Una manifestazione con più di duemila partecipanti martedì scorso
e l’irruzione di ieri (preceduta da una giorno quattro) alla seduta del
Consiglio Comunale prolungatosi per ben otto ore. Questa la
sollevazione tutta cittadina di Agrigento agli scandali che hanno
recentemente coinvolto trenta consiglieri che in milletrecento sedute,
avrebbero incassato la bellezza di circa trecentomila euro in bonus di
partecipazione.
Ieri l’indignazione di moltissimi cittadini
agrigentini ha raggiunto il suo limite. In una seduta del Consiglio
Comunale prolungatasi per ben otto ore, alla presenza di centinaia di
cittadini che hanno invaso sin dall’inizio l'edificio pretendendo di
assistere all’assemblea, la normalità dei lavori si è interrotta ben
presto. A scatenare urla e proteste degli agrigentini, alcuni dei quali
sono stati allontanati dall’aula, l’inconsistenza dei punti all’ordine
del giorno: uno specchio delle milletrecento sedute/commissioni
consiliari costate ben trecentomila euro al Comune e l’apertura di
un’indagine su trenta consiglieri.
Ma ieri non è stato che l’apice
di una protesta covata (almeno negli animi) e improvvisamente esplosa
in un corteo che martedì scorso ha visto più di duemila agrigentini
scendere in piazza. Poi - nei giorni che hanno preceduto la sollevazione
di ieri nell’aula Sollano - la voglia di continuare a ribellarsi
all’ennesimo “magna magna” della classe politica sulle tasche dei
cittadini ha preso velocemente il sopravvento in moltissimi agrigentini,
trovando nei social network (#Agrigentomanifesta, #Noisiamoaltro) uno
strumento di diffusione notevole. Dicevamo una protesta “covata”, si,
perché Agrigento è ultima città d’Italia per qualità della vita, l’acqua
arriva una volta ogni quattro giorni nei rubinetti dei cittadini eppure
le tasse sono tra le più alte d’Italia e i contributi alle famiglie a
reddito minimo sono di soli ventotto euro in media. Come non dimenticare
poi la devastazione del patrimonio archeologico (della Valle dei Tempi)
e ambientale attraverso quarant’anni di speculazione edilizia e piani
regolatori tra i più cementifica(n)ti della Sicilia? Come tollerare
questo ennesimo e sfacciato latrocinio di politici e istituzioni mentre
sono i cittadini a pagare le conseguenze della crisi e i costi della
classe politica che impone tagli e sacrifici?
Ieri Agrigento
ha dato la sua risposta a un’amministrazione già commissariata dopo le
dimissioni del sindaco Zambuto, avviando l’istituzione comunale verso
una definitiva crisi (sono già quattro i consiglieri dimessisi), perché
la rassegnazione legata al continuo impoverimento sembra essersi
trasformata in rabbia, in volontà di esigere. Il rischio, è che queste
sempre più consuete sollevazioni contro le istituzioni locali e a cui
sempre più di frequente assistiamo in molti comuni siciliani, non
oltrepassino mai il recinto del dibattito sulla “corruzione” e sui
“personaggi marci” senza mai puntare all’irrapresentabilità di
un funzionamento e di un sistema politico troppo distante da interessi e
bisogni collettivi; e di cui la corruzione non è che fattore endemico
che ne permette la sua riproduzione e il suo riciclo (la possibilità di
uscirne con la faccia pulita individuando responsabilità individuali)
nonché la sua sopravvivenza. Al momento però, ad Agrigento, ciò che ci
basta osservare e cogliere, è la capacità dal basso, con la lotta di
questa settimana, di mettere in crisi il potere, seppur locale,
dell’amministrazione.
da infoaut
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