venerdì 9 maggio 2014

pc 9 maggio - Fiat-Chrysler: Marchionne presenta il piano industriale: fare profitti con le auto di lusso e licenziare gli operai con il consenso dei sindacati confederali

Si è trattato di un vero fallimento e potremmo dire come volevasi dimostrare! Sono anni che diciamo che Marchionne le spara grosse e questo è stato confermato dalla tanto attesa presentazione del piano industriale del 6 maggio a Detroit per il futuro della nuova azienda che adesso si chiama Fca. Il fascista padronale, infatti, non può fare a meno di fare lo spaccone: “giornata storica”, “piano coraggioso e di rottura” con investimenti per 50 miliardi “nel 2018 saremo tra i leader indiscussi del settore” e via di questo passo.

Il piano presentato parla infatti di: sette milioni di vetture entro il 2018, dalle 4,4 attuali!

“Fra i marchi che dovranno crescere di più c’è la Jeep: un milione di unità già quest’anno (nel 2013 ne sono state consegnate 732 mila), 900 mila in più nel 2018 che vuole dire fare il +160% . Di queste circa 200 mila arriveranno dall’Italia, da Melfi dove nasce la piccola Renegade. Presto partirà anche la produzione di tre modelli in Cina, gli stabilimenti passeranno da 4 a 10 e saranno localizzati in sei paesi. Dopo gli Stati Uniti sarà l’Asia il secondo «hub» mondiale. La tabella di marcia è serrata con previsioni di aumenti a doppia cifra del numero di concessionari in tutto il mondo e delle vendite: +35% solo in Europa. Ambizioso anche il percorso di Chrysler: dovrà quasi triplicare le vendite passando da 350 a 800 mila macchine. Cambiando strategia: il marchio diventerà più generalista per competere con Ford, Honda, Toyota e Hyundai. Lancia invece resterà un marchio solo per l’Italia.” E poi

“Prodotti alla moda derivati dalla famiglia 500 e Panda, in Europa… Confermati anche Freemont, Qubo e Doblò. La Punto c’è, ancora per un po’. Per capirci sarà difficile rivedere vetture come la Bravo o la Croma. Le previsioni per il brand capofila parlano di 1,9 milioni di unità al 2018, quattrocento mila in più di adesso. Insomma, non sarà più una marca di massa, come confermano i numeri : 700 mila le stime per l’Europa al 2018, le stesse cifre di oggi. L’espansione avverrà in Cina, Nord America e Brasile. Veniamo ai nuovi modelli per l’Europa: si parte con la 500X quest’anno, per passare a una berlina compatta e probabilmente a una spider (quella che doveva nascere insieme a Mazda sotto le insegne Alfa) nel 2015. L’anno successivo dovrebbe debuttare l’erede della Punto, una station wagon compatta e una variante sportiva. Nel 2017 è previsto un crossover (potrebbe essere il «Pandone») e infine nel 2018 la nuova generazione della Panda. E poi ci sono i prodotti per il Sud America e per l’Asia.

Ma tutti i riflettori a Detroit sono concentrati sull’Alfa. Sul suo rilancio Marchionne si gioca quasi tutto. Dovrà mettere sul piatto 5 miliardi di euro per recuperare l’antica gloria che Harald Wester, capo del marchio, mostra agli investitori attraverso le vittorie di Fangio e Nuvolari. È passato troppo tempo. Nei piani ci sono otto nuovi modelli nei prossimi cinque anni. Con tecnologie e motori sviluppati in Italia, architetture con la trazione posteriore come erano le Alfa di una volta prima del passaggio alla Fiat E nasceranno tutte in Italia. Prodotti come la MiTo non avranno eredi, la Giulietta invece sì. Wester spiega che alla rinascita stanno lavorando oltre 200 ingegneri con la consulenza di capi progetto «presi in prestito» dalla Ferrari. Basteranno a far lievitare le vendite dalle 75 mila dell’anno scorso alle 400 mila del 2018?

La risposta ai dilemmi sull’Alfa può arrivare dalla Maserati. Nel giro di un anno, grazie a Quattroporte e Ghibli le vendite sono passate da 6 a 15 mila unità, il fatturato da 755 milioni a 1,65 miliardi. L’anno prossimo sarà lanciato il Suv Levante, poi toccherà alla coupé Alfieri (anche nella versione cabriolet), più avanti ci sarà posto per la nuova GranTurismo. Tutto questo dovrà traghettare la casa del Tridente verso le 75 mila unità. Per Fiat-Chrysler Maserati si sta rivelando una macchina da soldi, l’anno scorso i margini erano del 10,3% sopra i livelli dei marchi tedeschi.

