Il sito specializzato Difesaonline
riferisce che il presidente francese Macron, nel vertice bilaterale con
Conte lo scorso 27 febbraio a Napoli, ha chiesto al Governo italiano la
partecipazione delle Forze Speciali italiane, con l’aggiunta di
elicotteri da combattimento, nelle regioni del Sahel dove la Francia sta
intervenendo militarmente da anni.
L’operazione militare a cui parteciperanno anche le truppe italiane, si chiamerà “Takuba” che nella lingua dei Tuareg significa spada ed ha come “nemico” le milizie jihadiste che agiscono nel Sahel. Di questo abbiamo già riferito nelle scorse settimane sul nostro giornale.
Il sito ammette che “I
nostri soldati si dovranno confrontare con combattenti esperti, che
conoscono bene le regole della guerra nel deserto, comprese le sue insidie. Una specie di guerra liquida, che si modella sul terreno, fatta di piccoli gruppi ben equipaggiati che colpiscono e si dileguano immediatamente, per annullare la reazione”.
conoscono bene le regole della guerra nel deserto, comprese le sue insidie. Una specie di guerra liquida, che si modella sul terreno, fatta di piccoli gruppi ben equipaggiati che colpiscono e si dileguano immediatamente, per annullare la reazione”.
Le regole di ingaggio
e il modello operativo saranno dunque più che rognose. Per gli esperti
di Difeonline “Servirà costituire una Task Force di operatori delle
nostre Forze Speciali (come in Afghanistan e in Iraq), con supporto del
3° REOS Aldebaran, ma anche vettori d’attacco come gli AH-129D Mangusta”. Insomma
un vero e proprio assetto di combattimento che questa volta non prevede
neanche di nascondersi dietro le ipocrisie delle “missioni di
peacekeeping” dietro cui sono state nascoste all’opinione pubblica – e
ad una politica complice – in tutti questi anni le missioni militari
all’estero.
E’ dal 2013 che la Francia, con l’operazione “Serval”, ha inviato i propri soldati nel Sahel per
allargare la sua sfera di influenza coloniale e combattere la rivolta
dei Tuareg che, insieme a miliziani libici fuggiti nel sud dopo il colpo
di stato e i bombardamenti occidentali contro la Libia di Gheddafi, si
sono aggregati in organizzazioni jihadiste estremamente mobili che
stanno dando filo da torcere ai militari francesi e alle truppe dei
governi locali, il Mali soprattutto, ma è tutta l’area ad essere
coinvolta.
Ma non è solo Parigi. Anche l’Italia è coinvolta nelle ingerenze, nelle operazioni e nella vendita di armamenti ad uno altro Stato del Sahel: il Niger.
La Francia in questi anni ha subito perdite sul campo ed
ha ormai compreso di non farcela sul piano militare e sta bussando alla
porta dei partner europei per coinvolgerli in una operazione che, come i
bombardamenti sulla Libia nel 2011, torna ad unico vantaggio degli
interessi strategici di Parigi.
Macròn ha chiesto a
Conte di inviare a supporto le forze speciali delle forze armate
italiane ma ha fatto richieste analoghe anche a Gran Bretagna, Belgio,
Svezia, Estonia e Repubblica Ceka. I soldati tedeschi, in modo molto
riservato, sono già sul terreno da tempo.
Insomma, prima che
altri soldati italiani vengano inviati su un fronte di guerra, appare
legittimo porsi almeno la domanda: vale la pena morire per Parigi? A
leggere tra le righe quanto scrive il sito Difesaonline, ai vertici
delle forze armate italiane questa domanda se la sono posta. Ma in
Parlamento? Per ora il solito assordante silenzio.
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