Testo a sostegno dell’appello “E’ troppo tardi per restare calmi. Verso una 3 giorni alternativa e di lotta per Genova 2011”
Il decennale del G8 di Genova si avvicina, un decennale che non rappresenta una mera sommatoria di 10 anni bensì il decimo anniversario dell’inizio di una nuova offensiva da parte della borghesia imperialista italiana verso il “fronte interno” con l’obiettivo di restaurare e riprendersi tutto quello che, spazio dopo spazio, lotta dopo lotta i movimenti si sono conquistati o che comunque hanno frenato l’avanzata della restaurazione accendendo fuochi di resistenza.
In questi 10 anni tanto è cambiato, sia nel campo nemico che nel nostro campo:
dai giorni di Bolzaneto, della Diaz e di Pza Alimonda il potere ha lanciato un chiaro segnale di intransigenza verso le lotte autorganizzate dal basso che ne possano anche solo mettere in discussione la legittimità o intralciarne i piani.
Dall’altro lato sempre a partire da quei giorni, nonostante la brutale repressione, una nuova generazione ribelle è scesa in campo, e lungi dal farsi intimidire è stata protagonista nelle lotte in questi 10 anni su vari fronti: dalle lotte di riappropriazione del territorio come in Val di Susa o a Pisa contro l’Hub militare fino alle lotte contro le discariche in Campania, dai grandi movimenti contro la guerra imperialista e di solidarietà ai popoli in lotta, dall’antifascismo militante, alle lotte per il diritto alla casa, fino al grande movimento studentesco dello scorso autunno che ha messo insieme gli studenti medi e universitari e la gioventù precaria che già si confronta con un “mondo del lavoro” a misura del padrone e del suo profitto.
Nel 2008 è iniziata l’ennesima crisi ciclica del capitale, tutt’ora in corso, crisi che è stata scaricata dai governi delle borghesie sui propri popoli e che si sono tradotti in licenziamenti, ulteriore precarietà, taglio allo stato sociale, attacchi ai diritti conquistati nei decenni precedenti, ancora più repressione contro le reazioni spontanee a questo processo, in primis contro il movimento studentesco dell’onda che ha riportato nelle piazze pratiche di conflittualità giovanili, studentesche e precarie e che partendo dalla contestazione alla riforma Gelmini ha generalizzato la protesta contro l’intero sistema con l’ormai celebre parola d’ordine “noi la crisi non la paghiamo”.
Crediamo che i recenti episodi di repressione da Firenze a Bologna, da Cuneo a Padova passando per Palermo, Napoli e Roma siano figli proprio del G8 di Genova.
Da Genova 2001 infatti lo stato italiano ha istituzionalizzato la pratica e l’uso costante dello stato di polizia trasformando ogni problema sociale in questione di ordine pubblico da “risolvere” con l’uso del manganello. Così intere popolazioni della Val di Susa o delle periferie napoletane diventano tutte pericolose masse fomentate dai centri sociali, dagli anarchici e anche dalla camorra, tutti spauracchi di natura diversa ma che dal punto di vista del potere rappresentano “l’illegalità”e quindi utili per l’opera di demonizzazione.
Il movimento studentesco dello scorso autunno che è sceso in campo, forte dell’esperienza dell’onda e arricchito ancor più di radicalità di pratiche e analisi che si sono tradotte nell’attacco e assedio ai palazzi del potere, culminato nella meravigliosa battaglia del 14 dicembre, viene sottoposto a questo processo di criminalizzazione utilizzando lo spauracchio del “terrorismo di matrice anarchica”.
Ovunque insomma il potere, per giustificare all’opinione pubblica la repressione di movimenti di massa, li criminalizza e li riduce a movimenti illegali e violenti opera di pochi facinorosi.
Tutto questo avviene mentre l’immagine del potere è sempre più deteriorata davanti all’opinione pubblica, lo squallore diffuso all’interno di una classe dirigente che sempre più spudoratamente persegue gli affari privati a spese del popolo e contemporaneamente quando esso insorge invoca il ripristino di “legalità e democrazia”.
La stessa invocazione che veniva dagli alti vertici della polizia a Genova mentre si attuava la macelleria messicana nelle caserme e nelle scuole/dormitori per i manifestanti, gli assassini nelle piazze e le montature giudiziarie contro il movimento mentre i responsabili delle violenze di stato fino ad oggi, a distanza di dieci anni, vengono promossi gerarchicamente (vedi l’ultimo caso di Spartaco Mottola) e assolti.
Lo stato che assolve se stesso e si autoleggittima nella marcia verso la dittatura aperta.
Oggi rispetto a dieci anni fa assistiamo ancora al furto spudorato e quotidiano del nostro futuro e all’imposizione di un presente indecente per giovani e lavoratori mentre i potenti continuano ad arricchirsi e ostentano lusso e arroganza.
Per questo per il decennale di Genova crediamo sia necessario un reale momento di lotta autorganizzato dal basso e da tutti quei soggetti che in questi anni sono stati in prima linea nelle lotte e che stanno subendo la crisi sulla propria pelle, da chi ha realmente diritto di parola anche su Genova non lasciando in mano ai notabili e autorappresentanti del “movimento” che invece sono attualmente scollegati dalle dinamiche di lotta reale e quotidiana e sono più vicini a una politica movimentista mossa da logiche di palazzo dentro il quale hanno fatto anche carriera politica a spese del movimento reale..
È necessario, in questo appuntamento, ribadire che noi la loro crisi non la vogliamo pagare, che non abbiamo dimenticato le giornate di Genova e quei compagni e compagne che ancora non hanno trovato giustizia nei tribunali e che mai la troveranno lì e che ciò che è nostro ce lo vogliamo riprendere noi, dal basso.
È necessario confrontare le analisi partendo da percorsi di lotta anche e necessariamente diversi tra di loro ma consapevoli che questo elemento può rappresentare solo un valore aggiunto nella discussione con il fine di dar corpo e sostanza a proposte su come far fronte ai continui attacchi contro i lavoratori, i giovani, le donne, gli studenti, gli antifascisti, le masse popolare in genere. Per superare i limiti che necessariamente ci sono ma per avanzare facendo tesoro delle vittorie.
Per questo rinnoviamo l’appello a costruire una 3 giorni di movimento autorganizzata e dal basso che sfoci in un corteo di lotta anch’esso autorganizzato e dal basso.
Invitiamo i compagni e le compagne e le realtà di movimento a sottoscrivere l’appello “E’ troppo tardi per restare calmi. Verso una 3 giorni alternativa e di lotta per Genova 2011”e a mobilitarsi in prima persona per costruire quel necessario passaggio organizzativo rappresentato dalle assemblee territoriali e per delineare collettivamente e a livello nazionale questa mobilitazione.
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