ACCIAIO: LA GUERRA DI CONCORRENZA DEI CAPITALISTI E LA POSIZIONE DI CLASSE DEGLI OPERAI
Settimane fa scrivevamo:
"...nel
sistema capitalista/imperialista la concorrenza non può essere
"regolata", essa è una guerra organica del capitale per
accaparrarsi il mercato mondiale, e che per questo gli operai devono
sottrarsi al gioco di essere usati come “partigiani” di uno o
dell'altro degli complessi capitalistici.
E' di questi giorni,
appunto, la realizzazione di questa guerra di spartizione, del
mercato europeo: I giornali titolano “ThyssenKrupp accordo con
Tata: alleanza per sfidare ArcelorMittal - Via libera al memorandum
d’intesa per la fusione tra Tata steel e
ThyssenKrupp
- L’obiettivo dichiarato è creareun soggetto leader in Europa nel
settore dei piani... l'operazione verrà conclusa all'inizio del
2018, una volta ottenuto il via libera dell'Unione europea”.
La joint venture tra Tata
e ThyssenKrupp cuba vendite pro-forma per 15 miliardi di
euro e una forza lavoro di 48mila addetti, distribuiti in 34 diverse
location e una previsione di spedizioni pari a 21 milioni di
tonnellate all’anno (poco meno dell’intera produzione annua
italiana). La joint venture avrà una dimensione che si avvicinerà
a quella del produttore di acciaio numero uno in
Europa, ArcelorMittal.
A sua volta questa
presenza di due colossi dell'acciaio in Europa è parte della
guerra sul mercato mondiale; la fusione ThyssenKrupp/Tata viene
presentata come un tentativo di risposta all'eccesso di capacità
che affligge l'industria e in cui le nuove economie emergenti,
in particolare la Cina, a loro volta, esportano la loro
sovrapproduzione di acciaio a prezzi bassi.
Ma quello che dicevamo,
circa gli effetti di questa “guerra” per gli operai,
puntualmente trova conferma. Questa operazione di fusione tra
ThyssenKrupp e Tata prevede ”anche il taglio di 4mila posti di
lavoro. L'appello del ministero dell'economia tedesco è che sia
trovato presto un accordo con le parti sociali" – (i
sindacati tedeschi).
Sembra quasi una
fotocopia di quello che sta succedendo in Italia, sia per quanto
riguarda i numeri dei tagli ai posti di lavoro: 4000 in Germania,
4200 in Italia; sia per l'immediata ricerca su questo dell'accordo
(abbastanza scontato a parte qualche lamento e limatura) ai
sindacati ufficiali.
Chiaramente i capitalisti
e i loro servi giornalisti cercano di elevare questa fusione dal
“basso interesse economico” e scrivono pomposamente che questa
è “una grande occasione per entrambe le società
che condividono cultura e valori di costruire in Europa
una grande impresa attiva nell'acciaio. Ma la realtà è
PROFITTI! Per i capitalisti il profitto è il valore! Ma il
capitale più cerca di salvarsi dalla crisi, più affonda. Questa
fusione, come l'operazione ArcelorMittal/Marcegaglia, potrà essere
una risposta momentanea alla guerra sul mercato per la
sovrapproduzione dell'acciaio, ma essa trova il suo vero limite, il
suo “ostacolo” nelle leggi stesse del capitale che fa la
produzione per la produzione, per difendere, accrescere i profitti,
non tiene conto della domanda di mercato, non si “autoregola”. Non
vi sarebbe sovrapproduzione se la produzione fosse volta ai bisogni
delle popolazioni, sia dei paesi occidentali imperialisti, sia in
maniera macroscopica dei paesi del Terzo mondo.
Come viene scritto nel
Dossier “la crisi mondiale della siderurgia” del Gruppo di
lavoro 21 febbraio 1848: “...Vi è un evidente contrasto tra
aumento della capacità produttiva e consumo dell'acciaio mondiale;
ma questo contrasto si è cominciato a produrre prima che l'acciaio
della Cina invadesse il mercato europeo. Da cui ne viene che la
causa è nel modo di produzione capitalistico che per trarre più
plusvalore dagli operai aumenta il capitale costante (l'uso delle
macchine, tecnologie) e di conseguenza diminuisce il capitale
variabile (la forza lavoro operaia) fonte dei suoi profitti,
portando alla caduta del saggio di profitto. L'aumento della
produttività è l'ossessione dei capitalisti per realizzare più
plusvalore, spingendo lo sfruttamento dell'operaio al limite
massimo.
Questa crescita della
capacità produttiva, porta da un lato a tagliare posti di lavoro e
a sfruttare intensamente gli operai restanti (perchè da essi deve
trarre lo stesso o anche più plusvalore di prima); dall'altro porta
a un eccesso di produzione che non trova mercato, e costringe ad
abbassare il prezzo. Di questo ne ha approfittato la Cina occupando
essa ampi settori del mercato mondiale...”
Ora con questa operazione
ThyssenKrupp/Tata si apre subito la guerra di concorrenza con il
primo colosso ArceloMittal, che con l'Ilva acquisisce un monopolio
nel mercato europeo e non solo.
Come risponderà
ArcelorMittal? “la tenuta di grandi impianti produttivi - dicono
fonti padronali - può essere garantita soltanto dal mantenimento di
alti standard di efficienza e di produttività”.
Tradotto, questo
significa: intensificazione dello sfruttamento degli operai, perchè
producano maggiore pluslavoro, con relativo abbassamento del
salario, migliaia di licenziamenti, anche con esternalizzazione di
attività lavorative, taglio dei costi “inutili per il capitale”,
in primis quelli della sicurezza e ambientali.
Per questo gli operai
devono sottrarsi a questa guerra dei padroni e condurre la LORO
GUERRA DI CLASSE contro i padroni (italiani, indiani, tedeschi...
chiunque siano), contro il governo e lo Stato che sono soltanto al
loro servizio, contro i sindacati confederali che sono parte di
questo criminale "gioco" - E DEVONO COSTRUIRE LA LORO
ORGANIZZAZIONE E LOTTA SINDACALE E POLITICA AUTONOMA..."
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