martedì 28 ottobre 2025

pc 28 ottobre – La Germania imperialista va alla guerra: 377 miliardi di euro per “l’esercito più forte d’Europa”

Mentre i segni della profondissima crisi economica incidono sempre di più sulla produzione industriale che vede in arrivo la terza recessione dell’imperialismo tedesco (mancano pure i chip della Cina per il settore automotive!), il nuovo capo del governo Merz, insieme alla Spd, ha deciso di rilanciare con la produzione per la guerra.

La cifra riportata dai mezzi di stampa è di 377 miliardi per l’acquisto di una serie di armi prodotte dai due colossi tedeschi Rheinmetall e Diehl Defence che fanno il pieno – spese che vengono elencate dall’articolo del manifesto di oggi che riportiamo sotto - mentre altri settori chiudono e aumenta la disoccupazione.

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Il governo tedesco stila la lista monstre per il riarmo da 377 miliardi di euro

Germania Merz sta trattando l'esenzione dalle sanzioni su Rosneft con la Casa Bianca

Carro armato Leopard 2 di Rheinmetallcarro armato Leopard 2 di Rheinmetall

BERLINO

Centocinquanta giorni dopo aver promesso di trasformare la Germania nella prima potenza militare convenzionale d’Europa il cancelliere Friedrich Merz stila la lista della spesa pluriennale da inserire nel bilancio militare del 2026. Un elenco lungo 39 pagine zeppo di armi di ogni genere, marca e paese di origine (tra cui spicca anche Israele), pauroso sotto il profilo del costo economico e inquietante per il salto di qualità della capacità offensiva della Bundeswehr che in futuro sarà una forza di difesa ma solo nel nome.

Il riarmo tedesco si apre con 50 caccia-bombardieri F-35 adatti anche al trasporto di ordigni nucleari, mezzo migliaio di blindati fabbricati dal colosso nazionale Rheinmetall, 14 sistemi di difesa aerea Iris-T e 400 Tomahawk con gittata di 2.500 chilometri: lo stesso missile che Donald Trump ha negato a Volodymir Zelensky nel corso dell’ultimo faccia a faccia. Ma arriva anche la prima partita del «muro di droni» promesso di Pistorius all’indomani del «sorvolo ostile» di oggetti non identificati su alcuni siti sensibili del paese.

In totale la spesa bellica tedesca corrisponde a 377 miliardi di euro, conteggia il sito Politico che ha

diffuso stralci della lista preparata dal leader Cdu di concerto con i “duumviri” della Spd: il vicecancelliere e ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, e il ministro della Difesa, Boris Pistorius.

Un numero consono alla volontà di potenza di Merz, perfetto per l’amministrazione Usa, il segretario generale della Nato e la presidente della Commissione Ue che di certo lo prenderà a modello. Continua però a non calzare con il budget a disposizione del governo: un gigante dai piedi d’argilla, come evidenzia la bocciatura della manovra da parte della Corte dei Conti per l’eccessiva esposizione debitoria che da qui al 2029 porterà il deficit statale a meno 850 miliardi.

Chi guadagna davvero dalla manna di denaro elargita da Cdu e Spd, fin da subito, senza rischi d’impresa, al di là dell’esito della guerra ucraina o del «probabile attacco russo entro il 2030» (così Pistorius), è il settore bellico trainato da Rheinmetall. Da sola l’impresa renana incassa 88 miliardi sul totale delle commesse, ma gioisce non poco pure la bavarese Diehl Defence, seconda beneficiaria dell’affare che nel suo caso vale 17,3 miliardi ed è politicamente targato Csu.

In particolare la Bundeswehr si doterà di 561 mezzi «Skyranger» per la difesa aerea a corto raggio prodotti da Rheinmetall. Poi arriveranno i droni; tra le voci di spesa più elevata proprio l’espansione della capacità degli «Heron Tp» prodotti in Israele con l’acquisto di 100 milioni di euro di munizioni dedicate. Si aggiungono a 12 droni tattici «Luna Ng» del valore di 1,6 miliardi e al programma dei droni navali per la marina militare del costo di 671 milioni.

Le voci elencate saranno presentate in diverse tranche per essere sottoposte al voto della Commissione bilancio del Bundestag e ogni commessa di valore superiore a 25 milioni di euro necessita del suo via libera, ricorda Politico, ma la lista di Merz prova comunque la definizione già di 320 appalti di cui 178 assegnati. L’industria bellica tedesca porta a casa 160 commesse, ovvero circa 182 miliardi di euro, il resto saranno gare aperte, a eccezione dei contratti obbligati con gli Usa come gli F-35 che saranno 15 più del previsto.

Del resto la trattativa tira-molla fra Merz e Trump per trovare la quadra comune resta il metodo per risolvere ogni questione bilaterale. A partire dai dazi.

Dopo l’acciaio tedesco ora tocca al petrolio russo di Rosneft sottoposto a sanzioni Usa da cui dipendono le tre raffinerie tedesche di Karlsruhe, Vohnburg e Schwedt. Attualmente la filiale Rosneft-Deutschland non è gestita da Mosca ma in regime di amministrazione controllata dai tedeschi e «così il fermo dell’impianto di Schwedt, che al Consiglio di fabbrica appare inevitabile, avrebbe effetti devastanti sull’intero Nord-Est della Germania, compreso l’aeroporto di Berlino» è l’allarme lanciato dalla Cdu del Brandeburgo che ammette: «Il governo Merz sta trattando l’esenzione dalle sanzioni su Rosneft con Trump».
Un tempo sarebbe stata l’ennesima prova del solito doppio-gioco della Germania. Oggi è solo un altro indizio della grande impotenza di Berlino nonostante tutti i muscoli.

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