Lo sciopero generale indetto dalla Cgil via via che si avvicina chiarisce i suoi contorni e la sua natura. Chiarire questo è necessario per la comprensione del comportamento che si deve avere.
Nel guardare alla sua natura, bisogna guardare al concreto non all'astratto.
L'astratto è l'esigenza di uno sciopero generale nazionale, voluto con forza dalla classe operaia, da ampi settori di lavoratori, dai movimenti precari, dal movimento degli studenti e da tutte le opposizioni politiche e sociali che hanno dato vita in questi mesi ad iniziative di lotta e manifestazioni.
Lo sciopero generale dichiarato dalla Cgil è stato in parte imposto da una pressione prolungata. Ma uno sciopero generale per essere reale nel contesto dell'attuale scontro contro padroni e governo, domandava e domanda che non sia uno sciopero di bandiera, ma sia in grado di mobilitare milioni di lavoratori in tutto il paese.
Per questo lo sciopero generale del 6 maggio va fatto e va certamente sostenuta la sua estensione, in orario, in settori, e anche l'ambigua formula della sua generalizzazione.
Questo in astratto.
In concreto bisogna però analizzare politicamente e sindacalmente qual'è l'effettivo ruolo di questo sciopero nell'intenzione di chi lo proclama e lo organizza. E sotto questo aspetto il giudizio deve essere drastico se si vuol dire la verità ai lavoratori.
Questo sciopero si inserisce come "atto di forza" in una politica di conciliazione, di ricostruzione di un'alleanza padroni/sindacato, di cui la segreteria Camusso ne è l'espressione autentica, dimostrata senza ombra di dubbio anche dai recenti incontri con la Marcegaglia e Marchionne. Questa alleanza non è semplicemente una nuova concertazione, è molto di più, è un fronte di collaborazione che serva anche a produrre il risultato politico di un nuovo governo dei padroni.
Da questa linea, gli operai, i lavoratori, le lavoratrici non possono avere nessun risultato, nè in materia di lavoro, nè di salario, nè in materia di condizioni di vita e di lavoro, nè sul fronte, molto strombazzato, dei diritti e della precarietà; nè possono affidare le loro sorti ad un nuovo governo dei padroni.
Oscurare questo dato nello sciopero generale, come fa tutto il fronte che va dalla Fiom, Disobbedienti, partiti della sinistra, coordinamenti dei lavoratori dal basso, porta a indebolire la marcia verso un vero sciopero generale, non certo a rafforzarla.
Per questo, nello sciopero generale del 6, l'aspetto principale non è l'unità ma la distinzione. In esso bisogna portare una linea di distinzione e contrapposizione al vertice Cgil, in tutte le forme che la situazione oggettiva rende possibile. Serve uno sciopero nello sciopero.
Serve rivolgersi all'insieme dei lavoratori in sciopero, ma non dentro le regole, che sono un recinto, delle manifestazioni indette dalla Cgil.
La battaglia principale resta sui posti di lavoro e in piazze visibili per un'alternativa sindacale e di classe e della lotta per rovesciare il governo Berlusconi e ogni governo dei padroni.
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