Ogni
volta che Don Matteo Renzi apre bocca perde un'occasione per tacere:
a questa regola non sfugge neppure la sua apparizione alla
trasmissione televisiva 'Che tempo che fa?' - in onda nei fine
settimana su Rai Tre, e condotta da Fabio Fazio - di domenica
ventidue dicembre.
Nello spazio temporale che gli viene concesso
dal comico savonese, il primo cittadino di Firenze inanella una serie
di str...ate degne del peggiore fascista che è nascosto - neanche
troppo bene - in lui; non a caso riceve il plauso di due dei peggiori
personaggi che infestano le stanze della politica: Ino Brunetta
(forzitaliota) e Pietro Ichino (montiano).
La più grossa delle
bestialità ascoltate riguarda il lavoro; l'Henry Winkler de noantri
sproloquia: "dopo un breve periodo di prova, deve esserci un
contratto a tempo indeterminato per il lavoratore, con flessibilità
in entrata e in uscita".
Se ci si limitasse alla sola lettura
della prima parte del concetto, sembrerebbe quasi una fraseologia di
'sinistra': peccato che tutto venga vanificato dalle parole
'flessibilità in uscita' che, in concreto, significano libertà per
il padrone di licenziare il dipendente come e quando vuole.
Si
dirà che l'Ebetino Toscano precisa che "se un'azienda è
veramente in crisi occorre permetterle una flessibilità in uscita";
mi piacerebbe sapere chi dovrebbe controllare - e su quali parametri
dovrebbe basare la propria valutazione - che l'impresa che attua i
licenziamenti sia veramente in difficoltà.
Prendiamo ad esempio
la Fiat: per decenni ha ricevuto centinaia di miliardi di sovvenzioni
statali grazie ai quali la famiglia dei Belanti ha fatto profitti
astronomici sulla pelle dei lavoratori; qualora prossimamente
richiedesse altri aiuti di Stato, essi dovrebbero esserle negati.
Non
solo, ma se i suoi vertici (la famiglia Elkann e l'ad Sergio
Markionne) attuassero il solito ricatto occupazionale - "o così
o chiudiamo e ce ne andiamo" - il Governo dovrebbe rispondere:
"Cari signori, voi non andate da nessuna parte finché non
rendete allo Stato tutti i soldi che vi sono stati prestati, sotto
forma di sovvenzioni di tutti i generi, in questi decenni. Inoltre vi
espropriamo, naturalmente senza indennizzo alcuno, tutti gli
stabilimenti presenti sul suolo italiano, ordinandovi di non
asportare da essi alcun bene strumentale che si trovi al loro
interno".
Questa sarebbe una forma equa di flessibilità da
entrambe le parti, sia quella datoriale sia quella dei lavoratori:
fatta come pretenderebbe Don Matteo sarebbe soltanto l'ennesimo
gigantesco regalo ai padroni.
Concludo segnalando l'unico
passaggio sul quale sono d'accordo con il segretario sedicente
democratico: "è giusto che i politici provino l'ebbrezza di
tornare a lavorare"; sarei molto lieto di vedere lui per primo
dare il buon esempio.
Genova,
23 dicembre 2013
Stefano
Ghio - Proletari Comunisti Genova
http://pennatagliente.wordpress.com
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