Tutta questa "puzza al naso" e distinguo rispetto alle rivolte giovanili e popolari nel mondo arabo e golfo persico, a cui bisogna fare l'analisi del sangue del loro grado di antimperialismo, è sbagliata. Se si usasse questi criteri, non potremmo appoggiare neanche la lotta del popolo palestinese dato che Al Fatah è filoccidentale e Hamas è guidata da programmi dell'integralismo islamico che sono reazionari e non progressivi.
Nessuna lotta antimperialista nel mondo, tranne quelle guidate da partiti comunisti autentici, per noi India, Filippine, Nepal nella fase fino a pochi anni fa, Perù, ecc, oggi potrebbe essere appoggiata "in maniera generalizzata e incondizionata" per stare a questo ragionamento, eppure su tutte queste non si hanno dubbi, eppure anche su queste ci sono i giochi e gli scontri tra le potenze imperialiste, URSS, CINA comprese - cosa naturalmente diversa dal sostegno e guida esplicita dell'imperialismo che si esercita nel caso della Libia.
L'imperialismo certamente fa il suo mestiere e denunciarne azione e funzione è necessario, ma il problema è che le forze proletarie devono fare il loro, di questo si tratta.
E sicuramente dare la patente di regimi antimperialisti a Gheddafi e Siria è tutto il contrario dell'interesse dei proletari e dei popoli della zona e del mondo.
Proletari comunisti
ro.red@libero.it
----- Original Message -----
From: "Firenzeprecaria"
To:
Sent: Wednesday, April 20, 2011 10:02 AM
La prima domanda è: esiste al momento una rivoluzione libica? No, dal momento che il controllo a Bengasi è stato preso da settori filoimperialisti, non esiste più una rivoluzione libica.
La seconda domanda è: può esistere una rivoluzione popolare nell'area mediorientale che non si ponga in antagonismo con l'imperialismo? No, non può esistere, perché è l'imperialismo ad imporre, in complicità con settori interni, la situazione attuale di subordinazione e sfruttamento, e le forze imperialiste non intendono accettare cambiamenti, ma al contrario vogliono sfruttare le rivolte per conquistare nuove posizioni.
La terza domanda è: devono i rivoluzionari lavorare per la caduta dei regimi anti-imperialisti (Libia, Siria, etc.) allo stesso modo in cui lavorano per la caduta dei regimi filo-imperialisti (Egitto,Tunisia,etc.)? No, la tragica esperienza della Libia insegna che bisogna distinguere perché, fermo restando il fatto che, in ultima istanza, tutti questi regimi dovranno essere rovesciati dalle masse, non tutti sono reazionari nella stessa misura.
La crisi dei regimi antimperialisti spalanca le porte all'imperialismo e crea le condizioni per l'instaurazione di regimi più reazionari, nelle mani di settori integralisti alleati dell'imperialismo. In questi paesi bisogna lavorare accortamente, perché è necessario sia che la rivolta popolare trovi piena soddisfazione nelle proprie richieste, sia che i settori reazionari non prendano il sopravvento nella direzione della rivolta stessa, compromettendo il processo rivoluzionario. Al contrario, nei paesi filoimperialisti, bisogna puntare a radicalizzare la rivolta popolare oltre i limiti che le forze al momento predominanti (anch'esse alleate dell'imperialismo, come i fratelli musulmani egiziani) vogliono imporre al processo rivoluzionario, fino a mettere in discussione la continuità del potere statale che invece queste forze ricercano.
L'elemento generico della rivolta non è sufficiente da solo a creare un processo rivoluzionario. Per cui l'appoggio alle rivolte non può essere generalizzato ed incondizionato.
Il giorno 20 aprile 2011 07:57, procomta
Esponenti del movimento contro la guerra anche alla assemblea nazionale di Napoli del 16 aprile, insistono su un punto giusto: non si può essere equidistanti tra Libia e attacco imperialista alla Libia, non si può sostenere la parola d'ordine "nè con Gheddafi, nè con l'imperialismo".
Ma qualcosa deve pur essere aggiunta a queste affermazioni per noi scontate.
Se l'imperialismo attacca, la Libia va sostenuta con il suo legittimo governo; ma non esiste solo questo. I regimi arabi e del Maghreb e Golfo persico, da Mubarak a Ben Ali, da Buteflika ai sauditi, dal regime siriano a quelle del Barhein, sono tutti regimi reazionari al servizio delle borghesie nazionali e compradore dell'area - servivano già l'imperialismo nell'area, prima come pedine del socialimperialismo sovietico, oggi nel complesso equilibrio multipolare dell'area.
Tutti questi regimi debbono essere rovesciati dai proletari e delle masse e ad essi deve andare il massimo sostegno dei comunisti, degli antimperialisti coerenti in tutto il mondo e anche nel nostro paese.
La questione principale, quindi, non è l'aggressione imperialista alla Libia ma le rivolte giovanili e popolari in tutta l'area.
ll regime di Gheddafi è stato in questi ultimi anni al servizio degli interessi economici e politici dei governi occidentali e del governo italiano in particolare, con accordi sullo sfruttamento energetico, forniture di armamenti, controllo e mercato dell'immigrazione. e lo continuerà ad essere anche in futuro.
Se sono certamente ambigui e falso antimperialisti coloro che dicono a fronte di una aggressione come quella della libia, "non si può dire nè con Gheddafi, nè con la Nato" e non combattono coerentemente contro di essa e contro il ruolo in essa dell'imperialismo italiano in concorrenza collusione con gli altri imperialismi, in prima fila USA, Francia, Gran Bretagna; lo sono anche coloro che non colgono in questa fase la priorità del sostegno rivoluzionario alle rivolte giovanili e popolari come aspetto principale della contesa nell'area.
I comunisti marxisti-leninisti-maoisti sono in italia e nel mondo l'unico punto di vista coerente nella situazione attuale.
Proletari comunisti
ro.red@libero.it
20 aprile 2011
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