Si è trattato di un vero fallimento e potremmo dire come
volevasi dimostrare! Sono anni che diciamo che Marchionne le spara grosse e
questo è stato confermato dalla tanto attesa presentazione del piano industriale
del 6 maggio a Detroit per il futuro della nuova azienda che adesso si chiama
Fca. Il fascista padronale, infatti, non può fare a meno di fare lo spaccone: “giornata
storica”, “piano coraggioso e di rottura” con investimenti per 50 miliardi “nel
2018 saremo tra i leader indiscussi del settore” e via di questo passo.
Il piano presentato parla infatti di: sette milioni di vetture entro il 2018,
dalle 4,4 attuali!
“Fra i marchi che dovranno crescere di più c’è la Jeep: un
milione di unità già quest’anno (nel 2013 ne sono state consegnate 732 mila), 900
mila in più nel 2018 che vuole dire fare il +160% . Di queste circa 200 mila arriveranno dall’Italia,
da Melfi dove nasce la piccola
Renegade. Presto partirà anche la produzione di tre modelli in Cina, gli
stabilimenti passeranno da 4 a
10 e saranno localizzati in sei paesi. Dopo
gli Stati Uniti sarà l’Asia il secondo «hub» mondiale. La tabella di marcia
è serrata con previsioni di aumenti a doppia cifra del numero di concessionari
in tutto il mondo e delle vendite: +35% solo in Europa. Ambizioso anche il
percorso di Chrysler: dovrà quasi triplicare le vendite passando da 350 a 800 mila macchine.
Cambiando strategia: il marchio diventerà più generalista per competere con
Ford, Honda, Toyota e Hyundai. Lancia invece resterà un marchio solo per
l’Italia.” E poi
“Prodotti alla moda derivati dalla famiglia 500 e Panda, in Europa… Confermati anche Freemont,
Qubo e Doblò. La Punto c’è, ancora per
un po’. Per capirci sarà difficile rivedere vetture come la Bravo o la
Croma. Le previsioni per il brand capofila parlano di 1,9 milioni di unità al
2018, quattrocento mila in più di adesso. Insomma,
non sarà più una marca di massa, come confermano i numeri : 700 mila le stime
per l’Europa al 2018, le stesse cifre di oggi. L’espansione avverrà in
Cina, Nord America e Brasile. Veniamo ai nuovi
modelli per l’Europa: si parte con la 500X quest’anno, per passare a una
berlina compatta e probabilmente a una spider (quella che doveva nascere
insieme a Mazda sotto le insegne Alfa) nel 2015. L’anno successivo dovrebbe
debuttare l’erede della Punto, una station wagon compatta e una variante
sportiva. Nel 2017 è previsto un crossover (potrebbe essere il «Pandone») e
infine nel 2018 la nuova generazione della Panda. E poi ci sono i prodotti per
il Sud America e per l’Asia.
“Ma tutti i
riflettori a Detroit sono concentrati sull’Alfa. Sul suo rilancio Marchionne si
gioca quasi tutto. Dovrà mettere sul piatto 5 miliardi di euro per recuperare l’antica gloria che Harald
Wester, capo del marchio, mostra agli investitori attraverso le vittorie di
Fangio e Nuvolari. È passato troppo
tempo. Nei piani ci sono otto nuovi modelli nei prossimi cinque anni. Con
tecnologie e motori sviluppati in Italia, architetture con la trazione
posteriore come erano le Alfa di una volta prima del passaggio alla Fiat E
nasceranno tutte in Italia. Prodotti come la MiTo non avranno eredi, la
Giulietta invece sì. Wester spiega che alla rinascita stanno lavorando oltre
200 ingegneri con la consulenza di capi progetto «presi in prestito» dalla
Ferrari. Basteranno a far lievitare le
vendite dalle 75 mila dell’anno scorso alle 400 mila del 2018?
“La risposta ai
dilemmi sull’Alfa può arrivare dalla Maserati. Nel giro di un anno, grazie
a Quattroporte e Ghibli le vendite sono passate da 6 a 15 mila unità, il fatturato
da 755 milioni a 1,65 miliardi. L’anno prossimo sarà lanciato il Suv Levante,
poi toccherà alla coupé Alfieri (anche nella versione cabriolet), più avanti ci
sarà posto per la nuova GranTurismo. Tutto questo dovrà traghettare la casa del
Tridente verso le 75 mila unità. Per Fiat-Chrysler Maserati si sta rivelando
una macchina da soldi, l’anno scorso i margini erano del 10,3% sopra i livelli
dei marchi tedeschi.
