martedì 13 ottobre 2020

pc 13 ottobre - Riders: Uber Italy, le denunce dei lavoratori hanno portato ad un'inchiesta della procura di Milano per caporalato. Udienza il 22 ottobre.

Un'altra conferma che il lavoro dei riders non è "autonomo": quindi ora va cancellato con la lotta il contratto capestro Assodelivery-Ugl
"Davanti a un esterno non dire mai più 'abbiamo creato un sistema per disperati'. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori".

Le parole di Gloria Bresciani, manager della filiale italiana del colosso americano Uber indagata per caporalato

L’accusa per 10 manager è caporalato ai danni di richiedenti asilo che venivano truffati sui compensi.

Rubavano dai loro salari per mettere soldi contanti (305.000 euro) nelle cassette di sicurezza.

A Milano i fattorini di UberEats sono quasi tutti immigrati e richiedenti asilo



Rider sfruttati per 3 euro consegna, depredati delle mance e puniti con la decurtazione del compenso. E' la realtà scoperta dalla procura di Milano che ha chiuso l'inchiesta nei confronti di Uber Italy accusata di caporalato. 

Uber commissariata: chiusa inchiesta per caporalato. Tra gli indagati una manager. Pm: rider sfruttati, derubati e puniti. Manager: 'Sistema per disperati'

il manifesto

Caporalato, sfruttamento e intermediazione illecita della manodopera dei rider. Il tutto ai danni di

migranti con disperata necessità di lavorare che sono stati truffati da persone che rubavano dai loro salari per mettere soldi contanti nelle cassette di sicurezza.

LA CHIUSURA DELL’INDAGINE che a Milano a maggio aveva portato al commissariamento di Uber Italy conferma tutta la gravità della situazione che aveva portato ad un provvedimento totalmente inedito. Il food delivery si conferma il settore della gig economy che sfrutta lavoratori senza diritti che la stessa Assodelivery – a cui Uber Eats aderisce – vuole mantenere al cottimo sfruttando il contratto-pirata recentemente sottoscritto con il sindacato di comodo Ugl.

Dieci gli indagati, stralciata invece la posizione della società che il 22 ottobre dovrà affrontare un’udienza alla Sezione misure di prevenzione.

Nell’avviso di conclusione delle indagini depositata dal pm Paolo Storari si legge che i ciclofattorini «venivano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti Uber».

IL GIUDIZIO INFATTI È di una dipendente che dice chiaramente: «Abbiamo creato un sistema per disperati». E per questo viene ripresa dalla manager Gloria Bresciani – «Ti prego davanti a un esterno non dirlo mai più, anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori» – che è accusata di caporalato in concorso con Giuseppe e Leonardo Moltini e Danilo Donnini, responsabili delle società di intermediazione Frc e Flash Road City che reclutavano i rider approfittando «dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo, dimoranti presso centri di accoglienza straordinaria e provenienti da zone conflittuali (Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh) e pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale».

I rider, si legge nell’avviso di chiusura indagini, erano «pagati a cottimo 3 euro a consegna», «indipendentemente dalla distanza da percorrere, dal tempo atmosferico, dalla fascia oraria (diurna/ notturna e giorni festivi)». «derubati delle mance» e «puniti» attraverso “una arbitraria decurtazione (cosiddetto malus) del compenso pattuito, qualora i rider non si fossero attenuti alle disposizioni impartite».

LA PROCURA HA ALLEGATO anche un «prospetto» che mostra le paghe della settimana dal 20 al 26 maggio 2019. Con ben 75 ore lavorate (oltre 10 al giorno) un rider ha portato a casa 225 euro. Un suo compagno con 68 ore solo 179,5  – a causa di un «malus» annotato da 24,50 euro – pari 2,63 euro l’ora. I rider venivano anche «estromessi arbitrariamente dal circuito lavorativo di Uber attraverso il blocco dell’account a fronte di asserite mancanze lavorative”.

Ad un indagato il pm contesta l’ipotesi di favoreggiamento perché assieme a Giuseppe Moltini avrebbe depositato circa 305mila euro, ritenuti «profitto» di caporalato e frode fiscale, «all’interno di una cassetta di sicurezza» di una banca.

L’inchiesta è stata chiusa in un momento molto delicato sul fronte contrattuale. A poche settimane dalla scadenza di fine ottobre – quando per la legge sulle Crisi aziendali del 2019 entrerà in vigore un compenso orario per i rider pari al contratto della logistica e pari a oltre 10 euro – Assodelivery ha sottoscritto un contratto con il sindacato Ugl che mantiene il cottimo. Deliveroo – prima aziendea associata – ha mandato mail ricatto ai rider intimando di firmare il contratto pena il licenziamento.

I rider si sono mobilitati ma senza un intervento urgente di un tribunale o di un organismo ispettivo, molti saranno costretti a firmare il contratto pur di continuare a lavorare.

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