È la notte del 7
febbraio 1945, quando le squadre garibaldine emiliane sferrano un attacco
alle truppe nazifasciste sulla via Emilia, nel tratto tra Villa Cella e
Villa Cadé, danneggiando due automezzi, e provocando la morte di due
tedeschi.
La situazione nella
regione è molto critica, il lungo inverno ha visto ripetute puntate dei
contingenti tedeschi affiancati dai militi fascisti per tentare di
contrastare la riorganizzazione delle forze partigiane, sempre sostenute
dalla speranza che gli Alleati riescano preso a sfondare la Linea
Gotica.
Le
formazioni partigiane sono però messe in grande difficoltà dai rigori
del clima, la stasi dell'offensiva alleata, il proclama del generale
Alexander che invita i partigiani a smobilitare, e le numerose azioni
portate avanti dall'occupante.
Il
territorio è di fatto sotto il controllo nazifascista ma le formazioni
partigiane, sia di montagna che di pianura, continuano la lotta di
Resistenza, seppur con forti perdite.
Nemmeno
due giorni dopo l'attacco sulla via Emilia, all'alba del 9 febbraio
arriva, tempestiva e terribile, la rappresaglia delle truppe di
occupazione: ventuno giovani tra i quindici e i ventitre anni vengono
prelevati dalle carceri di Parma e di Ciano d'Enza , trasferiti a Villa
Cadé, frazione rurale a sud di Reggio Emilia e fucilati.
Sono
Bruno Affanni, Mirko Andreoli, Lino Bottali, Marcello Cavazzini, Elio
Dresda, Eugenio Fontana, Arnaldo Ghirelli, Umberto Guareschi, Silvio
Monica, Angelo Padovani, Ettore Plathbec, Paride Sacco, Antonio Schiavi,
Luigi Gabelli Serventi, Bruno Ghinolfi, Flaminio Ragazzi, Fausto
Abbati, Athos Bolzani, Stefano Mazzacani, Lino Guidoni e uno
sconosciuto.
I loro corpi verranno poi lasciati in mostra lungo la via Emilia, quale avvertimento per la popolazione reggiana.
A Mirko Affanni, comandante partigiano, verrà conferita nel 1994 la medaglia al valore militare: "Appena
ventenne, sospinto da acceso spirito di rivolta contro l'oppressore,
entrava tra i primi nelle formazioni partigiane parmensi, subito
emergendo per capacità organizzativa ed eccezionale coraggio. Comandante
di uno dei più agguerriti distaccamenti della 47' Brigata Garibaldi,
trascinava i suoi uomini in molteplici combattimenti. Catturato in una
imboscata e tradotto a Ciano d'Enza, centro di martirio per molti
partigiani, veniva riconosciuto dal nemico e sottoposto a indicibili
torture. Pur martoriato, manteneva un fiero e sprezzante contegno verso i
suoi aguzzini che, furenti del suo nobile silenzio, lo assassinavano e
abbandonavano il corpo nel mezzo della via Emilia. Luminoso esempio di
virtù militari e civili, è ricordato come un faro della resistenza
parmense per le future generazioni."
da infoaut
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