“E passiamo alla Ferrari, il gioiello di famiglia.
Marchionne cita alcune stime degli analisti. Il «Cavallino» vale più di quattro
miliardi di euro, ma «non è in vendita». Il numero uno di Fiat Chrysler lo
scrive pure al termine delle slide. La Ferrari è l’unica che non deve crescere
(è prevista una novità l’anno per i prossimi cinque): 7 mila macchine l’anno sono sufficienti per mantenere alto il valore
del marchio, anche se teoricamente potrebbe arrivare a farne 10 mila. Ma è
meglio non osare. (!)
“L’Europa base per
l’export
Alla base del piano
c’è la volontà di usare gli stabilimenti italiani ed europei per l’esportazione:
il 40% della produzione finirà altrove. Sempre
che l’industria riparta e torni ai livelli pre-crisi. Nel 2010,
all’epoca di «Fabbrica Italia» Fiat prevedeva di vendere nel 2014, 2 milioni e
150 mila veicoli. Il conto è stato ben diverso: 930 mila. per questo il
responsabile dell’area Emea vola basso con le cifre: 1,5 milioni di unità nel
2018 con 34 nuovi lanci commerciali. La riorganizzazione coinvolgerà non solo
le fabbriche -cifre sugli investimenti nei siti italiani non ci sono, si parla
in tutto di 10 miliardi- ma anche i concessionari: prevista una riduzione del
15% per quelli Fiat e Alfa.”
(dal corriere.it. Le sottolineature sono nostre)
Questo piano infatti è stato considerato molto “ottimistico”
nel migliore dei casi: la sua realizzazione è praticamente impossibile, è solo
fumo negli occhi per coprire appunto il fatto che Marchionne e i padroni della
Fiat, grazie al regalo di Obama e soprattutto degli operai americani, adesso
provano a continuare a fare profitti nel settore auto spostando la produzione
sul lusso visto che nella sostanza la “battaglia” sulle auto di piccola e media
cilindrata l’hanno già persa.
E, infatti, tutti sono costretti ad ammettere che la
concorrenza sul piano delle auto di lusso è feroce e gli altri che già sono
piazzati da anni nei mercati di tutto il mondo non si lasceranno rubare certo fette
di mercato!
E non ci ha creduto nemmeno la Borsa (piano perlomeno “esagerato”
e debiti alle stelle), e cioè gli altri miliardari in giro per il mondo che
devono decidere se investire in questa impresa oppure no, che ha fatto crollare
il titolo perché di fatto non ha creduto una virgola di quello che ha detto
Marchionne e tanto meno l’elogiatore ufficiale di Marchionne, il nipote di
Agnelli, John Elkann.
Il sole 24 ore infatti apre un articolo così: “Il piano quinquennale
Fiat Chrysler e i risultati del 1° trimestre 2014 non sono piaciuti al mercato,
che ha punito le azioni Fiat con un ribasso dell’11,7% a 7,48 euro; il titolo è
stato anche sospeso per eccesso di ribasso quando cedeva il 9% a metà mattina,
mentre per oggi la Consob ha disposto lo stop alle vendite allo scoperto.”
Il problema principale continuano ad averlo gli operai
italiani per i quali non c’è di fatto niente – quel che resta della produzione in Italia sarà utilizzata per l’esportazione
soprattutto nel settore delle auto di grossa cilindrata - nessun
investimento vero, ma ancora una volta l’annuncio di 5 miliardi per l’Alfa (di
10 miliardi hanno parlato solo i sindacalisti sempre al servizio del padrone della
Cisl Uil e Fismic). Marchionne infatti “… assicura l’«impegno a non licenziare
nessuno» spiegando che «i cassaintegrati rientreranno al lavoro tutti quanti
quando arriverà l’industrializzazione dei nuovi prodotti».” E queste parole le
abbiamo già sentite e come ricordano gli analisti gli altri precedenti 8 piani
di Marchionne non si sono realizzati e le promesse nei confronti degli operai
sono sempre le stesse e allo stesso modo smentite dai fatti. I tanti
cassintegrati stanno ancora aspettando il rientro ed è sicuro che in tanti non
rientreranno affatto, visto che questo piano si deve realizzare nelle
intenzioni di Marchionne nel 2018!
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