"Lo sciopero generale deve essere una rivolta sociale. Perchè la rivolta sociale è la risposta reale alle aspirazioni dei proletari e delle masse, è l'obiettivo per cui la parte più radicale del movimento di lotta può e deve lavorare, per far cadere Renzi e sbarrare la strada ad ogni governo dei padroni" (dal giornale proletari comunisti del Pcm- Italia)
L'effetto "nuove norme": un esercito di operai verso la disoccupazione
L'Agrati è solo il primo esempio, ma ballano altri posti. Diecimila in bilico per l'addio alla cassa in deroga. Bellono (Fiom): "La pervicacia con cui si scarica la crisi sulle sue vittime è davvero incredibile"
di STEFANO PAROLA
03 febbraio 2015
L'effetto "nuove norme": un esercito di operai verso la disoccupazione
"La pervicacia con cui si scarica la crisi sulle sue vittime è davvero incredibile", afferma Federico Bellono, segretario della Fiom-Cgil di Torino. Lo dice riferendosi all'ultima beffa che ha colpito gli 82 lavoratori della Agrati di Collegno. L'azienda metalmeccanica aveva infatti deciso di chiudere il suo stabilimento alle porte di Torino e i lavoratori avevano lottato per ottenere almeno due anni di cassa integrazione straordinaria, con la motivazione della "cessata attività". Ora però una circolare ministeriale mette in dubbio il secondo anno di indennità. Ma è solo uno dei pericoli che le modifiche al sistema degli ammortizzatori sociali porteranno in Piemonte, perché in ballo ci sono pure le limitazioni alla "cig" in deroga e il mancato finanziamento dei contratti di solidarietà.
Il problema della Agrati riguarda la cassa integrazione straordinaria per cessata attività, un paracadute economico destinato ormai all'estinzione. Il ministero del Lavoro ha precisato che non prenderà in esame richieste di proroga giunte dopo il 1° gennaio di quest'anno. Significa che chi, come i dipendenti della fabbrica di Collegno, vedrà scadere il primo anno di "cigs" quest'anno non potrà più ottenere gli altri 12 mesi di indennità. "Così si annulla quanto è stato faticosamente concordato anche con le istituzioni per gestire una situazione difficilissima", fa notare Bellono.
La Agrati, però, non è l'unica realtà piemontese in queste condizioni. Nella stessa situazione ci sarebbero anche la Pettinatura Biellese di Vigliano (64 addetti), la Liquigas di Quargnento (20 addetti) e la Gallotta di Casale Monferrato (6 addetti), mentre si salverebbero la Satiz di Moncalieri (195 addetti), perché segue un regime speciale legato al mondo dell'editoria, e la Sant'Andrea di Novara (29 addetti), che ha appena siglato un accordo col ministero per un anno di "cigs" che parte a febbraio. La Regione sta monitorando tutte le situazioni ed è comunque pronta a correre ai ripari: "Stiamo dialogando con il ministero per creare una sorta di "short list" di aziende interessate, cui garantire comunque una copertura con dei fondi extra. Ma è un discorso che dobbiamo ancora definire", spiega l'assessore al Lavoro Gianna Pentenero. Che aggiunge: "I lavoratori otterranno comunque l'Aspi (il sussidio di disoccupazione, ndr) e noi faremo il possibile per favorirne la ricollocazione".
L'Aspi è anche ciò che attende tutti i lavoratori la cui cassa straordinaria per cessata attività arriverà alla sua scadenza naturale nel 2015, che in Piemonte sono quasi 1.600. E lo stesso destino spetterà pure ai dipendenti delle aziende che non potranno più sfruttare come in passato un altro tipo di "cig", quella in deroga: "La sua durata è stata limitata a un massimo di cinque mesi e sono stati imposti criteri molto restrittivi", racconta Franco Trinchero, responsabile Mercato del lavoro della Cgil Piemonte. Lo scorso anno sono stati quasi 36 mila i lavoratori interessati dalla cassa in deroga e, evidenzia l'esponente sindacale, "fare una stima di quanti verranno colpiti da questa novità è complicato, ma possiamo calcolare che saranno circa 10 mila persone. Parliamo soprattutto di addetti di piccole o piccolissime aziende, che senza "cigd" rischieranno il licenziamento".
Altra novità, altro pericolo per i piemontesi che lavorano in aziende in crisi: i contratti di solidarietà di tipo "B", che possono essere applicati in aziende non industriali per tamponare i cali di lavoro, per ora non sono stati rifinanziati. Dunque, chi finora li utilizzava dovrà trovare altre vie: "In Piemonte - stima Trinchero - i dipendenti colpiti potrebbero essere quasi tremila. Per tamponare la perdita di volumi di lavoro saranno costretti a trovare altre soluzioni, come i part time forzati o altre forme simili".
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