“E passiamo alla Ferrari, il gioiello di famiglia. Marchionne cita alcune stime degli analisti. Il «Cavallino» vale più di quattro miliardi di euro, ma «non è in vendita». Il numero uno di Fiat Chrysler lo scrive pure al termine delle slide. La Ferrari è l’unica che non deve crescere (è prevista una novità l’anno per i prossimi cinque): 7 mila macchine l’anno sono sufficienti per mantenere alto il valore del marchio, anche se teoricamente potrebbe arrivare a farne 10 mila. Ma è meglio non osare. (!)

“L’Europa base per l’export
Alla base del piano c’è la volontà di usare gli stabilimenti italiani ed europei per l’esportazione: il 40% della produzione finirà altrove. Sempre che l’industria riparta e torni ai livelli pre-crisi. Nel 2010, all’epoca di «Fabbrica Italia» Fiat prevedeva di vendere nel 2014, 2 milioni e 150 mila veicoli. Il conto è stato ben diverso: 930 mila. per questo il responsabile dell’area Emea vola basso con le cifre: 1,5 milioni di unità nel 2018 con 34 nuovi lanci commerciali. La riorganizzazione coinvolgerà non solo le fabbriche -cifre sugli investimenti nei siti italiani non ci sono, si parla in tutto di 10 miliardi- ma anche i concessionari: prevista una riduzione del 15% per quelli Fiat e Alfa.”
(dal corriere.it. Le sottolineature sono nostre)

Questo piano infatti è stato considerato molto “ottimistico” nel migliore dei casi: la sua realizzazione è praticamente impossibile, è solo fumo negli occhi per coprire appunto il fatto che Marchionne e i padroni della Fiat, grazie al regalo di Obama e soprattutto degli operai americani, adesso provano a continuare a fare profitti nel settore auto spostando la produzione sul lusso visto che nella sostanza la “battaglia” sulle auto di piccola e media cilindrata l’hanno già persa.

E, infatti, tutti sono costretti ad ammettere che la concorrenza sul piano delle auto di lusso è feroce e gli altri che già sono piazzati da anni nei mercati di tutto il mondo non si lasceranno rubare certo fette di mercato!

E non ci ha creduto nemmeno la Borsa (piano perlomeno “esagerato” e debiti alle stelle), e cioè gli altri miliardari in giro per il mondo che devono decidere se investire in questa impresa oppure no, che ha fatto crollare il titolo perché di fatto non ha creduto una virgola di quello che ha detto Marchionne e tanto meno l’elogiatore ufficiale di Marchionne, il nipote di Agnelli, John Elkann.
Il sole 24 ore infatti apre un articolo così: “Il piano quinquennale Fiat Chrysler e i risultati del 1° trimestre 2014 non sono piaciuti al mercato, che ha punito le azioni Fiat con un ribasso dell’11,7% a 7,48 euro; il titolo è stato anche sospeso per eccesso di ribasso quando cedeva il 9% a metà mattina, mentre per oggi la Consob ha disposto lo stop alle vendite allo scoperto.”


Il problema principale continuano ad averlo gli operai italiani per i quali non c’è di fatto niente – quel che resta della produzione in Italia sarà utilizzata per l’esportazione soprattutto nel settore delle auto di grossa cilindrata - nessun investimento vero, ma ancora una volta l’annuncio di 5 miliardi per l’Alfa (di 10 miliardi hanno parlato solo i sindacalisti sempre al servizio del padrone della Cisl Uil e Fismic). Marchionne infatti “… assicura l’«impegno a non licenziare nessuno» spiegando che «i cassaintegrati rientreranno al lavoro tutti quanti quando arriverà l’industrializzazione dei nuovi prodotti».” E queste parole le abbiamo già sentite e come ricordano gli analisti gli altri precedenti 8 piani di Marchionne non si sono realizzati e le promesse nei confronti degli operai sono sempre le stesse e allo stesso modo smentite dai fatti. I tanti cassintegrati stanno ancora aspettando il rientro ed è sicuro che in tanti non rientreranno affatto, visto che questo piano si deve realizzare nelle intenzioni di Marchionne nel 2018!

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