mercoledì 16 marzo 2011

pc quotidiano 16 marzo - GIAPPONE, LA CATASTROFE NUCLEARE E' FRUTTO DEL CAPITALE

La catastrofe nucleare in Giappone che è appena agli inizi nei suoi effetti disastrosi per la vita di decine, forse centinaia di migliaia persone, mostra la irrisolvibile incompatibilità del sistema capitalista con la sicurezza e la vita delle masse. Ora molti esperti parlano di interventi per rendere le centrali sicure anche in presenza di un fortissimo terremoto, ma stanno consapevolmente o inconsapevolmente bluffando.
Il fatto è che stiamo parlando del Giappone, che questo disastro non è avvenuto in un paese come India, Cina, ma in uno dei paesi in cui il sistema capitalista ha già raggiunto il massimo del suo sviluppo, producendo livelli tecnologici tra i più avanzati nel mondo, sia per evitare gli effetti di un terremoto, sia per la sicurezza delle centrali nucleari.
Questo vuol dire che non è un problema di migliorare le tecniche di sicurezza ma di ribellarsi ad un sistema capitalista che anche nel suo livello più avanzato produce effetti da terzo Mondo, perché proprio quanto sta accadendo in Giappone, ma come prima negli Usa con il disastro della marea nera, mostra in maniera più lampante che il capitalismo più spinto ha sempre più come altra faccia della medaglia un precipizio per le popolazioni a condizioni di vita da medioevo.

E’ la legge stessa del sistema capitalista che rende impossibile la sicurezza. Le centrali nucleari si fanno in questo sistema con una logica che nulla a che fare con il miglioramento della vita della gente (“I 442 reattori elettronucleari, in funzione nel mondo… complessivamente generano appena il 6% della produzione mondiale di energia primaria e circa il 15% di quella di elettricità” - da un articolo di Manlio Dinucci su Il Manifesto di oggi), ma con la logica del taglio dei costi energetici, del profitto di grandi lobby.
Scrive sempre Manlio Dinucci “… le società private che gestiscono le centrali chiedono ai governi l’autorizzazione a prolungarne l’attività. Ciò comporta però più alte spese di manutenzione e maggiori rischi di guasti e incidenti: il reattore n. 1 di Fukushima, esploso sabato, aveva raggiunto i 40 anni di attività. Entro il 2020, oltre 150 reattori elettronucleari avranno raggiunto o superato questo limite. Entro il 2030, se ne aggiungeranno oltre 200…”.
Quanti altri disastri nucleari deve aspettarsi l’umanità?

Ma il governo italiano, con la corte di “esperti” venduti al miglior offerente (come l’ultimo arrivato Veronesi), per bocca di Romani, ministro dello sviluppo economico, ridimensionando ad evento eccezionale quello avvenuto in Giappone “evento improponibile in Italia e in Europa”, dichiara senza ombra di dubbio “Per l’Italia è inimmaginabile tornare indietro”.

Lottare contro il “mostro” del nucleare deve voler dire, quindi, lottare contro il più grande ed effettivo “mostro” che lo produce e produce i disastri, il capitalismo, i suoi Stati, i suoi governi.

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