicina a Don Verzè, già presente nel capitale della Molmed, la società specializzata nella ricerca del San Raffaele e quotata in Borsa, e la famiglia Moratti, ramo Gian Marco e Letizia. Entrambe si candidano a essere soci finanziari del San Raffaele, mentre la parte industriale sarebbe stata opzionata da Giuseppe Rotelli, il re (berlusconiano pure lui) delle cliniche lombarde. Si parla di un impegno di 75 milioni di euro che verrà trasformato in azioni della nuova società che gestirà l'ospedale.
Non sono nomi usciti a caso. Ermolli è da tempo consigliere del premier, siede nei consigli di Fininvest, Mediaset e Mondadori e ha saldato stretti legami con Letizia Moratti, grazie all'Expo, alla Scala e al suo ruolo nell'advisory board del Comune di Milano. Del teatro meneghino, di cui la Moratti come sindaco è stata presidente, Ermolli è vicepresidente, mentre nell'Expo è entrato come rappresentante della Camera di Commercio. Ermolli è membro del collegio di sorveglianza della Fondazione Expo, un organismo di cui fanno parte Gian Marco Moratti e che è presieduto da Diana Bracco. Non appare nemmeno un caso, quindi, che anche l'ex presidente di Assolombarda, di stretta osservanza berlusconiana e a capo dell'omonimo gruppo attivo nella farmaceutica, sia stata chiamata a intervenire nel salvataggio del San Raffaele. Secondo il piano di Ermolli, toccherebbe proprio al gruppo Bracco, proprietario del Centro diagnostico lombardo, rilevare la divisione del San Raffaele (la Resnati) che si occupa dello stesso business.
Il vero partner industriale del San Raffaele sarebbe però Giuseppe Rotelli, patron del gruppo San Donato, vera potenza in Lombardia, già capace di mettere sul tavolo, dopo l'estate dei furbetti del quartierino, i milioni necessari per rilevare il 10% della Rcs, l'editore che pubblica Il Corriere della Sera, dalle mani, allora bucate, di Stefano Ricucci. E proprio la contiguità con Berlusconi ha finora tenuto Rotelli fuori del salotto della Rcs, governato dai banchieri, soprattutto di Intesa e di Unicredit (attraverso Mediobanca), i principali finanziatori del San Raffaele. Dall'unione tra il gruppo Rotelli e il San Raffaele nascerebbe un colosso in grado di monopolizzare oltre un terzo della sanità lombarda e di costringere in un angolo concorrenti come lo Ieo di Umberto Veronesi e l'Humanitas della famiglia Rocca. La Regione Lombardia, che ogni anno versa 440 milioni al San Raffaele, vorrebbe fare la sua parte, ma possibili conflitti d'interesse la tengono per ora lontana. Su tutto veglierebbe ancora don Verzè, che grazie alla forma di salvataggio scelto, l'accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis della legge fallimentare) eviterebbe gli eventuali i guai giudiziari legati a un concordato.
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