Savona, conclusa l’inchiesta sulla rete neonazista: tre indagati in Liguria, coinvolte altre quattro Procure
Depositata la perizia sul caso di Andrea Cavalleri, verso lo sconto di pena
Savona – I certificati che ne attestavano i problemi durante l’adolescenza erano fondati. Perché Andrea Cavalleri,
dice adesso il perito del tribunale Maurizio Balestrino, "è seminfermo
di mente". Per questo è destinato a ottenere un probabilissimo sconto di
pena, con ogni probabilità la libertà condizionale, e però resta "pericoloso" capace di commettere i medesimi reati se non viene sottoposto a uno stabile trattamento psichiatrico.
Ancora: arrivati a questo punto l’inchiesta su di lui e la rete con la
quale era in contatto può dirsi conclusa, e nello spazio di poche
settimane sarà notificato l’avviso di fine istruttoria. Tre sono alla
fine i nomi iscritti al registro degli indagati dal pm antiterrorismo di Genova Monica Abbatecola, altre quattro le Procure (Torino, Roma, Bologna, Perugia) alle quali sono stati inviati atti affinché procedano su personaggi legati al medesimo Cavalleri.
La svolta e gli accertamenti
È quindi arrivata a una svolta l’inchiesta sul neonazista
arrestato il 22 gennaio a Savona, che ha poi collaborato con gli
inquirenti ottenendo la possibilità di andare ai domiciliari.
L’addebito contestato al suo gruppetto resta "associazione
a delinquere con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere per
motivi di discriminazione razziale aggravata dal negazionismo" e il blitz della polizia era andato in scena dopo un anno e mezzo di accertamenti.
Cavalleri e i suoi sodali volevano seguaci determinati, pronti “a morire con dignità” (almeno così scrivevano sui vari canali telematici utilizzati) per perseguire la causa. E cioè combattere ebraismo, movimenti femministi, omosessuali e persone di colore, mentre tra gli obiettivi primari e sbandierati via web figurava una strage a scuola. Per testare i potenziali adepti li sottoponevano a un questionario: trenta domande, tra le quali "cosa ne pensi della detenzione delle armi?" "cosa pensi degli ebrei?" "cosa pensi di Mussolini o Hitler?" "vale più il sangue o il denaro?". I punti di riferimento erano Anders Breivik, che il 22 luglio del 2011 in Norvegia uccise 77 persone; Brenton Tarrant, che il 15 marzo 2019 fece 51 vittime in due moschee a Christchurch in Nuova Zelanda, e l’italiano Luca Traini, che ferì a Macerata il 3 febbraio 2018 sei immigrati con una calibro 9.
Il mistero delle armi
L’organizzazione, per quanto agli albori, cercava di darsi una
struttura militare, chi non si dichiarava pronto a gesti estremi veniva
estromesso e c’era la disponibilità di alcune pistole, legalmente
detenute dal padre di Cavalleri e sequestrate dalla Digos: "Ho le armi,
penso che farò Traini 2.0" diceva il giovane fermato.
Altro obiettivo rilanciato ossessivamente, come premesso, erano i
movimenti femministi e gay: "Sono tutti nostri nemici – scriveva il
ventiduenne savonese - ora voglio uccidere i ragazzini che hanno fatto la mostra sull’Olocausto".
Per il giudice dell’indagine preliminare Isabella Faggioni, che sulle prime lo aveva spedito in carcere, queste frasi non erano solo deliri di onnipotenza. "L’esperienza degli attentati terroristici – aveva precisato nel motivare l’arresto - ha confermato la reale e concreata pericolosità anche di piccoli gruppi e la possibilità di compiere atti gravi pur con strumenti limitati". È stato poi lo stesso magistrato a disporre la perizia che ha in qualche modo alleggerito la posizione di Cavalleri, sebbene sia al contempo rimarcata la necessità d'un percorso cronico affinché non deragli di nuovo, sia nel proselitismo sia nell'ipotizzare la preparazione di attacchi.
Per il giudice dell’indagine preliminare Isabella Faggioni, che sulle prime lo aveva spedito in carcere, queste frasi non erano solo deliri di onnipotenza. "L’esperienza degli attentati terroristici – aveva precisato nel motivare l’arresto - ha confermato la reale e concreata pericolosità anche di piccoli gruppi e la possibilità di compiere atti gravi pur con strumenti limitati". È stato poi lo stesso magistrato a disporre la perizia che ha in qualche modo alleggerito la posizione di Cavalleri, sebbene sia al contempo rimarcata la necessità d'un percorso cronico affinché non deragli di nuovo, sia nel proselitismo sia nell'ipotizzare la preparazione di attacchi.
500 adepti su Telegram
Secondo la Digos, che ha condotto tutti gli approfondimenti, il
fine primario del gruppo era la creazione d’una cellula italiana della
“Atomwaffen Division”, movimento terroristico neonazista nato nel Sud
degli Stati Uniti, che ha compiuto diversi atti di violenza.
E sul canale pubblico Telegram “Sole Nero”, creato per scovare altri
militanti, in pochi mesi erano state raccolte più di 500 adesioni.
Cavalleri aveva sostenuto un primo interrogatorio, di convalida
dell’arresto, davanti al giudice. In quel frangente aveva ribadito come
le sue fossero solo spacconate e che mai avrebbe compiuto gesti
violenti. Nel colloquio davanti al pm, marcatamente investigativo, aveva
fornito invece elementi più puntuali e l’indagine si era un po’
allargata.
Un altro fronte esplorato in profondità dalla polizia, sebbene poi non abbia determinato nessuna iscrizione al registro degli indagati, era stato quello su possibili "mandanti" d’una certa età. Scandagliando nei trascorsi familiari del ventiduenne, infatti, gli investigatori avevano scoperto che uno zio aveva avuto profondi legami con l’estremismo di destra e significative vicissitudini giudiziarie.
Un altro fronte esplorato in profondità dalla polizia, sebbene poi non abbia determinato nessuna iscrizione al registro degli indagati, era stato quello su possibili "mandanti" d’una certa età. Scandagliando nei trascorsi familiari del ventiduenne, infatti, gli investigatori avevano scoperto che uno zio aveva avuto profondi legami con l’estremismo di destra e significative vicissitudini giudiziarie.
I familiari e l’ultradestra
Coinvolto in diversi procedimenti sull’eversione nera, lo zio era finito nei guai per il cosiddetto “Golpe Saxa Rubra”,
vicenda del 1994. Secondo quanto emerso allora, dopo le rivelazioni
d’un mercenario a un giornalista, un ex pilota estremista (di destra)
aveva contattato un ex legionario in Congo. Il primo cercava di capire
se il secondo sarebbe stato in grado di addestrare e mettere a
disposizione un centinaio di uomini che avrebbero dovuto attaccare il centro Rai, appunto,
di Saxa Rubra. Oltre ai due inquisiti principali, altri personaggi
entrarono in quella vicenda, tra i quali lo zio di Cavalleri, sebbene
non sia mai stato chiaro se si trattasse d’un progetto realmente
avanzato o d’una boutade, sfoderata con l’unico obiettivo di
destabilizzare.
Nessun commento:
Posta un commento