giovedì 8 ottobre 2020

pc 8 ottobre - IL DECRETO SICUREZZA NON HA NULLA A VEDERE CON WILLY - Un'intervista all'avvocato della famiglia Duarte

Il decreto usa emotivamente la vicenda di Willy ma non vuole e non può cogliere il "cuore" della questione: il fascismo e una giustizia che non ne combatte le conseguenze.
Coloro che hanno ucciso Willy avevano di fatto una ideologia fascista, perchè tali sono le concezioni machiste, di uso della violenza fisica per dimostrare la propria forza, le concezioni di proprietà verso le ragazze, l'ideologia da corpi palestrati, ecc.  
Tutto questo non solo non viene fuori, ma con le modifiche dei decreti sicurezza, parlando genericamente di rissa, violenze vicino i locali si mettono sullo stesso piano, risse "ordinarie",  con l'azione da branco di fascisti.

Pubblichiamo un'intervista apparsa oggi su il manifesto dell'avvocato della famiglia di Willy che respinge questo legame tra decreti sicurezza e uccisione di Willy.
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Avvocato Domenico Marzi, come legale della famiglia Monteiro Duarte, genitori e sorella del ragazzo ucciso a Colleferro da una gang di violenti, cosa pensa dell’iniziativa del ministro di Giustizia Bonafede di intitolare a Willy l’ultimo Decreto legge Sicurezza?
Mi lascia molto perplesso. Aumentare la pena del reato di rissa fino a sei anni, anziché cinque, significa sostanzialmente allungare i tempi di prescrizione e consentire in alcuni casi la custodia cautelare. Ma non risolve: il problema serio che abbiamo in Italia sono i tempi con cui si arriva a sentenza, tempi biblici che non favoriscono certo gli imputati o gli avvocati, come strumentalmente qualcuno dice.
Anche Bonafede e il M5S lo sostiene, a dire il vero.
Ma noi avvocati invece vogliamo che il processo si celebri in tempi rapidi, semmai ricorrendo a riti alternativi che possano garantire rapidità e collegialità nella decisione, possibilmente sostituendo all’attuale giudice unico un collegio giudicante. In generale comunque mi lascia perplesso tutto ciò che è dettato da condizioni contingenti e d’urgenza, visto che il nostro è ancora il Codice Rocco, d’epoca fascista. Di tempo ne abbiamo avuto, per adeguare il codice penale alle necessità attuali.
Quale è stata la reazione alla notizia della famiglia di Willy Duarte. Cosa ne pensano?
Ho parlato con la figlia, Milena. Lei è totalmente indifferente ad un’iniziativa del genere. Certo a lei piace, a tutti piace, che venga ricordato il fratello come una persona vittima di una violenza esacerbata, estrema, impossibile da ipotizzarsi tra persone normali. Ma che si legiferi in suo nome, lascia un po’ perplessi. La perplessità però è più dell’avvocato che della famiglia. Francamente io non vedo l’urgenza di un tale provvedimento: il processo a questi energumeni che hanno pestato Willy fino ad ucciderlo si celebrerà in Corte d’Assise, a Frosinone, e le pene che rischiano sono molto più elevate, perfino l’ergastolo.
Se le norme del decreto Bonafede fossero state già legge vigente il 6 settembre scorso, secondo lei ci sarebbe qualche probabilità in più che Willy fosse vivo oggi? Si sarebbe potuta evitare questa tragedia?
Secondo me no. Questi atti di violenza non si prevengono elevando le pene e ipotizzando sanzioni più dure. Questa violenza si cura e si previene a scuola, soprattutto. E nelle palestre, cambiando la società, con una presenza massiccia e ovunque di moniti di indirizzo nei confronti dei giovani.
È assodato che l’omicidio di Willy Duarte non abbia avuto un movente razzista. Ma ha influito, secondo lei, un clima ostile agli immigrati e i pregiudizi verso gli italiani di seconda generazione?
In questo caso specifico non possiamo sostenerlo: non abbiamo elementi endo processuali che possano consentire di sostenere che vi sia stata una violenza particolare perché il povero Willy era un ragazzo di colore. Abbiamo invece elementi per dire che è stato un accanimento feroce, delirante, ingiustificato, tale che per comprenderlo dobbiamo quasi ricorrere alle analisi di Enrico Altavilla e dei giuristi del secolo scorso sulle condotte del «delinquente per tendenza». Ci sono testi scientifici, o anche saggi molto conosciuti tra coloro che praticano le arti marziali, che indicano precisamente i punti vitali del corpo umano e quali colpi mettere a segno per uccidere. Loro li conoscevano.
Uno che si comporta così può essere spaventato da una pena maggiore?
Non gliene importa nulla. Per me questo decreto non ha nulla a che vedere con la vicenda di Willy.
E del Daspo anti risse, cosa ne pensa?
Anche qui: un conto è il Daspo negli stadi per evitare che qualche imbecille vada a fare a botte negli stadi, e un conto è l’allontanamento da certi luoghi di persone che farebbero danni ovunque fossero. Ripeto: la violenza si previene educando.
Ma a volte la scuola non raggiunge tutti: i fratelli Bianchi e i loro amici, per esempio, non sembrano aver frequentato molto a lungo le aule di studio…
Beh, nel caso specifico sembra che i fratelli Bianchi avessero precedenti penali e altre denunce. Come mai ancora non si è giunti a processo? Se fossero stati già condannati si sarebbe potuto evitare questa tragedia, e sarebbe stato meglio anche per loro, che pagheranno quest’omicidio per tutta la vita. La soluzione sta in una giustizia in tempi rapidi. Non certo in uno Stato di polizia, ma in giusti processi e rapide sentenze.

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